Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9228 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9228 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VALMONTONE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Rilevato che, con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma ha confermato la condanna resa, nei confronti di NOME COGNOME dal Tribunale di Velletri in data 26 aprile 2021, irrogando all’imputato la pena di anni uno e mesi sei di reclusione, oltre ad euro 2.300 di multa, in relazione ai reati di cui agli ar 2 e 7 della Legge n. 895 del 1967 e artt. 110 e 697 cod. pen.
Ritenuto che i motivi dedotti (violazione di cui all’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. in relazione alla mancanza assoluta di motivazione in risposta allo specifico motivo di gravame della difesa che chiedeva l’assoluzione dell’imputato per inutilizzabilità delle dichiarazioni de relato rese dall’ufficiale di polizia giudizi in violazione degli artt. 195, comma 4, e 199 cod. proc. pen. su cui si fonda la prova della penale responsabilità – primo motivo; violazione dell’art. 606 lett. e) cod. proc. pen. per mancanza assoluta di motivazione in risposta agli specifici motivi di gravame della difesa che chiedeva la concessione delle circostanze attenuanti generiche e concessione della sospensione condizionale della pena secondo motivo) non sono consentiti perché costituiti da mere doglianze in punto di fatto e perché devolvono censure dirette a prefigurare una rivalutazione alternativa delle fonti probatorie, operazione estranea al sindacato di legittimità (primo motivo).
Rilevato, inoltre, che le censure sono riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito ed in quanto inerenti al trattamento punitivo benché sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (secondo motivo).
Ritenuto, invero, che il ricorso, nel suo insieme, risulta manifestamente infondato, posto che denuncia vizio di motivazione quanto all’argomentazione resa in ordine alla penale responsabilità dell’imputato che, contrariamente a quanto affermato nell’atto di gravame, non si fonda su prova non utilizzabile perché rappresentata dalle dichiarazioni rese da altri agli agenti di Polizia giudiziaria, bensì sul contenuto del verbale di sequestro, dal quale risulta che le armi furono rinvenute dagli stessi agenti, nell’abitazione dell’imputato in un armadio di cui questi aveva le chiavi (cfr. p. 2 provvedimento impugnato) e, dunque, suddetta affermazione di responsabilità risulta giustificata da ragionamento immune da illogicità manifesta e, perciò, non censurabile in questa sede.
Considerato, in ogni caso, per quanto concerne la mancata concessione delle circostanze ex art. 62-bis cod. pen., che a contrario rispetto a quanto affermato dalla difesa, la Corte distrettuale ha ritenuto, in ossequio al principio secondo cui il diniego può essere legittimamente giustificato con l’assenza di elementi di segno positivo (Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, Papini, Rv. 260610),
insussistenti circostanze o situazioni meritevoli di particolare considerazione, tenuto conto dell’entità dell’offesa e del pericolo che deriva dalla detenzione non controllata di armi e relative munizioni.
Considerato, altresì, che le ragioni del diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena possono ritenersi implicite nella motivazione con cui il giudice neghi le circostanze attenuanti generiche richiamando profili di pericolosità del comportamento dell’imputato, dal momento che il legislatore fa dipendere la concessione dei predetti benefici dalla valutazione degli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen. (cfr. Sez. 4, n. 34754 de 20/11/2020, Abbate, Rv. 280244) e, dunque, ampiamente argomentata appare anche la negata concessione del beneficio in parola.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 8 febbraio 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente