Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28380 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28380 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato a CASALE DI SCODOSIA il 05/11/1942 COGNOME NOME nato a BOVOLONE il 23/09/1961 COGNOME NOME nato a BERGAMO il 28/06/1969 COGNOME NOME nato a STRASENI( MOLDAVIA) il 21/04/1981
avverso la sentenza del 22/05/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il P.G. conclude concludendo il rigetto dei ricorsi.
udito il difensore
L’avv. COGNOME NOME conclude riportandosi ai motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.
L’avv. COGNOME COGNOME conclude chiedendo raccoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME Alexander, NOMECOGNOME COGNOME NOME e COGNOME NOME ricorrono avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia del 22.05.2023, con la quale sono stati condannati, ai sensi degli artt. 56 cod. pen. e 1 legge 2 ottobre 1967 n. 895, per il delitto di tentata fabbricazione di un’arma artigianale da guerra, consistente in tre manufatti in acciaio al carbonio ad alta resistenza a colpo singolo; fatto commesso fino al 2.4.2014 a Casale di Scodosia (PD).
Secondo la sentenza impugnata, gli imputati si riunivano più volte in un magazzino ove attendevano alla costruzione di un mezzo blindato, che avrebbe dovuto essere dotato di un cannoncino da portare nella INDIRIZZO a Venezia al fine di restaurare simbolicamente la “Repubblica serenissima”, unitamente a dei militanti che sarebbero rimasti a piedi intorno al mezzo.
I Carabinieri avevano sequestrato tre reperti indicati come (Al) camera di cartuccia di mm. 25,2 di diametro e mm 128,5 di spessore, (A2) camera di cartuccia di mm. 25,3 di diametro e mm. 129,2 di spessore e (A3) consistente in un otturatore del reperto (A2), oltre a due bossoli artigianali in ottone al piombo indicati come reperti (B1) di calibro 24,7 X 128,3 mm. e (B2) di mm. 24,6 X 128,1 mm., nonché 104 sfere in acciaio cromato del diametro di 22,25 mm., che potevano essere alloggiate all’interno dei reperti (B1) e (B2) e potevano scorrere all’interno dei reperti (Al) e (A2).
Gli elementi valorizzati in sentenza sono le intercettazioni e le osservazioni dei Carabinieri durante i plurimi appostamenti, che avrebbero dimostrato il progressivo coinvolgimento dei ricorrenti nel tentativo di fabbricazione dell’arma da guerra artigianale ed in particolare l’attività di progettazione da parte dell’ing COGNOME dell’otturatore.
I giudici di primo grado avevano già assolto gli imputati in ordine all’imputazione relativa alla realizzazione del mezzo blindato, che non è stato considerato materiale d’armamento.
2. COGNOME espone sei motivi di ricorso.
2.1. Col primo motivo, deduce mancanza di motivazione del provvedimento impugnato, perché l’imputato è un ingegnere moldavo che, secondo la sentenza, avrebbe redatto e consegnato dei disegni tecnici per realizzare l’otturatore dell’arma, ma per la difesa non ci sarebbe certezza sul contenuto dei fogli che avrebbe passato quel giorno ad altro imputato, atteso che nelle intercettazioni non vi è un riferimento esplicito in tal senso e gli stessi non sono stati mai acquisiti.
Per i giudici, infatti, i fogli sarebbero stati consegnati il 24.4.2013 a Faccia Luig NOME, e tale passaggio sarebbe stato osservato a distanza dai Carabinieri; nello
stesso giorno dall’intercettazione svolta sarebbe risultato che Faccia a incontrato COGNOME Michele, cioè colui che avrebbe dovuto fabbricare tale par di arma.
Dei disegni si parlerebbe, invece, nella conversazione tra Faccia e “NOMEFerrari), non alla presenza di COGNOME.
2.2. Col secondo motivo, in via subordinata, il ricorrente deduce che il fat reato ritenuto dai giudici andrebbe qualificato, invece, nell’ipotesi dell’art. 2-bis I. 895/67, che punisce chi addestra taluno o fornisce istruzioni in qualunque fo sulla preparazione o sull’uso di materiali di armamento. Perché, in altro passo sentenza, risulterebbe che COGNOME fosse l’artigiano che aveva realizzato le canne dell’arma e l’otturatore come parte dell’arma, quindi non era corr qualificare il fatto come tentativo di fabbricazione di un’arma da guerra.
2.3. Col terzo motivo, denuncia la nullità della sentenza impugnata ex art. cod. proc. pen. sul capo 7.4 e 9.3, per mancanza di motivazione sul punto 4 motivi di appello, circa la diversità tra imputazione e condotta di consegna disegni di parte dell’arma.
2.4. Col quarto motivo, denuncia la nullità della sentenza impugnata p mancanza di motivazione della decisione presa in ordine alla richiesta di riap l’istruttoria dibattimentale avanzata per dimostrare, con una ‘attura e la dei luoghi, che la versione fornita dall’imputato era credibile circa il docu effettivamente consegnato al posto del progetto dell’arma.
2.5. Col quinto motivo, denuncia la mancata derubricazione in fabbricazione d arma comune da sparo dell’otturatore che poteva abbinarsi al reperto (A2 considerato arma corta a colpo singolo.
2.6. Col sesto motivo, in via ulteriormente subordinata, lamenta vizio motivazione sul trattamento sanzionatorio, atteso che l’imputato aveva dato contributo di minima rilevanza.
3.1 Con separato atto di ricorso a firma dell’avv.to NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME deducono vizio di motivazione in ordine al tentati di fabbricazione di arma, in particolare sulla questione inerente l’energia ci espressa dai reperti e quella desunta dalle prove tecniche svolte sui reperti (A2), e (A3).
Il motivo è articolato in sei punti: la), lb), 1c), 1d), le) e lf).
la) A pag. 20 della sentenza impugnata i giudici hanno precisato che le cann di calibro superiore ai 20 mm. sarebbero “capaci di erogare un’energia pari a 5. joule”, quando invece una canna non eroga alcuna energia, essendo solo una parte di arma; i periti NOME COGNOME e NOME COGNOME avevano scritto altresì che il r
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(Al) era stato capace di erogare un’energia cinetica media di 2.040 joule (pagg. 38 e 39 atto peritale del 3.4.2016), quindi un’energia inferiore della metà.
Per di più, tutte le considerazioni tecniche e le misurazioni svolte dai periti in relazione al reperto (Al) riguardano un sistema d’arma interamente costruito dai periti stessi e non dagli imputati, con una canna manometrica costituita da un assemblaggio totalmente costruito dai periti: su questo punto, vi è assenza di motivazione, nonostante fosse stato devoluto il tema della “trasfigurazione del tubo in sequestro in parte di arma” alle pagg. 3 e 4 dell’atto di appello.
lb) Le caratteristiche del materiale in acciaio al carbonio dei reperti (Al), (A2) e (A3) sono indicate in sentenza come “materiale molto resistente”, con una motivazione generica e non dimostrativa di tale qualità, perché non indica la percentuale di carbonio, mentre le caratteristiche delle armi da guerra sono indicate dall’art. 1-bis d.lgs. 104/2018.
1c) Inoltre, i periti avevano riferito che i manufatti erano stati in grado d sparare munizioni da 8 kiln che corrispondono a munizionamento industriale di libera vendita, quindi non inerenti ad un’arma da guerra, di guisa che tale asserto integra un vizio di illogicità di motivazione.
1d) Un altro vizio della motivazione della sentenza riguarda l’asserita “facile composizione dell’arma senza necessità di speciali procedimenti” (a pag. 20); anche qui non vi sarebbe risposta ai rilievi dell’atto di appello, in particolare su fatto che, subito dopo l’esplosione di ogni colpo, si sarebbero dovute svitare le viti, alloggiare la nuova munizione e riavvitare l’intera culatta alla canna, come rilevato dai periti.
le) Con riferimento ai due requisiti indicati dall’art. 1-bis citato, manca la motivazione sul requisito dell’aspetto dell’arma e sarebbe errato quanto affermato in ordine al requisito della portabilità ex se, cioè della portabilità di una sola persona posto che al limite poteva essere solo montato sul tanko, cioè sul mezzo blindato che gli imputati stavano costruendo; pertanto, il manufatto non può essere ritenuta – come invece è stato scritto – un’arma portabile.
lf) Difetterebbe il requisito di cui all’art. 1 I. 895/67 sulla destinazione, esiste o possibile al moderno armamento delle truppe nazionali o estere per l’impiego bellico.
Tale requisito era stato disconosciuto in concreto dallo stesso giudice di primo grado ed era stato smentito dai periti COGNOME e COGNOME a pag. 50; i periti infatti avevano concluso che non fosse possibile dimostrare che i reperti avessero una spiccata potenzialità offensiva e di conseguenza il progetto d’arma in corso di fabbricazione non poteva qualificarsi “arma da guerra o tipo guerra”, pur presentando i reperti (Al) e (A2) caratteristiche dimensionali riconducibili ad armi tipo guerra.
D’altronde, i giudici ricorrono al fatto che tali pezzi metallici dovevano essere fissati al tank, per sostenere che l’arma fosse da qualificarsi da guerra, ma in modo contraddittorio hanno assolto gli imputati per aver modificato il tank, in un oggetto simile ad un carro armato.
3.2. Col secondo motivo, detti ricorrenti denunciano la violazione dell’art. 56 cod. pen. e dell’art. 1 legge 895/67, in ordine al requisito dell’idoneità nell fattispecie tentata del delitto, per quanto sopra già evidenziato.
3.3. Col terzo motivo COGNOME e COGNOME lamentano la mancanza di motivazione sul trattamento sanzionatorio, nonostante la sentenza si sia discostata dal minimo ed itta le.
3.4. Col quarto motivo NOME COGNOME lamenta vizio di motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche, nonostante un articolato motivo di appello su tale punto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
1.1. La sentenza di primo grado da pag. 25 a pag. 30 spiega che gli oggetti in sequestro costituiscono pezzi perfettamente lavorati composti da “una canna ad anima liscia completa di manicotto di accoppiamento con una camera di cartuccia provvista ad una estremità”.
A pag. 30, la sentenza di primo grado precisa che la parte di arma deve essere “atta all’impiego” e questa attitudine parziale è stata valutata passando dall’esame del progetto complessivo dell’arma che, pur essendo solo ideata e non ancora realizzata, è stata con sufficienti indicazioni strutturali e funzionali delineata d giudici sulla base delle analitiche osservazioni e delle prove balistiche effettuate.
I giudici hanno argomentato l’idoneità dei pezzi realizzati in modo artigianale a costituire parti di “arma tipo guerra”, sulla base di alcuni profili evidenziati nel perizia collegiale, che ha dimostrato che “i reperti sono efficienti e idonei a camerare perfettamente i reperti B1 e B2 potenzialmente funzionanti come bossoli, perché idonei a contenere perfettamente al loro interno le sfere metalliche in sequestro.
Anche il reperto (A3) risulta perfettamente compatibile con le caratteristiche dimensionali del reperto (Al).
Tutti i manufatti rivestono caratteristiche meccaniche costruttive di particolare pregio e il reperto (Al) costituisce una parte essenziale di arma da fuoco lunga a colpo singolo”, mentre il reperto (A2) assemblato col reperto (A3) costituisce un’arma da fuoco corto a colpo singolo”.
Agli effetti della qualificazione operata dai giudici di merito, è stata attribuita modo ineccepibile particolare rilevanza, al punto della perizia che ha evidenziato che “il reperto (Al) ha mostrato valori di energia cinetica superiori a quelli generat da alcune armi da guerra, anche se a canna rigata e di calibro inferiore.”
Tra i parametri che caratterizzano un’arma con caratteristiche balistiche o di impiego comuni con le armi da guerra, vi sono le dimensioni, la forma, il peso del proiettile, la velocità che il proiettile raggiunge, il calibro e la lunghezza de canna; tra le caratteristiche di impiego vi è la robustezza, cioè la capacità dell’arma di sopportare il trasporto e il tiro per l’usura derivante dalle manovre di scomposizione e ricomposizione.
Il giudice di merito sulla base dei citati dati peritali ha quindi congruamente motivato, agli effetti dell’art. 1 I. 18 aprile 1975 n. 110, sulle caratteristiche d oggetti repertati sub Al, A2 e A3 come parti di un’arma tipo guerra, per le caratteristiche balistiche di particolare potenzialità offensiva simile a quelle dell armi da guerra.
La legislazione sulle armi, nel vietare varie condotte aventi ad oggetto non solo armi intere, ma anche parti di armi, ha voluto attribuire il massimo rilievo al pericolo che dal possesso delle armi stesse può derivare all’incolumità personale, ampliando, così, il fronte della tutela penale sino a ricomprendervi tutti i comportamenti nei quali, in base ad una presunzione fondata sulla comune esperienza, sia ravvisabile una rilevante possibilità di un siffatto pregiudizio.
Le censure difensive incentrate sull’inidoneità all’impiego delle parti di arma artigianale fabbricate sono infondate, atteso che tale inidoneità non può derivare dalla semplice inefficienza o dalla inettitudine all’uso immediato, ma solo da una completa inservibilità e da una assoluta inefficienza.
Il carattere di arma da guerra può essere desunto dal giudice di merito con una valutazione da svolgersi caso per caso e non è necessario che l’arma sia attualmente in dotazione di corpi delle forze armate nazionali o estere, essendo sufficiente che essa, per potenzialità di offesa, potere di arresto, precisione o altro, sul piano della pericolosità, abbia l’attitudine potenziale ad un impiego bellico, anche per ragioni di carattere contingente, al di fuori del normale armamento delle truppe (Sez. 2, n. 2196 del 1/03/1979; Sez. 1 n. 2443 del 17/03/1984; Sez. 1 n. 5026 del 30/05/1984).
Un’arma può essere qualificata “tipo guerra” allorché abbia caratteristiche balistiche identiche a quelle delle armi da guerra (Sez. 1, n. 869 del 27/01/1982; Sez. 1, n. 6234 del 18/04/1994, Rv. 198871 – 01).
Nel caso di specie, ritiene il Collegio che le caratteristiche balistiche dettagliatamente descritte nella sentenza impugnata sulla base delle prove
espletate durante le perizie, hanno consentito al giudice di merito di qualificare in modo ineccepibile le parti di arma fabbricate come facenti parte di un’unica arma tipo guerra, spiegando in modo puntuale sulla base di precisi elementi indicati nella perizia che le caratteristiche dimensionali e le sue potenzialità balistiche fossero indicative di tale carattere, desunto soprattutto dal reperto Al.
I giudici di appello hanno spiegato che la mancata esecuzione in primo grado di una prova balistica che potesse sfruttare tutta la potenzialità offensiva di tali part di arma aveva condotto in modo errato ad un giudizio diverso in primo grado, atteso che le tre parti sequestrate (canna, otturatore e blocco di culatta) costituiscono oggetti finiti di ottima fattura, che non necessitano di ulterior lavorazioni, sicché costituiscono parti di un’arma di elevata potenzialità offensiva descritta in modo sufficientemente preciso, nonostante per le ragioni descritte in perizia, nelle prove effettuate, sia stato usato un munizionamento commerciale di limitata potenza, che ha determinato la deformazione e la rottura di un vetro resistente a cal. 7,62X51 mm., profilo fattuale non contestato dalle difese.
Del resto, i giudici di merito hanno evidenziato come dalle intercettazioni si sia tratta la prova del fatto che gli imputati avevano affermato di aver realmente sparato con quei manufatti ed avessero mostrato il loro convincimento per la costruenda “arma micidiale”.
Rileva, agli effetti del giudizio finale sulla spiccata potenzialità di offesa sia termini di energia cinetica erogata che in termini di capacità di perforazione, la descrizione di tutti gli aspetti strutturali e funzionali di tali oggetti, atteso c reperto A2 è stato accoppiato col suo otturatore A3, mentre la canna Al era stata accoppiata con altro sistema di otturazione (la canna manometrica) al solo fine di verificarne l’idoneità.
Il giudizio finale sulla potenzialità offensiva dell’arma in fase di costruzione stato tratto dai giudici di merito sulla base dei caratteri balistici dei reperti p valori di energia erogati, in particolare quelli del reperto Al, costituente una “parte essenziale di arma lunga a colpo singolo”, che ha mostrato “significativi valori di energia cinetica con evidenza superiori a quelli ottenibili con armi comuni da sparo a canna liscia, paragonabili o addirittura superiori a quelli generati da alcune armi da guerra, anche se a canna rigata e di calibro inferiore”, nonché della riscontrata possibilità di camerare le canne con i bossoli e le sfere in sequestro.
In definitiva, il giudizio sulla spiccata capacità offensiva è stato correttamente svolto dal giudice di merito con riferimento all’arma che gli imputati stavano
fabbricando, secondo un progetto in linea generale ricostruito dai periti. Esso, pertanto, non è stato svolto solo con riferimento ai singoli reperti singolarmente esaminati, sicché la qualificazione che ne è stata complessivamente ricavata dai giudici di appello come “arma tipo guerra”, agli effetti dell’art. 1 della legge 1 aprile 1975, non necessita della dimostrazione che l’arma sia portabile o sia stata in uso alle forze armate nazionali o estere. Si tratta, infatti, di un giudizio che stato motivato nella sentenza dei giudici di merito in modo argomentato e coerente.
Anche la censura sulla composizione del materiale di fabbricazione agli effetti della caratteristica della robustezza dell’arma appare inidonea a ribaltare la valutazione complessiva svolta, atteso che tale giudizio riguarda solo uno degli aspetti che in modo sufficiente è stato descritto in base alle caratteristiche di pregio dei manufatti realizzati in modo artigianale e alla riscontrata presenza di carbonio che ha aumentato la resistenza dell’acciaio, per come riferito dai periti, anche se in percentuale non chiarita con esattezza, senza che siano emerse precise evidenze contrarie, non dedotte dalle difese.
1.2. GLYPH Quanto sopra indicato è sufficiente per dichiarare infondato sia il primo sia il secondo motivo di ricorso di COGNOME, COGNOME e COGNOME atteso che l’idoneità degli atti posti in essere è stata valutata dai giudici di merito sulla base di tutte caratteristiche delle parti di arma descritte dai periti, su un piano statico e su un piano dinamico, nelle plurime prove effettuate che hanno permesso di svolgere un giudizio complessivo sulla potenzialità dell’arma.
A questo scopo, le imprecisioni lessicali contenute in sentenza e la corrispondente critica sul fatto che “una canna non eroga alcuna energia”, non compromettono il giudizio espresso in sentenza, che ha chiaramente come oggetto l’arma nella sua complessiva realizzazione, sicché l’idoneità va riferita alle singole condotte di costruzione di ogni singola parte di arma nella condivisione – da parte di tutti i ricorrenti – di un progetto comune che si evince anche con riferimento alla collocazione finale dell’arma sul mezzo blindato detto tanko.
A tale effetto, è ininfluente il fatto che la parte di imputazione relativa al costruzione di tale veicolo sia venuta meno in termini di autonoma ipotesi di reato, rimanendo incontestato il fatto che l’arma lunga dovesse essere collocata su tale mezzo, dove già appariva la scritta del punto esatto del programmato montaggio.
In tal modo, la sentenza risponde anche ai rilievi sull’aspetto e sulla portabilità dell’arma, perché l’arma avrebbe assunto l’aspetto di arma lunga da azionarsi,
stando a bordo del mezzo denominato tanko, opportunamente modificato nella struttura in modo da renderlo maggiormente idoneo a resistere ad un attacco dall’esterno.
E’ evidente infine che per volgere il giudizio sulla potenzialità di offesa, nemmeno è necessario che l’arma sia stata già in dotazione delle forze armate italiane o estere, altrimenti sfuggirebbero alla qualificazione normativa armi artigianali di ottima fattura ma di caratteristiche inedite come quella in esame.
L’importante è che il giudice di merito evidenzi – come è avvenuto nel caso di specie col reperto Al – almeno un aspetto tecnico che, secondo l’esperienza comune, permetta di assegnare all’arma un carattere simile a quello delle armi in dotazione alle forze armate per un uso in tempo di guerra.
Agli effetti di tale qualificazione, non è nemmeno necessario che sia stata effettuata una prova balistica che sfrutti in concreto tutta la potenzialità effettiv che i pezzi dell’arma possono garantire, essendo sufficiente che, in base a singole prove svolte in condizioni di sicurezza secondo la prudente valutazione dei periti, i giudici possano svolgere in modo adeguato siffatta valutazione di merito, dandone conto – come hanno fatto – nella motivazione della sentenza.
Generico è il motivo che contesta la configurabilità del tentativo in difetto di idoneità degli atti; al contrario il giudizio sul punto espresso in sentenza si avvale di precise risultanze probatorie, prima fra tutte, gli esiti delle indagini peritali.
1.3. GLYPH Anche il terzo ed il quarto motivo sul trattamento sanzionatorio di COGNOME e COGNOME e sul diniego delle attenuanti generiche a Contin sono infondati. Nel caso in cui venga irrogata una pena prossima al minimo edittale – come è avvenuto nel caso di specie – l’obbligo di motivazione del giudice si attenua, talché è sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. (Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, COGNOME, Rv. 256464).
Nel caso di specie, a pag. 26 della sentenza impugnata, i giudici di appello hanno spiegato che, in mancanza di appello del pubblico ministero, è stata confermato il trattamento sanzionatorio più favorevole stabilito dal Tribunale per il delitto di fabbricazione di arma comune da sparo, pur avendo qualificato la Corte in senso più grave il fatto come tentativo di fabbricazione di arma “tipo guerra”, applicando poi la riduzione prevista per il tentativo nella misura minima prevista
dalla legge, in considerazione dell’avanzatissimo stato di realizzazione del progetto.
La motivazione sul trattamento sanzionatorio, pertanto, è congrua e incensurabile in questa sede.
A pag. 29 della sentenza impugnata, il diniego delle attenuanti generiche nei riguardi di NOME COGNOME si evince dalla complessiva motivazione incentrata sul fatto che “l’arma è risultata particolarmente pericolosa”, perché possiede “un potenziale serio pericolo per la incolumità pubblica”, distinguendo poi la posizione di COGNOME e COGNOME per l’elemento favorevole della incensuratezza ricorrente nei loro confronti, quale idoneo a giustificare il riconoscimento delle attenuanti generiche. Non vi è, pertanto, il denunciato vuoto motivazionale sul diniego delle circostanze di cui all’art. 62-bis cod. pen.
Il giudice di merito può legittimamente negare la concessione di tale attenuante, purché faccia riferimento agli elementi ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163).
2.1. Quanto ai rilievi sulla gravità indiziaria e alla corretta qualificazione del fat che è stato ascritto a COGNOME e al trattamento sanzionatorio determinato nei suoi riguardi, ritiene il Collegio che la sentenza sia immune dai vizi denunciati, stante i collegamenti effettuati in sentenza tra il contenuto delle intercettazioni e l’attività di pedinamento, atteso il tenore esplicito delle conversazioni riportate a pagg. 35 e 36 della sentenza di primo grado.
Dalle stesse i giudici di appello hanno in modo corretto evidenziato che Faccia NOME COGNOME aveva dichiarato a NOME “NOME” che “l’ingegnere moldavo” (NOME COGNOME) stava facendo il lavoro per loro, indicando un “progetto” e dei “disegni” che avrebbe dovuto utilizzare poi il tornitore; quindi i giudici hanno messo in evidenza un’opera che viene chiaramente a costituire iVattività ineludibile di una fabbricazione di parti meccaniche, corrispondente agli oggetti rinvenuti in sede di perquisizione e sequestro.
Tale conversazione del 19.4.2013 costituisce – per la chiarezza dei contenuti una prova sicuramente adeguata della responsabilità personale di COGNOME, ingegnere moldavo, che è stato osservato mentre consegnava dei documenti pochi giorni dopo, in data 24.4.2013, senza avere mai nemmeno allegato a q uale vicenda lecita
l’incartamento fosse relativo e le ragioni per un incontro con Faccia al di fuori dell’orario di lavoro e della sede dell’impresa ove prestavano le loro mansioni.
2.2. Infondato è altresì il secondo motivo del ricorso di Budu, atteso che l’attività di progettazione costituisce un rilevante contributo concorsuale al delitto di tentata fabbricazione dell’arma e non lascia spazio ad altre ipotesi di reato come quella prospettata dal ricorrente sull’addestramento all’uso dell’arma, anche per il fatto che il sequestro è intervenuto quando ancora l’arma non era stata ancora compiutamente realizzata, sicché non poteva essere ancora usata ed era impossibile un’attività di addestramento al suo uso.
2.3. Non è fondato nemmeno il terzo motivo del ricorso di Budu, atteso che l’attività a lui ascritta è di tipo concorsuale nel tentativo di fabbricazione dell’arm anche se la stessa si è concretizzata nella realizzazione dei disegni tecnici per la predisposizione del sistema di otturazione. Sicché non vi è una indebita modifica con estensione dell’imputazione anche alla realizzazione degli altri pezzi, ben potendo il concorso essersi concretizzato solo nella realizzazione di tale pezzo, che costituisce una parte fondamentale dell’arma, formata anche dagli altri pezzi rinvenuti e da quelli non ancora realizzati.
2.4. Va rilevata altresì la manifesta infondatezza del quarto motivo di ricorso’di Budu, atteso che lo stesso ricorso non spiega in modo convincente il tipo di documento che sarebbe stato consegnato all’imputato, durante l’osservazione operata dai Carabinieri, sicché la decisione presa dalla Corte di merito di non autorizzare la riapertura dell’istruttoria dibattimentale appare immune di censure, stante la genericità della deduzione e la finalità esplorativa della richiesta e comunque la non decisività di quanto si è chiesto di acquisire.
2.5. GLYPH Non sono fondate nemmeno le deduzioni sulla natura di arma comune del pezzo progettato e disegnato dall’ingegnere, consistente nell’otturatore A3 che si collegava al pezzo A2, che avrebbe costituito quindi – secondo il ricorrente un’arma corta a colpo singolo, da considerarsi arma comune da sparo; al contrario, dalla sentenza emerge che i giudici hanno ritenuto in base alla perizia che l’arma in corso di fabbricazione con la progressiva realizzazione delle sue componenti fosse unica e qualificabile, quindi, come “arma tipo guerra”, per la sua potenzialità offensiva complessiva.
2.6. Infine, immune dai vizi denunciati è anche il disposto trattamento sanzionatorio, atteso che in modo ineccepibile i giudici hanno ritenuto che quello
fornito dall’ing. COGNOME non fosse un contributo di modesta entità, essendo essenziale il momento della progettazione da parte dell’ingegnere dell’otturatore
nell’economia complessiva della fabbricazione della potente arma tipo guerra.
3. Al rigetto dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., l condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 11/04/2024.