Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35606 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
Penale Sent. Sez. 1   Num. 35606  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME
NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Erice il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo del 3/3/2025 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 3.3.2025, la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Trapani del 2.5.2024 di condanna di NOME COGNOME alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione e 4.000 euro di multa per i reati di cui agli artt. 76, comma, 2 d.lgs. n. 159 del 2011 e 385, comma 3, cod. pen., in continuazione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla recidiva.
Dando atto che l’imputato avesse chiesto con l’atto di appello in via principale l’assoluzione e in via subordinata l’esclusione della recidiva nonchØ la riduzione della pena applicata a titolo di aumento per la continuazione, i giudici di secondo grado hanno giudicato infondato l’atto di impugnazione.
In relazione alla richiesta di assoluzione, la Corte d’appello ha osservato che, al contrario di quanto sostenuto nell’interesse dell’appellante, il coltello rinvenuto nella disponibilità dell’imputato rientra nel novero delle armi il cui possesso Ł vietato ai destinatari dell’avviso orale. Ha aggiunto, altresì, che non può essere messa in discussione l’affidabilità dell’accertamento compiuto dalla polizia giudiziaria presso l’abitazione dell’imputato allorquando ne ha riscontrato l’assenza sebbene sottoposto a misura cautelare.
Quanto alla richiesta subordinata, la Corte d’appello ha ritenuto di non escludere la recidiva, in quanto le condotte trasgressive dell’imputato sono state del tutto ingiustificate e si sono quindi risolte in un comportamento antigiuridico rivelatore di una piø accentuata riprovevolezza della condotta nonchØ di una maggiore pericolosità del suo autore. Inoltre, l’aumento di pena per la continuazione Ł stato considerato adeguato e congruo, avendo riguardo agli indici di cui all’art. 133 cod. pen., ovvero al non minimale disvalore del reato satellite e all’intensità del dolo dell’imputato.
2.Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME, articolando quattro motivi.
2.1 Con il primo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. il vizio della motivazione in relazione al reato di cui all’art. 76, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011
La motivazione – sostiene il ricorso – Ł mancante in relazione ai principi di diritto sottesi alla fattispecie di reato contestata e alla doglianza formulata nell’atto di appello.
Nel verbale di sequestro, viene dato atto esclusivamente del rinvenimento di un coltello a serramanico, ma senza alcuna indicazione delle sue caratteristiche, per esempio della sua lunghezza, delle caratteristiche della sua lama, del suo funzionamento. Di contro, il coltello a serramanico non Ł da considerarsi necessariamente un’arma, diventandolo solo se possiede le caratteristiche tipiche di un pugnale o di uno stiletto, rappresentate dalla presenza di una punta acuta e di una lama a due tagli.
2.2 Con il secondo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 385 cod. pen.
Il ricorso lamenta che l’accertamento relativo al reato di evasione non ha alcun valore probatorio, in quanto nel controesame dibattimentale il verbalizzante di polizia giudiziaria ha dichiarato di non ricordare a quale piano avessero bussato e di non aver svolto alcun accertamento successivo; inoltre, ha dichiarato di avere trovato in casa un parente dell’imputato, ma senza identificarlo, e non ha specificato se l’assenza Ł stata riscontrata in seguito all’ispezione dell’immobile o a dichiarazioni altrui.
2.3 Con il terzo motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. il vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 385, comma quarto, cod. pen.
La Corte d’appello ha omesso di rispondere alla doglianza relativa alla mancata applicazione dell’attenuante in questione. Non ha tenuto conto che la posizione di chi si trova agli arresti domiciliari Ł equivalente a quella di chi si trova detenuto in carcere e che COGNOME ad un certo punto Ł rientrato spontaneamente in casa, così evitando alla polizia giudiziaria l’onere della ricerca con un ravvedimento post delictum .
2.4 Con il quarto motivo, deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. il vizio della motivazione in relazione all’art. 99 cod. pen.
La Corte d’appello ha ritenuto di applicare la recidiva senza adeguata motivazione e senza una concreta verifica in ordine alla idoneità della nuova condotta a rivelare la maggiore capacità a delinquere del reo.
Con requisitoria scritta trasmessa l’11.9.2025, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, ritenendo infondati: il primo motivo, perchØ le contestazioni difensive (già oggetto di motivo di appello) in ordine alla specifica natura del coltello avrebbero imposto di richiamare il contenuto del verbale di sequestro e, ancor prima, in sede di merito, di procedere alla richiesta di esame diretto, nel contraddittorio delle parti, del corpo del reato (richiesta che non risulta); il secondo motivo, perchØ richiama isolatamente l’esame di un teste senza confrontarsi con la motivazione della sentenza impugnata che, sul punto, si integra con le osservazioni sviluppate nella sentenza di primo grado; il terzo motivo, perchØ nessun obbligo di motivazione sul punto incombeva sulla Corte territoriale non avendo il ricorrente formulato sul punto alcun motivo di appello; il quarto motivo di ricorso, perchØ inerente all’applicazione della recidiva, oggetto di incensurabile e completa motivazione in entrambe le sentenze di merito da leggersi sinergicamente.
In data 26.9.2025, il difensore di NOME COGNOME ha depositato, infine, una memoria di replica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł parzialmente fondato nei termini di seguito esposti.
 Il  primo  motivo  pone sostanzialmente la questione della natura del coltello a serramanico rinvenuto nel possesso dell’imputato, eccependo che, non contenendo il verbale di sequestro alcuna descrizione delle sue caratteristiche, non si potesse considerare un’arma propria.
La sentenza impugnata, invero, non ha preso posizione sulla natura del coltello e, tuttavia, ha espressamente affermato che quello trovato nella disponibilità del ricorrente risultasse ‹‹compreso, per le sue intrinseche caratteristiche, nel novero delle ‘armi’ oggetto del divieto di possesso imposto ai destinatari dell’avviso orale››.
Quest’ultimo Ł proprio il punto di rilievo, ovvero la individuazione della portata del divieto imposto all’avvisato orale, ai sensi dell’art. 3, comma 4, d.lgs. n. 159 del 2011, di ‘possedere o utilizzare’ armi.
1.1 Questa Corte, con riferimento al reato di inosservanza degli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale previsto dall’art. 75 d.lgs. n. 159 del 2011, ha ritenuto che, ai fini della configurabilità della violazione dell’analogo divieto di detenere e portare armi imposto al sorvegliato speciale ex art. 8, comma 4, d.lgs n. 159 del 2011, il concetto di arma deve intendersi limitato alle sole armi proprie (Sez. 1, n. 17877 dell’1/3/2019, COGNOME Iacono, Rv. 275603 – 01; Sez. 1, n. 1104 del 19/11/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245939 – 01).
E’ stato osservato, al riguardo, che se la disposizione che prescrive al sorvegliato speciale non solo di non portare, ma anche di non detenere armi, venisse interpretata in senso estensivo – e, cioŁ, comprendendo anche gli strumenti atti ad offendere di cui sia vietato, almeno in assenza di giustificato motivo, il porto – non sarebbe consentito al sorvegliato speciale neppure di tenere a domicilio attrezzi di uso domestico, quali i comuni coltelli da tavola, che, per una pur minima potenzialità offensiva, siano tali da rientrare nella previsione del secondo comma dell’art. 4 della legge n. 110 del 1975: il che costituirebbe una finalità del tutto estranea allo scopo della norma, la quale mira a prevenire pericoli per la sicurezza pubblica, non già ad imporre al soggetto pericoloso limitazioni inutilmente afflittive (Sez. 1, n. 1842 del 23/1/1997, P.m. in proc. Coccone, Rv. 206921 – 01).
1.2 La ratio dell’interpretazione restrittiva del divieto di detenere armi per i sorvegliati speciali – ovvero quella di evitare che, in virtø di una diversa interpretazione della nozione di ‘armi’, sia impedito al destinatario della misura di prevenzione di possedere anche coltelli o attrezzi di comune uso domestico, imponendo limitazioni che, oltre a presentare un profilo di inutile afflittività, risultino contrarie ed estranee alle finalità della norma – Ł a maggior ragione estensibile agli avvisati orali, che sono destinatari di una misura applicata dal AVV_NOTAIO in quanto persone dedite alla commissione di reati ‘comuni’, da cui non vi sarebbe ragione di esigere condotte piø rigorose di quelle richieste ai sorvegliati speciali, che sono invece destinatari di una misura applicata dall’autorità giudiziaria e che in genere sono soggetti rispetto a cui Ł ravvisabile una pericolosità ‘qualificata’.
Dunque, una diversa interpretazione della portata del divieto di detenere armi, che faccia differenza tra avvisati orali e sorvegliati speciali e che determini per i primi limitazioni piø severe che per i secondi, sarebbe ingiustificata.
Ne consegue che anche per gli avvisati orali il divieto di possedere armi, la cui violazione può integrare il reato di cui all’art. 76, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, Ł da intendersi limitato alle c.d. armi ‘proprie’, ovvero quelle, da sparo e non, la cui destinazione naturale Ł l’offesa alla persona.
1.3 Così delineato il perimetro di valutazione della condotta riconducibile al ricorrente,
si può ora passare a esaminare lo specifico motivo di ricorso attinente alla natura del coltello sequestrato a COGNOME.
¨ vero, come evidenzia il ricorso, che la qualificazione del coltello a serramanico come arma ‘propria’ o ‘impropria’ dipende dalle sue caratteristiche concrete.
Come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, il coltello a serramanico dotato di sistema di blocco della lama Ł qualificabile come arma impropria, il cui porto Ł punito dall’art. 4 della l. n. 110 del 1975, o, in alternativa, come arma propria, il cui porto Ł invece punito dall’art. 699 cod. pen., in relazione alla presenza o all’assenza della punta acuta e della lama a due tagli, essendo, questi, elementi che costituiscono caratteristica tipica delle armi bianche corte, mentre a nulla rilevano, a tal fine, le particolarità di costruzione dello strumento (Sez. 1, n. 19927 del 9/4/2014, Teti, Rv. 259539 – 01; cfr. anche Sez. 1, n. 17255 dell’1/4/2019, COGNOME, Rv. 275252 – 01; Sez. 1, n. 10979 del 3/12/2014, Campo, Rv. 262867 – 01).
Altro orientamento ha affermato che integra il reato di cui all’art. 699, comma secondo, cod. pen. e non quello di cui all’art. 4, comma secondo, e 3 legge n. 110 del 1975, il porto di un coltello a serramanico dotato di un sistema di blocco della lama, anche se manuale, irrilevante essendo, invece, a tal fine, che la lama sia o meno a doppio filo tagliente (Sez. 1, n. 20705 del 2/4/2014, Lavore, Rv. 259615 – 01; cfr. anche Sez. 1, n. 16685 del 27/3/2008, COGNOME, Rv. 240278 – 01).
In ogni caso, il verbale di sequestro del coltello, effettivamente, non contiene una specifica descrizione della sua conformazione e dei suoi meccanismi di funzionamento.
Come già evidenziato, l’aspetto della sua qualificazione non Ł stato trattato dalla sentenza impugnata, mentre invece Ł stato affrontato dalla sentenza di primo grado, che la Corte d’Appello ha integralmente confermato.
Tuttavia, il Tribunale di Trapani, pur definendolo in un passaggio ‘arma bianca’, non ha spiegato le ragioni per le quali il coltello in questione fosse da considerarsi naturalmente destinato alla offesa alla persona e, anzi, per supportare la propria non argomentata affermazione ha richiamato piø datati precedenti di legittimità (per esempio, Sez. 1, n. 4514 del 20/3/1995, P.m., Rv. 201136 – 01; Sez. 1, n. 392 dell’1/12/1999, dep. 2000, Sannibale, Rv. 215145 – 01), che, in realtà, si limitano a ribadire, in relazione al coltello a serramanico, la necessità di guardare alle caratteristiche dello strumento, a seconda delle quali farlo rientrare nella categoria delle armi proprie ovvero in quella degli strumenti da punta e taglio atti ad offendere.
Peraltro, la stessa sentenza di primo grado, in conclusione della trattazione riservata al reato di cui all’art. 76, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, definisce infine il coltello a serramanico di COGNOME come uno strumento da punta o da taglio atto ad offendere, ‘il cui porto fuori dalla propria abitazione o delle appartenenze di essa, per non incorrere in illiceità, (…) deve essere sorretto da giustificato motivo’.
In questo modo, però, il giudice ha fatto riferimento al disposto testuale dell’art. 4, comma secondo, L. n. 110 del 1975, così mostrando quantomeno di non fare differenza, ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 76, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, tra arma propria e arma impropria e di ritenere che la detenzione di un coltello a serramanico – quale che fosse la sua precisa qualificazione – integrava la violazione, di rilevanza penale, delle prescrizioni impartite con l’avviso orale.
1.4 Alla luce di quanto prima osservato, invece, deve ritenersi che solo la detenzione di un coltello a serramanico qualificabile, per le sue intrinseche caratteristiche, come un’arma propria sia punibile ai sensi dell’art. 76, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011.
Su questo punto le sentenze di merito non contengono una esplicita e inequivocabile presa di posizione e, anzi, propendono, in definitiva, per una qualificazione del coltello come un’arma impropria.
Ma, soprattutto, nØ dal verbale di perquisizione, nØ dalle deposizioni testimoniali per come riportate nelle pronunce di merito, Ł possibile ricavare precisi elementi di giudizio che consentano una eventuale qualificazione alternativa del coltello come arma propria.
Ne consegue, pertanto, che, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla condanna di NOME COGNOME per il reato di cui al capo A) dell’imputazione perchØ il fatto non sussiste.
Il secondo motivo, invece, deve essere disatteso.
Si tratta, infatti, di motivo essenzialmente rivalutativo, che contesta la ricostruzione della contestata condotta di evasione operata dai giudici di merito e propone una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, mediante l’adozione di parametri diversi di valutazione, indicati come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
Sul punto della verifica dell’assenza dell’imputato dalla propria abitazione, che il secondo motivo sinteticamente censura, la motivazione della sentenza impugnata non Ł manifestamente illogica, nØ contraddittoria, e fa adeguatamente riferimento, oltre che alla circostanza oggettiva del mancato palesarsi del controllato in due occasioni, anche al fatto che l’unico soggetto trovato nella sua abitazione ne confermava l’assenza e, comunque, non ne affermava la presenza o non ne consentiva altrimenti il rinvenimento all’interno dell’abitazione presso cui era sottoposto agli arresti domiciliari.
Si tratta di motivazione congrua, che non Ł censurabile in sede di legittimità, ove, come nel caso di specie, si solleciti non piø che l’attribuzione di un differente significato agli elementi probatori acquisiti nel processo, di cui i giudici di merito abbiano invece fatto una argomentata valutazione.
Anche il terzo motivo, che invoca l’applicazione al fatto contestato a COGNOME del disposto dell’art. 385, comma quarto, cod. pen., Ł infondato.
Non Ł configurabile, infatti, la circostanza attenuante di cui all’art. 385, comma quarto, cod. pen., nel caso – come quello di specie – in cui la persona evasa dalla detenzione domiciliare rientri spontaneamente nel luogo di esecuzione della misura da cui si era temporaneamente allontanata, essendo indispensabile che la stessa si presenti presso un istituto carcerario o si consegni ad un’autorità che abbia l’obbligo di tradurla in carcere (Sez. 6, n. 1560 del 27/10/2020, dep. 2021, Pg c. Monticciolo, Rv. 280479 – 01; Sez. 6, n. 4957 del 21/10/2014, dep. 2015, Comandatore, Rv. 262154 – 01).
L’argomento sulla base del quale il ricorrente propugna l’applicazione dell’attenuante oltre il suo disposto testuale Ł quello secondo cui, avendo fatto ritorno spontaneamente presso il domicilio dopo che l’evasione era stata accertata dalla polizia giudiziaria, COGNOME ha evitato che le forze dell’ordine dovessero procedere alla sua ricerca.
Ma in disparte l’osservazione che il ricorso non indichi da quali elementi si desuma la circostanza, che per vero non risulta dalle sentenze di merito, resta il fatto che lo stesso ricorso la presenta come constatata dalla polizia giudiziaria in occasione del fatto che l’evaso ‘ad un certo momento venne rinvenuto in casa’.
Tanto basta per escludere qualsivoglia possibilità di riconoscere la circostanza attenuante in questione, che Ł integrata, non già dal mero ritorno nella propria abitazione, bensì dalla ‘costituzione’ dell’evaso.
Di conseguenza, la applicabilità dell’art. 385, comma quarto, cod. pen. all’ipotesi del
detenuto in stato di arresto nella propria abitazione richiede che costui, dopo l’evasione, tenga un comportamento assimilabile alla costituzione, quale il consegnarsi ad una autorità avente l’obbligo di tradurlo ove Ł tenuto a rimanere dovendosi far constatare la volontà di interrompere lo stato di evasione (Sez. un., n. 11343 del 12/11/1993, P.M. in proc. Regazzoni, Rv. 195240 – 01).
Non Ł risultato che ciò sia avvenuto nel caso di specie – anzi, lo stesso ricorrente lo esclude – sicchØ il relativo motivo di ricorso deve essere rigettato.
Anche il quarto e ultimo motivo di ricorso Ł infondato.
La sentenza impugnata contiene una adeguata motivazione circa le ragioni per le quali si Ł ritenuto di applicare l’aumento di pena previsto per la recidiva contestata, con il congruo apprezzamento dell’idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione, ove valutata alla luce dei precedenti penale dell’imputato, a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo.
In questo modo, Ł stata fatta corretta applicazione del principio secondo cui l’onere motivazionale richiesto dall’applicazione della recidiva facoltativa contestata Ł adempiuto ove si dia conto della ricorrenza dei requisiti di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore.
Il ricorso, di contro, contesta in modo generico l’esercizio del potere discrezionale da parte del giudice nella applicazione della recidiva, senza quindi arrivare a confutarne la fondatezza.
Per quanto fin qui complessivamente osservato, dunque, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al reato di cui all’art. 76, comma 2, d.lgs. 159 del 2011 perchØ il fatto non sussiste.
Dall’annullamento della condanna per il reato che, tra i due posti in continuazione, era stato ritenuto il piø grave, deriva che alla necessaria rideterminazione del trattamento sanzionatorio debba procedere il giudice del merito, sicchØ, ai sensi dell’art. 620, lett. l), cod. proc. pen., la sentenza impugnata, limitatamente alla quantificazione della pena, deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Palermo.
Nel resto, infine, il ricorso deve essere rigettato.
P.Q.M
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’art. 76 comma 2 d.  lgs.  159  del  2011  perchØ  il  fatto  non  sussiste.  Annulla  la  sentenza  impugnata limitatamente alla quantificazione della pena con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso.
Così Ł deciso, 02/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME