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Arma propria: quando un coltello è reato per l’avvisato

Un individuo, già sottoposto alla misura di prevenzione dell’avviso orale e agli arresti domiciliari, era stato condannato per evasione e per il possesso di un coltello a serramanico. La Corte di Cassazione ha annullato la condanna relativa al possesso dell’arma, specificando che il divieto per i soggetti avvisati riguarda esclusivamente la detenzione di un’arma propria, la cui natura non era stata provata nel caso di specie. La condanna per evasione è stata invece confermata, con rinvio per la rideterminazione della pena.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Arma propria: la Cassazione annulla la condanna per possesso di coltello

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per chi è sottoposto a misure di prevenzione: la distinzione tra arma propria e impropria. Con la pronuncia n. 35606/2025, la Suprema Corte ha stabilito che la condanna per violazione del divieto di possedere armi, imposto a un soggetto con avviso orale, non può basarsi sul semplice rinvenimento di un coltello a serramanico se non ne viene provata la natura di arma specificamente destinata all’offesa.

I Fatti del Caso

Un uomo, già destinatario di un avviso orale e agli arresti domiciliari, veniva condannato in primo e secondo grado per due reati: evasione dalla propria abitazione e violazione delle prescrizioni dell’avviso orale, per essere stato trovato in possesso di un coltello a serramanico. L’imputato decideva quindi di ricorrere in Cassazione, contestando, tra le altre cose, la qualificazione del coltello come arma vietata ai sensi della normativa sulla prevenzione.

Il Ricorso in Cassazione e la nozione di arma propria

Il difensore ha sollevato diversi motivi di ricorso, ma quello decisivo ha riguardato la natura del coltello. La difesa ha sostenuto che il verbale di sequestro era generico e non descriveva le caratteristiche dell’oggetto (lunghezza, tipo di lama, meccanismo), elementi fondamentali per classificarlo come un’arma propria. Secondo la legge, infatti, il divieto di detenere armi per chi è sottoposto a misure di prevenzione come l’avviso orale deve essere interpretato in senso restrittivo.

La posizione sulla evasione e sulla recidiva

Contrariamente al motivo sull’arma, la Corte ha rigettato le censure relative al reato di evasione. I giudici hanno ritenuto adeguata la motivazione dei tribunali di merito che avevano accertato l’assenza ingiustificata dell’imputato dal suo domicilio. Allo stesso modo, è stata respinta la richiesta di applicare l’attenuante per il rientro spontaneo, poiché l’uomo era semplicemente tornato a casa, senza consegnarsi alle autorità. Infine, anche l’applicazione della recidiva è stata considerata correttamente motivata.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso limitatamente al reato legato al possesso del coltello. Il fulcro della decisione risiede nella distinzione tra “armi proprie” e “armi improprie”. Le prime sono quelle la cui destinazione naturale è l’offesa alla persona (es. armi da sparo, pugnali). Le seconde sono strumenti di uso comune che possono, all’occorrenza, essere usati per offendere (es. cacciaviti, coltelli da cucina).

La Suprema Corte ha affermato che il divieto di “possedere o utilizzare” armi, previsto dal D.Lgs. 159/2011 per i soggetti sottoposti ad avviso orale, si riferisce esclusivamente alle armi proprie. Un’interpretazione estensiva, che includa anche le armi improprie, porterebbe a conseguenze assurde e inutilmente afflittive, come vietare a una persona di tenere in casa normali coltelli da cucina. Nel caso specifico, né il verbale di sequestro né le sentenze precedenti avevano fornito elementi concreti (come lama a due tagli o punta acuta) per qualificare il coltello a serramanico come un’arma propria. Mancando questa prova, il fatto non costituisce reato.

Le Conclusioni

In conclusione, la Cassazione ha annullato senza rinvio la sentenza per quanto riguarda la condanna per il possesso del coltello, “perché il fatto non sussiste”. La condanna per il reato di evasione è invece diventata definitiva. Di conseguenza, il caso è stato rinviato a un’altra sezione della Corte d’Appello di Palermo per la sola rideterminazione della pena, che dovrà essere calcolata unicamente sulla base del reato di evasione. Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: per una condanna penale non bastano le supposizioni, ma servono prove concrete che qualifichino l’oggetto del reato secondo precise categorie giuridiche.

Una persona sottoposta ad “avviso orale” può possedere un qualsiasi tipo di coltello?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il divieto di possedere “armi” per chi è sottoposto ad avviso orale si applica solo alle cosiddette “armi proprie”, ovvero quelle destinate per loro natura a offendere (come pugnali o armi da sparo), e non alle “armi improprie” (come comuni coltelli a serramanico che non abbiano caratteristiche particolari).

Perché la condanna per il possesso del coltello a serramanico è stata annullata?
La condanna è stata annullata perché le sentenze di merito non hanno dimostrato che il coltello avesse le caratteristiche specifiche di un'”arma propria” (come una punta acuta e una lama a due tagli). In assenza di tale prova, il semplice possesso di un comune coltello a serramanico non integra il reato contestato.

Tornare a casa spontaneamente dopo un’evasione dagli arresti domiciliari fa scattare l’attenuante?
No. Secondo la sentenza, per ottenere l’attenuante prevista dall’art. 385, comma quarto, del codice penale, non è sufficiente rientrare spontaneamente nella propria abitazione. È necessario un comportamento attivo assimilabile alla “costituzione”, ovvero consegnarsi a un’autorità che ha l’obbligo di tradurre la persona in carcere o di constatare la fine dello stato di evasione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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