Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12750 Anno 2019
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12750 Anno 2019
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/02/2019
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il 07/08/1993 NOME COGNOME nato a CASARANO il 05/08/1991
avverso la sentenza del 18/04/2018 della CORTE APPELLO di LECCE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Proc. Gen. conclude per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
E presente l’avvocato NOME COGNOME del foro di LECCE difensore della parte civile NOME COGNOME come da nomina depositata in udienza, che si riporta alle conclusioni scritte che deposita insieme alla nota spese.
E’ presente l’avvocato NOMECOGNOME del foro di LECCE in difesa di NOME COGNOME che conclude chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.
Ritenuto in fatto
La Corte di appello di Lecce ha confermato la sentenza con cui il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale in sede ha condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME all’esito del giudizio abbreviato, alla pena di anni cinque e mesi quattro di reclusione ed euro 900,00 di multa ciascuno, per aver concorso nei reati di rapina pluriaggravata (capo A), di tentato omicidio (capo B) e di detenzione e porto abusivo di una pistola e di un’arma da taglio (capo C), fatti commessi in San Cassiano il 31 ottobre 2016.
1.1. I due imputati si appropriarono di euro 4.300,00, sottraendoli alle casse dell’Ufficio postale con violenza e minaccia, consistite nel brandire un coltello e nell’agitare una pistola all’indirizzo di uno degli impiegati, intimandog di consegnare loro i soldi; al fine poi di procurarsi l’impunità per tale reato rapina, compirono, COGNOME istigando COGNOME che materialmente agì, atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte di NOME COGNOME, colpendolo con un coltello alla parete addominale anteriore, senza tuttavia causarne la morte per fatti indipendenti dalla loro volontà.
1.2. La Corte di appello, nell’argomentare sulla totale infondatezza dei motivi di impugnazione, ha osservato che COGNOME, quando fu circondato dalle persone che, immediatamente dopo la rapina, cercarono di consegnarlo alle Forze dell’ordine, istigò NOME a fare uso del micicidiale coltello militare che l stesso gli aveva consegnato il giorno prima.
COGNOME è stato pertanto corresponsabile del tentativo di omicidio proprio perché l’aver procurato, nelle ore precedenti la rapina, un coltello di tal fatta, significa che nel comune programma vi era senz’altro l’uso della violenza, per superare ben prevedibili resistenze.
Si trattò di un coltello in uso a reparti militari, articolo professiona finalizzato, appunto, all’uso militare, alla pubblica sicurezza ovvero al soccorso, attesa la natura della lama, la sua lunghezza, la qualifica della ditta produttrice, iscritta tra i fornitori delle Forze armate e dei Corpi speciali, quindi del tu idoneo a procurare ferite mortali.
Quanto alle circostanze agravanti della rapina, la Corte di appello ha rilevato che i due imputati si servirono del coltello e di una pistola, ancorchè giocattolo, e si coprirono il volto per rendersi irriconoscibili.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso i difensori degli imputati.
2.1. Il difensore di NOME COGNOME ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. Non si comprende per quali ragioni il ricorrente sia stato condannato anche per il delitto di tentato omicidio, non potendo essere
a tal fine sufficiente che, il giorno prima del fatto, procurò a NOME il coltell utilizzare nella rapina.
2.2. Il difensore di NOME COGNOME ha articolato più motivi.
Con il primo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. La Corte di appello ha errato nell’affermare la sussistenza del dolo alternativo senza considerare:
-che NOME sferrò un solo colpo, armando, per giunta, la mano sinistra pur essendo egli destrimano;
-che il coltello utilizzato per l’aggressione non è di caratteristiche tali da assurgere ad arma destinata in maniera esclusiva all’offesa personale;
-che le sue dimensioni non sono tali da ricollegare al suo utilizzo la decisa e inequivocabile volontà di ferire mortalmente.
È poi illogico il riferimento alla ditta costruttice del coltello che può, al p valere nell’apprezzamento dell’idoneità dell’arma a raggiungere il risultato, ma nulla può dire, invece, circa l’atteggiamento psicologico dell’agente.
Con il secondo motivo ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. L’uso di una finta pistola, una pistola a gas e dunque non una vera arma da sparo, non integra i delitti di detenzione illegale e porto di arma da sparo.
Ancora, il coltello è un semplice coltellino a serramanico, sicchè è da considerare arma impropria; pertanto il porto non è punbile ai sensi della legge n. 895 del 1967, a cui fa riferimento l’imputazione.
Considerato in diritto
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME non merita considerazione, per le ragioni che di seguito si espongono.
Allo stesso modo deve dirsi per il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME ad eccezione del secondo motivo con cui si contesta la qualificazione del cy–04 porto del coltello e della falsa pistola utilizzati per la rapina, le -A -prirriwarretre perffl tentativo cil-orfirCiffidi, che è fondato e merita accoglimento. y
1.1. Il motivo, peraltro, non è esclusivamente personale, atteso che afferisce alla qualificazione del fatto concorsuale, e quindi il suo accoglimento produce ‘l’effetto estensivo in favore del coimputato non impugnante, secondo il disposto dell’art. 587 cod. proc. pen.
1.2. Il coltello oggetto dell’imputazione è descritto nella sentenza di primo grado come arma propria, a punta acuta e da taglio, ed è da essa fatto rientrare nella categoria delle armi bianche con la precisazione che ha lama della lunghezza di circa 6,7 centimetri (fl. 11).
La sentenza di appello ha sul punto richiamato e condiviso quest qualificazione, specificando che il coltello è del tipo di quelli in uso ai militari, destinato alla pubblica sicurezza ma anche al soccorso, prodotto da azienda iscritta tra i fonitori delle Forze armate e dei Corpi speciali (fl. 8)
1.3. La pistola, invece, è indicata come una “falsa pistola priva di t rosso” (fl. 14 della sentenza di primo grado), e quindi non come un’arma sparo.
L’assunto delle sentenze di merito, che attribuiscono al coltel qualifica di arma propria e alla pistola – implicitamente, in ra dell’indicazione, nel capo di imputazione della legge violata -quella di comune da sparo, merita censura.
2.1. Il richiamo all’uso di quel tipo di coltello ad opera di reparti m potrebbe voler postulare la natura di arma da guerra, ma l’affermazione è contraddetta dal richiamo all’impiego, in aggiunta, in attività di soccorso. L del resto non è descritta in modo tale da metterne in evidenza i tratti d spiccata potenzialità d’offesa che sia tale da dimostrare l’idoneità all’effi attuale impiego bellico – Sez. 1, n. 8300 del 30/01/1976, COGNOME, Rv. 134184 -.
Si tratta allora di verificare se il coltello sia da annoverare tra bianche proprie o tra le armi improprie, escludendosi in ogni caso l’applicab della legge speciale indicata nell’imputazione, ossia la legge n. 895 del 1967.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che “ai fini qualificazione del coltello quale arma propria o arma impropria, deve farsi riferimento, rispettivamente, alla presenza o alla assenza della punta acu della lama a due tagli, tipica delle armi bianche corte, mentre sono irrileva particolarità di costruzione dello strumento. (Fattispecie in cui la Corte ha e che fossero qualificabili come arma propria coltelli a scatto – c.d. mollette caratterizzati da un unico filo di lama) – Sez. 1, n. 10979 del 03/12/2014, 2015, Campo, Rv. 262867 -.
Irse Con una pronuncia appena precedente si è conformelite fissato il discimine di qualificazione come arma propria o impropria di un coltel nell’avere questi o meno la punta acuta e la lama a due tagli, precilando c porto, nell’un caso, è punito ai sensi dell’art. 699 cod. pen., e, nel incriminato dall’art. 4 I. n. 110 del 1975 – Sez. 1, n. 19927 del 09/04/2014, Rv. 259539 -.
Si osserva allora che la descrizione fatta nelle sentenze di merito menziona la caratteristica a due tagli della lama, sicché la norma incriminat di riferimento per la punibilità del contestato porto è quella contenuta nell I. n. 110 del 1975.
2.2. Essa, è appena il caso di rilevare in riguardo all’altra parte del motivo ora in esame, ben qualifica anche il porto di una pistola giocattolo priva di tappo rosso, giusta l’affermazione di questa Corte secondo cui “il porto senza giustificato motivo, fuori dalla propria abitazione, di strumenti in metallo riproducenti armi (pistole giocattolo) ovvero strumenti di segnalazione acustica che esplodono cartucce a salve (pistole scacciacani), sprovvisti del tappo rosso occlusivo della canna, integra il reato contravvenzionale di cui all’art. 4 della legge 18 aprile 1975 n. 110 (nel testo modificato dall’art. 5 del D.Lgs. 26/10/.2010 n. 204), in relazione all’art. 5, quarto comma, della predetta legge.” – Sez. 7, n. 38216 del 15/01/2015, COGNOME, Rv. 264446 -.
2.3. L’errore .in cui sono incorsi i giudici di merito ha avuto evidenti ricadute nella determinazione del trattamento sanzionatorio in quanto, nel fissare gli aumenti di continuazione per il reato di cui al capo C), appunto il porto del coltello e della pistola, hanno avuto riguardo a diversi e più severi limit edittali, dettati dalla legge erroneamente applicata.
Occorre pertanto disporre l’annullamento di questa parte della sentenza, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce, perché provveda ad un nuovo giudizio sulla pena da irrogarsi, ad entrambi gli imputati, a titolo di aumento per continuazione in ordine al reato di cui al capo C).
Gli altri motivi attengono invece, entrambi – sia quello dedotto nell’interesse di NOME COGNOME che quello proposto nell’interesse di NOME COGNOME – alla condanna per il delitto di concorso nel tentativo di omicidio (capo B).
3.1. Il motivo dedotto per NOME COGNOME è generico.
La critica che con esso si muove alla sentenza impugnata non tiene in alcun conto le ragioni per le quali è stata confermata la condanna, ossia che il ricorrente istigò il correo proprio nel frangente della rapina, e specificamente immediatamente dopo la sua commissione, incitandolo ad intervenire per liberarlo dalla stretta che alcune persone avevano messo in essere per poi con ogni probabilità consegnarlo alle Forze dell’ordine.
Ciò fece, ben sapendo che il correo era in possesso di un coltello di sicura potenzialità offensiva, che lui stesso il giorno prima gli aveva procurato (fl. 7).
Vale allora il principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per il quale “la partecipazione all’accordo per commettere una rapina utilizzando un’arma da fuoco comporta la responsabilità, a titolo di concorso ordinario e non anomalo, anche per l’omicidio commesso nel corso della sua esecuzione dal complice che ha in concreto cagionato la morte del rapinato.” Sez. 6, n. 18489 del 13/01/2010, P.G. in proc. COGNOME, Rv. 246914 -, senza che
possa venire in rilievo, in senso contrario, che l’arma non era da fuoco ma era un coltello e che l’omicidio si arrestò alla fase del tentativo.
3.2. Il motivo nell’interesse di NOME COGNOME è manifestamente infondato, oltre che generico, nella misura in cui ripropone doglianze già vagliate dal giudice di primo grado, le cui argomentazioni sono state integralmente confermate e che il motivo non ha cura di sottoporre ad una specifica critica.
Il giudice di primo grado pose in evidenza che il colpo di coltello fu sferrato all’addome, sede corporea di organi vitali, con particolare forza, perché riuscì a lesionare l’epitelio, affondando pienamente nella parete addominale (fl. 11 della sentenza di primo grado).
Aggiunse, con logica e argomentata osservazione, che l’uso dell’una o dell’altra mano in attività in cui prevale la forza sulla precisione, come nel caso in esame, non ha rilievo per dedurre l’assenza del dolo diretto (fl. 12), e chiarì che la mancata reiterazione dei colpi non attestò certo l’inidoneità dell’azione (fl. 12).
La Corte di appello ha fatto proprie queste congrue ed adeguate osservazioni ed ha Posto l’accento sulle caratteristiche offensive del coltello utilizzato.
Questo, benchè non sia qualificabile, per le ragioni prima dette, come arma propria, aveva – per la lunghezza della lama e per l’essere questa a punta – una sicura capacità lesiva, del tutto idonea a cagionare la morte per la sua dimostrata capacità di penetrazione nel corpo della vittima.
È dunque conclusione logica e non contraddittoria che l’agente fu animato da dolo diretto, seppure nella forma del dolo alternativo, del tutto compatibile con il tentativo – Sez. 1, n. 43250 del 13/04/2018, COGNOME, Rv. 274402 -.
I ricorsi devono pertanto essere dichiarati inammissibili, fatta eccezione per la parte relativa alla condanna per il capo C), come prima si è stabilito.
In conseguenza, la condanna per i reati di rapina e di tentato omicidio diviene irrevocabile, con irrevocabilità della pena di anni cinque di reclusione ed euro 667,00 di multa per essi irrogata, al netto dell’aumento per continuazione in relazione al reato di cui al capo C) per il quale si è disposto l’annullamento con rinvio.
Quanto statuito comporta la condanna degli imputati alla rifusione, in solido, delle spese sostenute nel grado dalla parte civile NOME COGNOME che sono liquidate come da dispositivo.
Riqualificati i contestati fatti di detenzione e di porto della pistol coltello ai sensi dell’art. 4 della legge n. 110 del 1975, annulla la s impugnata limitatamente a tali fatti e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad sezione della Corte di appello di Lecce.
Dichiara inammissibili i ricorsi per i restanti reati e conseguenteme dichiara irrevocabile la pena di anni cinque di reclusione ed euro 667,00 di m per ciascuno.
Condanna, inoltre, gli imputati in solido alla rifusione delle spes rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civ NOME COGNOME che liquida in euro 4000,00, oltre spese generali nella mis del 15%, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma, 27 febbraio 2019.