Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18009 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18009 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a TARANTO il 21/10/1987
avverso la sentenza del 21/01/2025 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Con sentenza n. 49/2025 emessa il 21/01/2025, la Corte d’Appello di Lecce – Sezione distaccata di Taranto- ha confermato la decisione del G.I.P. del Tribunale di Taranto del 31/05/2024, che aveva dichiarato COGNOME Adriano colpevole del delitto di cessione di sostanza stupefacente (art. 73, comma 1, D.P.R. 309/1990), limitatamente all’episodio di cessione di 28 grammi di cocaina a COGNOME NOME, nonché dei reati di ricettazione di arma clandestina e detenzione illegale di munizioni, condannandolo alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed euro 14.400,00 di multa.
Avverso tale pronuncia, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore, articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) c.p.p., l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. comma 1, D.P.R. 309/1990, nonché l’inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 546 e 192 c.p.p., e la mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione.
In particolare, lamenta che la sentenza impugnata sarebbe fondata su meri sospetti e indizi privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, in quanto il quantitat stupefacente rinvenuto (28 grammi di cocaina, recte 21 grammi netti) sarebbe compatibile con l’uso personale, e non sarebbero stati rinvenuti elementi indicativi di un’attività di spaccio.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett ed e) c.p.p., la mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi attenuata di cui all’art. 73, 5, D.P.R. 309/1990, sostenendo che la Corte territoriale avrebbe omesso di motivare al riguardo, e che gli elementi fattuali non rivelerebbero un’attività di spaccio professional sistematica.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett c.p.p., l’inosservanza o erronea applicazione delle norme penali in relazione ai reati di cui a artt. 23 L. 110/1975, 648 c.p. e 697 c.p., contestando che il mero possesso di un’arma clandestina costituisca prova automatica della ricettazione e lamentando il mancato riconoscimento dell’esimente ex art. 54 c.p., anche in forma putativa, avendo l’imputato dichiarato di essere stato in passato vittima di un tentato omicidio.
Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
3.1. Il primo motivo è inammissibile poiché propone una rilettura del compendio probatorio e si risolve in censure di merito, precluse in sede di legittimità.
Secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, sono inibite al giudice di legittimità l rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (ex multis, Sez. n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482).
Nel caso di specie, la Corte d’Appello, con motivazione immune da vizi logici, ha correttamente valutato i dati probatori, fondando il proprio convincimento sugli element fattuali emersi dall’attività di osservazione e controllo della polizia giudiziaria,
documentato un meccanismo operativo consolidato tra l’imputato, il COGNOME ed il COGNOME, funzionale alla cessione dello stupefacente. La dinamica dei fatti, analiticamente descritta
valutata in sentenza, costituisce un quadro indiziario univoco e concordante che giustifica l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato.
3.2. Il secondo motivo è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha motivato in modo giuridicamente corretto l’esclusione della fattispecie attenuata di cui all’art. 73, comm
5, D.P.R. 309/1990, valorizzando elementi ostativi quali il complessivo assetto dell’attività
spaccio, non occasionale ma strutturata secondo modalità organizzative che denotano una certa sistematicità, nonché il contestuale possesso di un’arma clandestina da parte
dell’imputato.
La valutazione espressa risulta pienamente in linea con i principi affermati dalle Sezion
Unite, secondo cui la circostanza attenuante speciale (ora fattispecie autonoma) può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dat
qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (me modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dall
legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Cass. S.U. 24.6.2010 n. 35737). Nel caso di specie, gli elementi valorizzati dalla Cort territoriale sono certamente ostativi alla configurazione dell’ipotesi attenuata.
3.3. Il terzo motivo è parimenti infondato. In tema di ricettazione di arma clandestin questa Corte ha ripetutamente affermato che il possesso di un’arma clandestina integra di per sé la prova del delitto di ricettazione, poiché l’abrasione della matricola, che priva l’arma contrassegni identificativi, essendo chiaramente finalizzata ad impedirne l’identificazion dimostra, in mancanza di elementi contrari, il proposito di occultamento del possessore e la consapevolezza della provenienza illecita dell’arma (Sez. 1, n. 37016/2019). Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha correttamente escluso la sussistenza dell’esimente di cui all’art.5 c.p., rilevando che la mera allegazione di essere stato, in passato, vittima di un tent omicidio, peraltro formulata per la prima volta in appello, risulta priva di adeguati risc probatori e comunque inidonea a integrare i presupposti dello stato di necessità, anche nella forma putativa.
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen., condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186/2000), a versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore delle ammende.
Così deciso in data 8 aprile 2025
DEPOSITATA Il Consigliere estensore COGNOME9> Il Presidente