Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 13113 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 13113 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI COSENZA nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a ROTA GRECA il 27/02/1939
COGNOME NOME nato a COSENZA il 02/10/1964
avverso l’ordinanza del 17/11/2023 del GIP TRIBUNALE di COSENZA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata perché l’arresto è stato legittimamente eseguito
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza non convalidava l’arresto in flagranza di COGNOME NOME COGNOME e di NOME NOME COGNOME rilevando che non sussistevano le condizioni per l’arresto facoltativo con riguardo all’addebito del reato di detenzione illegale di arma comune da sparo, mentre, per quello relativo alla detenzione di arma clandestina, non potevano ravvisarsi gli estremi dell’art. 23, legge 18 aprile 1975, n. 110, non valendo a tal fine la mancanza dell’apposizione sull’arma di cui trattasi del marchio del Banco nazionale di prova, poiché tale segno distintivo non rileva, ai sensi dell’art. 11 della stessa legge, ai fini della “clandestinità” dell’arm
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza, lamentando violazione degli artt. 11 e 23 della legge n. 110 del 1975, sul rilievo che l’arma, ritenuta ragionevolmente appartenente agli indagati, senza che l’autorità ne fosse a conoscenza e risultata priva del “marchio di prova”, assumeva le caratteristiche di arma “clandestina”, costituendo tale “marchio” uno dei requisiti richiesti dal suddetto articolo 11.
Il Procuratore generale, in sede di conclusioni scritte, ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, essendo stato l’arresto eseguito legittimamente; mentre il difensore degli indagati, Avv. NOME COGNOME ha fatto pervenire memoria con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
Va premesso che, nella specie, nonostante la liberazione degli indagati disposta dal pubblico ministero dopo l’arresto in flagranza e, dunque, ancor prima della richiesta della convalida disattesa, lo stesso pubblico ministero è legittimato a proporre ricorso avverso il provvedimento di non convalida, in modo da fare valere l’illegittimità in sé della decisione, a fronte di un’attività che ha, comunque, inciso sulla libertà personale (Sez. 1, n. 7981 del 01/02/2008, Rv. 239234 – 01).
Come chiarito da questa Corte (Sez. 1 n. 1215 del 2024, non massinnata), il Banco di prova di Gardone Val Trompia è l’ente al quale il comma 12-sexiesdecies dell’art. 23, dl. 6 luglio 2012, n. 95, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ha attribuito – a seguito della soppressione del Catalogo nazionale delle armi – il
compito di verificare, per ogni arma prodotta, importata o commercializzata in Italia, la qualità di arma comune da sparo, nonché la sua corrispondenza alle categorie di cui alla normativa europea. Devono, pertanto, essere sottoposte a prova le armi fabbricate in Italia, quelle demilitarizzate e quelle armi importate dall’estero qualora non portino il marchio della prova già subita presso un Banco riconosciuto (art. 11, commi 4 e 5, legge n. 110 del 1975). L’art. 23 della legge n. 110 del 1975, definisce armi clandestine: 1) le armi comuni da sparo non sottoposte alla verifica del Banco di prova (ex art. 23, comma 12sexiesdecies, d.l. n. 95 del 2012); 2) le armi comuni sprovviste dei contrassegni di cui all’art. 11 della medesima legge. Il successivo comma 3 punisce chi detiene tali armi clandestine, senza distinzioni e delimitazioni, sicché la condotta tipica decritta riguarda anche le armi non sottoposte alle dovute verifiche del Banco di prova.
Ne consegue che, nella specie, essendo stata riscontrata la mancanza del marchio attestante la verifica del Banco di prova dell’arma rinvenuta nella disponibilità degli indagati secondo quanto verificato nell’immediatezza e illustrato nel ricorso, nel momento in cui la polizia giudiziaria procedeva all’arresto in flagranza emergevano le condizioni per rilevare la commissione da parte dei predetti del reato di detenzione di arma clandestina, da cui derivava l’obbligatorietà della misura precautelare (ai sensi dell’art. 380, comma 2, lett. g), cod. proc. pen.), che conseguentemente avrebbe dovuto essere convalidata.
Le altre considerazioni esposte nella memoria difensiva riguardanti il tema della responsabilità degli indagati, non rilevano in questa sede di esclusiva verifica dell’operato all’epoca della polizia giudiziaria secondo i criteri legali dell’arresto.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, l’ordinanza impugnata va, dunque, annullata senza rinvio, perché l’arresto è stato eseguito legittimamente.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata perché l’arresto è stato eseguito legittimamente.
Così deciso il 19/02/2025.