Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5282 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 5282 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SINALUNGA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/09/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME COGNOME; treffto il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 12/09/2018 il Tribunale di Siena dichiarava NOME COGNOME responsabiie dei reati di detenzione di arma clandestina in quanto sprovvista di matricola (capo A), di ricettazione della medesima arma (capo B), di detenzione illegale di arma comune (capo C) e delle relative munizioni (capo D).
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Firenze ha assolto COGNOME dal reato sub B) per insussistenza del fatto, ha dichiarato non doversi procedere dal reato sub D) in quanto estinto per prescrizione e ha rideterminato la pena per i restanti reati in un anno, due mesi di reclusione ed euro 3.100,00 di multa.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, tramite il proprio difensore, NOME COGNOME.
2.1. Col primo motivo di impugnazione si deduce violazione dell’art. 23 I. 18 aprile 1975, n. 110, in relazione all’art. 2 della medesima legge. Ci si duole che l’arma sia stata qualificata come tale (per di più clandestina, per l’assenza della stampigliatura della matricola) in ragione della sola valutaz:one di funzionamento da parte di un ufficiale di polizia giudiziaria, ma in assenza di un’effettiva prova di sparo e di effettiva funzionalità; e che difetti una specifica motivazione sul punto.
2.2. Col secondo motivo di ricorso viene denunciata violazione di legge nella rideterminazione della pena per i capi A) e C).
Rileva la difesa che la Corte territoriale, nell’individuare il reato più grave in quello di cui al capo C) e nell’applicare il minimo edittale per detta fattispecie, trascurerebbe che la pena base per la detenzione di arma comune da sparo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2 e 7 I. 2 ottobre 1967, n. 895, deve essere ridotta di un terzo rispetto a quella per la detenzione di arma da guerra; e che, pertanto, il reato più grave andava individuato nella detenzione di arma clandestina, la cui pena minima, di anni uno di reclusione ed euro 1.000,00 di multa, risulta comunque più bassa di quella da cui si è partiti.
2.3. Col terzo motivo di impugnazione si rileva errore di diritto commesso dalla Corte di appello che, nel rideterminare la pena, non avrebbe applicato le già riconosciute attenuanti generiche.
La difesa chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con ogni consequenziale pronuncia.
3. Disposta la trattazione scritta del procedimento ai sensi dell’art. 23 del d. I. n. 137 del 2020, l’AVV_NOTAIO presso questa Corte, AVV_NOTAIO, conclude per l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio con rinvio per nuovo giudizio sul punto e declaratoria di irrevocabilità della sentenza quanto all’affermazione di responsabilità dell’imputato; la difesa di COGNOME, AVV_NOTAIO, insiste per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato limitatamente al secondo e al terzo motivo di impugnazione.
1.1. Infondato è, invero, il primo motivo di impugnazione.
L’art. 1-bis del d. Igs. 30 dicembre 1992, n. 527 (nel testo in vigore dal 14 settembre 2018), prevede che «ai fini del presente decreto, si intende per a) “arma da fuoco”, qualsiasi arma portatile a canna che espelle, è progettata per espellere o può essere trasformata al fine di espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l’azione di un propellente combustibile ad eccezione degli oggetti di cui al punto III dell’allegato I della direttiva 91/477/CEE, e successive modificazioni» e che «…qualsiasi oggetto idoneo a essere trasformato al fine di espellere un colpo, una pallottola o un proiettile mediante l’azione di un propellente combustibile se: 1) ha l’aspetto di un’arma da fuoco e, 2) come risultato delle sue caratteristiche di fabbricazione o del materiale a tal fine utilizzato, può essere così trasformato». Prevede, inoltre, che si intende per «b) “parte”, ciascuna delle seguenti componenti essenziali: la canna, il telaio, il fusto, comprese le parti sia superiore sia inferiore (upper receiver e lower receiver), nonché, in relazione alle modalità di funzionamento, il carrello, il tamburo, l’otturatore o il blocco di culatta che, in quanto oggetti distinti, rientrano nella categoria in cui è stata classificata l’arma da fuoco sulla quale sono installati o sono destinati ad essere installati».
Tale essendo il dato normativa, va, altresì, osservato che secondo la giurisprudenza costante di questa Corte (si veda per tutte Sez. 1, n. 18218 del 06/03/2019, Romano, Rv. 275465) la natura di un’arma non viene meno per il solo fatto che lo strumento non sia attualmente
funzionante, atteso che il pericolo per l’ordine pubblico sussiste anche in presenza di un guasto riparabile, a meno che non risulti obiettivamente la difficoltà della riparazione, per l’impossibilità di reperire pezzi di ricambio o comunque per la non sostituibilità (in applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna dell’imputato per i delitti di detenzione iljegale e ricettazione di una pistola semiautomatica con matricola abrasa, rilevando come il rinvenimento della stessa completa del caricatore con cartucce inserite e delle componenti necessarie all’impiego attestasse la pronta riparabilità degli eventuali difetti dovuti all’eccepito malfunzionamento per vetustà).
Orbene, la sentenza in esame risulta avere fatto buon governo di detto dato normativo e della interpretazione che ne offre la giurisprudenza di legittimità. E ciò, nel sottolineare come il fatto che l’arma possa essere stata fabbricata in epoca risalente nel tempo, di cui non vi è assoluta certezza, non consenta di escluderne automaticamente la funzionalità, atteso che il pericolo per l’ordine pubblico sussiste anche in presenza di un guasto riparabile, a meno che non risulti obiettivamente la difficoltà della riparazione; ovvero nel rilevare che nel caso in esame la funzionalità dell’arma è stata accertata, sia pure senza un’effettiva prova, da parte dell’ufficiale di polizia giudiziaria che ha eseguito la perquisizione, così da poterne verificare l’integrità meccanica; e, infine, nello specificare che non sia indispensabile, a fini probatori, disporre una perizia, ben potendo essere sufficiente la verifica compiuta da un ufficiale di polizia giudiziaria, come appunto nel caso in esame.
1.2. Fondati, come premesso, sono sia il secondo che il terzo motivo di ricorso.
Invero, nel ricalcolare la pena in relazione ai reati di cui ai capi A) e C), i Giudici dell’appel o non solo individuano come reato più grave la fattispecie di detenzione di arma comune da sparo (a fronte di una pena edittale massima più elevata per la detenzione di arma clandestina), senza, peraltro, motivare tale scelta, ma non operano la riduzione di pena per le circostanze attenuanti generiche già riconosciute in primo grado e neppure menzionate nella sentenza di appello, nella quale si parte dalla pena base per il reato sub C) e la si aumenta per la continuazione con il reato di cui al capo A).
Si impone, pertanto, l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, dovendosi rigettare il ricorso nel resto.
L’annullamento in relazione al solo trattamento sanzionatorio determina l’irrevocabilità della sentenza quanto all’affermazione di responsabilità dell’imputato.
P. Q. M.
Annulla la sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio, e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Firenze.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 3 ottobre 2023.