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Archiviazione tenuità del fatto: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’indagata avverso l’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto. L’indagata chiedeva una formula più favorevole, basata sulla tardività della querela. La Corte ha stabilito che manca un interesse concreto e attuale a ricorrere, poiché l’iscrizione del provvedimento nel casellario giudiziario, di per sé, non costituisce un pregiudizio sufficiente a giustificare l’impugnazione, avendo una rilevanza limitata al solo circuito giudiziario per valutare l’abitualità del comportamento.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Archiviazione per tenuità del fatto: quando non si può impugnare?

L’archiviazione per tenuità del fatto, introdotta dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento deflattivo del sistema penale, volto a escludere la punibilità per reati di minima offensività. Ma cosa succede se un indagato, pur beneficiando di tale archiviazione, volesse ottenere una formula di proscioglimento ancora più favorevole, come quella per tardività della querela? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito i limiti dell’impugnazione in questi casi, focalizzandosi sul concetto di “interesse a ricorrere”.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza del GIP del Tribunale di Napoli, che disponeva l’archiviazione di un procedimento penale nei confronti di un’indagata per il reato di cui all’art. 388 c.p. (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice). L’archiviazione era stata decisa per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis c.p. e dell’art. 411, comma 1-bis, c.p.p.

L’indagata, tramite il suo difensore, proponeva reclamo avverso tale provvedimento. La difesa non contestava l’esito finale dell’archiviazione, ma la sua motivazione. Si sosteneva, infatti, la nullità del procedimento per tardività della querela, una condizione di procedibilità la cui mancanza avrebbe dovuto portare a una declaratoria più vantaggiosa, senza alcuna valutazione nel merito della condotta. Il reclamo veniva qualificato come ricorso per cassazione e trasmesso alla Suprema Corte.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che, per poter impugnare un provvedimento di archiviazione, l’indagato deve dimostrare di avere un interesse concreto ed attuale alla sua rimozione. Questo interesse non può derivare dal mero fatto che l’archiviazione per tenuità del fatto venga iscritta nel casellario giudiziario.

Le Motivazioni della Sentenza: l’Interesse a Ricorrere

Il cuore della decisione risiede nell’analisi delle conseguenze pratiche dell’iscrizione nel casellario giudiziario. La Cassazione, richiamando un precedente delle Sezioni Unite (sent. De Martino, n. 38954/2019), ha chiarito che tale iscrizione ha una funzione ben precisa e limitata.

L’iscrizione serve esclusivamente a consentire al giudice, in futuri procedimenti, di valutare l’eventuale “abitualità” del comportamento dell’indagato, un elemento che osterebbe a una nuova applicazione del beneficio della particolare tenuità del fatto. Si tratta, quindi, di una rilevanza interna al “sottosistema” giudiziario, finalizzata a evitare abusi dell’istituto.

Inoltre, la Corte ha sottolineato come recenti riforme (D.Lgs. 122/2018) abbiano ulteriormente ridotto il potenziale pregiudizio derivante da tale iscrizione. Essa non compare più:
– Nel certificato richiesto dal privato (art. 24 T.U.).
– Nel certificato richiesto dal datore di lavoro (art. 25-bis T.U.).
– Nel certificato destinato alle pubbliche amministrazioni (art. 28 T.U.).

Di conseguenza, il presunto pregiudizio per chi “contratta con privati o con la pubblica amministrazione”, genericamente lamentato dalla ricorrente, è stato ritenuto astratto e non sufficiente a fondare un interesse concreto all’impugnazione. Per la Cassazione, l’indagato deve allegare uno specifico e attuale danno derivante dal provvedimento, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio di diritto processuale: non è sufficiente aspirare a una formula di proscioglimento formalmente più “pulita” per poter impugnare un’archiviazione per tenuità del fatto. È necessario dimostrare un pregiudizio reale e tangibile. L’iscrizione nel casellario giudiziario, data la sua limitata operatività e la sua non visibilità all’esterno del circuito giudiziario, non costituisce, di per sé, un tale pregiudizio.

Questa decisione rafforza la natura dell’istituto ex art. 131-bis c.p. come strumento di economia processuale, evitando che le aule di giustizia vengano impegnate da impugnazioni basate su mere questioni di principio, prive di effetti pratici significativi per la vita dell’indagato.

È possibile impugnare un’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto per ottenere una formula di proscioglimento più favorevole?
No, non è possibile se non si dimostra un interesse concreto e attuale a farlo. La semplice aspirazione a una formula di proscioglimento diversa, come quella per un vizio di procedura (es. tardività della querela), non è sufficiente per giustificare l’impugnazione.

L’iscrizione del provvedimento di archiviazione per tenuità del fatto nel casellario giudiziario costituisce un pregiudizio sufficiente per ricorrere?
Secondo la Corte di Cassazione, no. L’iscrizione ha una rilevanza limitata al solo ambito giudiziario per la valutazione dell’abitualità del comportamento e non compare nei certificati richiesti da privati, datori di lavoro o pubbliche amministrazioni. Pertanto, di per sé, non costituisce un pregiudizio concreto che fondi l’interesse a ricorrere.

Qual è lo scopo dell’iscrizione nel casellario di un’archiviazione per tenuità del fatto?
Lo scopo è quello di creare una “memoria storica” a uso esclusivo del sistema giudiziario. Serve a consentire ai giudici, in futuri eventuali procedimenti, di verificare se l’indagato abbia già beneficiato in passato di tale causa di non punibilità, al fine di valutare la sussistenza dell’abitualità del comportamento, che è ostativa a una nuova applicazione del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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