Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35330 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35330 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato ad Arezzo il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza in data 12.1.2024 del Tribunale di Arezzo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 12.1.2024 il Gip del Tribunale di Arezzo, accogliendo la richiesta del Pubblico Ministero, ha disposto, a conclusione del procedimento svoltosi nelle forme di cui all’art. 127 cod. proc. pen. a seguito dell’opposizio dell’indagato ex art. 411 comma 1-bis cod. proc. pen., l’archiviazione per la particolare tenuità del fatto del procedimento aperto nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 44 lett. c) d.P.R. 380/2001 per effettuato, come constatato a seguito di sopralluogo in data 20.10.2022, su un terreno con vincolo paesaggistico di sua proprietà, in concorso con l’esecutore materiale NOME COGNOME, operazioni di estirpazione di vegetazione e di lavorazione
di terra per un’estensione di 185 mq con rimodellamento di una scarpata al fine di aumentare la superficie agricola fruibile. A fondamento delle raggiunte conclusioni il giudice ha affermato che il reato doveva ritenersi integrato in tutti i suoi eleme costitutivi, precisando che, mentre per le opere di estirpamento non era necessaria alcuna autorizzazione, per quelle invece di modificazione del terreno, il conseguimento da parte dell’indagato dell’attestazione di conformità paesaggistica in data 19.1.2023 doveva ritenersi tardivo.
Avverso il suddetto provvedimento il COGNOME ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
2.1. Con il primo motivo deduce la ricorribilità del provvedimento impugnato innanzi alla Corte di cassazione sulla falsariga di quanto affermato dalla sentenza Sez. 5, n.36486 del 31.5.2023, secondo cui sono impugnabili le ordinanze e i decreti che, pur non avendo la forma della sentenza, assumono in concreto carattere decisorio venendo ad incidere in via definitiva su situazioni di dirit soggettivo con produzione di effetti sostanziali e processuali sulla composizione di interessi contrapposti. Aggiunge a tale presupposto la sussistenza del proprio interesse ad impugnare atteso che, risultando già destinatario di analogo provvedimento di archiviazione ex art. 131 bis cod. pen. per un reato della medesima specie pronunciato in data 12.8.2019 ed essendo allo stato imputato in altro procedimento penale per i reati di cui all’art. 44 d.P.R. 380/2001, 452-bis, 383 cod. pen. e 256 d. Igs. 152/2006, la presenza di un secondo provvedimento di archiviazione per la particolare tenuità del fatto, destinato ad essere iscritto Casellario Giudiziale, si traduce in un pregiudizio nei suoi confronti in relazione a fruibilità ex novo della causa di non punibilità in ragione dell’abitualità d condotta e alla applicabilità degli altri benefici di legge.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione per essersi il Gip limitato ad affermare che rilascio da parte del Comune dell’attestazione di conformità paesaggistica avvenuta in data 19.1.2023, pur necessaria per le opere di movimentazione del terreno, era tardivo, senza tuttavia chiarirne le ragioni, considerato, invece, ch l’esito favorevole della procedura comporta l’estinzione del reato secondo quanto previsto dall’art. 181 comma 1-ter d. Igs. 42/2004.
2.3. Con il terzo motivo deduce il vizio di violazione di legge in conseguenza del mancato riconoscimento della speciale causa di estinzione disposta dall’art. 181 comma 1-ter d. Igs. 42/2004 invocata con l’opposizione alla richiesta di archiviazione, rientrando l’illecito oggetto del presente procedimento nella fattispecie di cui alla lettera a) della medesima norma atteso che le opere in contestazione non avevano determinato creazioni di superfici o volumi utili, né aumento di quelli legittimamente autorizzati. Deduce pertanto che il
conseguimento postumo dell’accertamento della compatibilità paesaggistica determina ipso jure l’estinzione del reato di cui all’art. 181 primo comma d. Igs. 42/2004 che punisce chiunque esegue senza la prescritta autorizzazione lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici, con conseguente erroneità dell’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata secondo cui la suddetta autorizzazione era stata depositata tardivamente.
Nella propria requisitoria il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, nel rilevare come il ricorrente non vanti alcun interesse attuale e concreto all’impugnativa non costituendo il fatto di essere destinatario di due provvedimenti di archiviazione per la particolare tenuità del fatto null’altro che un pregiudizio eventuale, nonché futuro rispetto al procedimento in corso nei suoi confronti per reati edilizi e ambienta li (:41, 6 1,j ) 4, c( 144., ..”440 ek Ott
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non può essere ritenuto ammissibile.
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In ordine alla carenza di interesse in capo al ricorrente, atJdal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, deve essere rilevato che l’art. 410-bis cod. proc. pen., come modificato dalla legge n. 103 del 2017 (che ha pure abrogato il previgente comma 6 dell’art. 409 del codice), nel ridefinire gli esiti decisori del procedimento archiviazione, consente la presentazione di un reclamo innanzi al giudice monocratico entro quindici giorni dalla sua conoscenza avverso il provvedimento di archiviazione adottato dal Giudice per le indagini preliminari, ma non di ricorrere innanzi a questa Corte.
Rispetto alla previgente disciplina che consentiva la proposizione del ricorso per cassazione solo nei confronti dell’ordinanza di archiviazione ed esclusivamente per i casi di nullità previsti dall’art. 127 comma 5 cod. proc. pen., ovvero per l violazione delle norme sulla partecipazione al relativo procedimento camerale, la novella del 2017 ha sia modificato la forma dell’impugnazione prevedendone il reclamo al tribunale monocratico e non più il ricorso per cassazione, sia esteso i casi di proponibilità, essendo il suddetto rimedio esperibile non solo avverso l’ordinanza di archiviazione contraddistinta dal mancato rispetto delle regole volte ad assicurare il contraddittorio della camera di consiglio, ma anche ad alcune ipotesi di nullità del decreto di archiviazione, accomunate dalla violazione di talune prerogative processuali riconosciute alla persona offesa e, in un caso, anche all’indagato, ovvero nell’ipotesi in cui a quest’ultimo non sia stato dato avviso dell richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto (cfr. in motivazione Sez 3, Sentenza n. 41612 del 29/05/2019, Saquella, Rv. 277051).
La riforma, tuttavia, non ha mutato il regime precedente circa la mancata previsione di un rimedio impugnatorio avverso le ipotesi in cui la richiesta di
archiviazione del pubblico ministero sia stata accolta dal giudice per le indagini preliminari, non essendo neanche in precedenza consentita alcuna forma di impugnazione di tale provvedimento se non per far valere le cause di nullità previste dall’art. 127, quinto comma cod. proc. pen., ovverosia per i vizi procedurali specificamente indicati. Conseguentemente il ricorso per cassazione deve ritenersi consentito solo per dedurre l’abnormità dell’atto impugnato e non anche per farne valere l’illegittimità per uno dei vizi elencati nell’art. 606 cod. pro pen. (Sez. 6, Sentenza n. 12244 del 07/03/2019, Fascetto Sivillo, Rv. 275723; Sez. 5, n. 40127 del 09/07/2018, Ferrari, Rv. 273875), come nel caso di specie, in cui la ricorrente denuncia la violazione di legge in ordine all’intervenuta causa di estinzione del reato.
Di recente tuttavia all’interno di tale interpretazione è stato aperto un varco che, in considerazione della peculiare natura dell’ordinanza di archiviazione pronunciata ai sensi dell’art. 131 bis cod. pen., suscettibile di incidere, al pari una sentenza, in via definitiva su situazioni di diritto soggettivo, ha portato questa Corte ad affermare che il suddetto provvedimento, emesso a seguito di opposizione dell’indagato è impugnabile con ricorso per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost (Sez. 5, n. 36468 del 31/05/2023, COGNOME, Rv. 285076; Sez. 3, n. 5454 del 27/10/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284139), sia pure con il temperamento, come da ultimo precisato, dell’allegazione di un interesse concreto ed attuale alla rimozione del provvedimento (Sez. 6, Sentenza n. 611 del 22/11/2023, COGNOME, Rv. 285604).
Essendo stato in tale ultimo arresto puntualizzato come tale interesse debba essere parametrato alle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 ottobre 2018, n. 122, che hanno escluso l’iscrizione dell’ordinanza di archiviazione emessa ai sensi dell’art. 411 cod. proc. pen. nel casellario giudiziario ove il relativo certificato sia richie dal privato, dal datore di lavoro, ovvero sia destinato a pubbliche amministrazioni, non può convenirsi con il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO sull’insussistenza nel caso di specie di un interesse attuale e concreto in capo al ricorrente che, al contrario, ha addotto a fondamento dell’impugnativa, le ricadute del presente provvedimento nella sua situazione personale che non solo sono concrete, essendo stato già destinatario di analogo decreto di archiviazione ex art. 131 bis cod. pen., ma sono anche attuali essendo in corso un procedimento penale dove è chiamato a rispondere per reati della stessa specie, essendo compresi nell’imputazione anche reati di natura edilizia, di quello archiviato nel presente procedimento. E poiché la sua iscrizione nel Casellario giudiziario è destinata a spiegare i suoi effetti nell’ambito de sottosistema definito dalla disposizione ex art. 131-bis cod. pen. è evidente come la stessa potrebbe influire sulla definizione del procedimento ancora in corso, precludendogli il riconoscimento anche in tal caso della causa di non punibilità,
derivando dalla presente archiviazione un’abitualità in reati della stessa indole ostativa ai sensi dell’art. 131 bis quarto comma cod. pen..
Quand’anche l’interpretazione sopra riportata, volta a reintrodurre l’impugnabilità in sede di legittimità di un provvedimento che la riforma del 2017 ha, senza distinzioni di sorta, escluso, possa suscitare qualche perplessità in ragione del fatto che il fondamento normativo individuato, ovverosia l’art. 111 comma settimo della Costituzione, che circoscrive l’esperibilità del ricorso per cassazione “alle sentenze e ai provvedimenti sulla libertà personale”, non sembra attagliarsi ad una tipologia di provvedimenti in cui il periculum libertatis non entr comunque in gioco, va tuttavia rilevato che, anche uniformandosi ad essa e dunque ammettendo l’esperibilità del ricorso innanzi a questa Corte, le doglianze articolate dal ricorrente sotto il duplice profilo del vizio di violazione di l (secondo motivo) e del vizio motivazionale (terzo motivo), pur supportate dall’interesse all’impugnativa, risultano comunque manifestamente infondate.
Ed invero di nessuna carenza motivazionale può essere tacciata l’ordinanza in esame che, benchè con stringata argomentazione, chiarisce come il reato contestato debba ritenersi perfezionato in ragione della tardività dell’autorizzazione paesaggistica conseguita dall’indagato, ovverosia rilasciata successivamente alla constatazione ad opera della PG della modifica dello stato dei luoghi, costituita da ingenti movimentazioni di terra che avevano comportato il rimodellamento di una scarpata. Né entra in gioco per effetto del titolo conseguito, così come sostiene la difesa, la causa di estinzione di cui all’art. 181 d. Igs. 42/2004 posto che il reato in contestazione non è quello paesaggistico previsto dal primo comma della medesima disposizione di legge, bensì quello, così come espressamente qualificato dall’ordinanza impugnata, di cui all’art. 44 d.P.R. 380/2001, rispetto al quale la sanatoria paesaggistica non spiega efficacia. Non possono, del resto, trovare ingresso nella presente sede di legittimità le censure articolate dalla difesa volte ad escludere la creazione di superfici o volumi utili quali, involgendo un apprezzamento di merito, sono sottratte al sindacato di questa Corte.
Il ricorso deve conseguentemente essere dichiarato inammissibile, seguendo a tale esito l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, della somma equitativamente fissata come da dispositivo
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende
Così deciso in data 5.6.2024