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Archiviazione tenuità del fatto: l’impugnazione

La Corte di Cassazione analizza l’impugnazione di un’ordinanza di archiviazione per tenuità del fatto. Un indagato, già destinatario di un provvedimento simile e con un altro procedimento in corso, ricorre sostenendo il proprio interesse a evitare la qualifica di ‘soggetto abituale’. La Corte riconosce l’interesse ad agire, ma dichiara il ricorso inammissibile nel merito, chiarendo che la sanatoria paesaggistica ottenuta tardivamente non estingue il reato edilizio contestato (art. 44 d.P.R. 380/2001), ma solo l’illecito paesaggistico.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Archiviazione tenuità del fatto: quando è possibile l’impugnazione?

L’istituto dell’archiviazione per tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis c.p., rappresenta un importante strumento di deflazione del sistema penale, ma solleva questioni complesse riguardo ai diritti dell’indagato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 35330 del 2024, offre chiarimenti cruciali sulla possibilità di impugnare tale provvedimento e sulla nozione di ‘interesse ad agire’, distinguendo nettamente tra reato edilizio e illecito paesaggistico.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un proprietario terriero indagato per il reato di cui all’art. 44 lett. c) del d.P.R. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia). L’accusa era di aver eseguito, su un terreno soggetto a vincolo paesaggistico, operazioni di estirpazione di vegetazione e di rimodellamento di una scarpata per un’estensione di 185 mq, al fine di aumentare la superficie agricola utilizzabile.

A seguito di opposizione dell’indagato alla richiesta di archiviazione, il Giudice per le Indagini Preliminari (Gip) del Tribunale di Arezzo disponeva l’archiviazione del procedimento per la particolare tenuità del fatto. Il Gip riteneva che, sebbene l’ottenimento postumo dell’attestazione di conformità paesaggistica fosse tardivo, la condotta rientrasse nei limiti della non punibilità.

L’indagato, tuttavia, proponeva ricorso per cassazione, sostenendo di avere un interesse concreto all’annullamento dell’ordinanza. Questo perché si trattava del secondo provvedimento di archiviazione per tenuità del fatto a suo carico per reati della stessa indole, e aveva un altro procedimento penale in corso. La registrazione di questa seconda archiviazione nel casellario giudiziale avrebbe potuto pregiudicarlo, facendolo considerare un ‘soggetto abituale’ e precludendogli in futuro l’applicazione della stessa causa di non punibilità.

Le ragioni del ricorso e l’archiviazione per tenuità del fatto

Il ricorrente lamentava principalmente due aspetti:
1. Violazione di legge: Il Gip non aveva riconosciuto l’estinzione del reato prevista dall’art. 181, comma 1-ter, del d.lgs. 42/2004, che si applica in caso di ottenimento della ‘sanatoria paesaggistica’.
2. Vizio di motivazione: L’ordinanza era illogica nell’affermare che la sanatoria fosse ‘tardiva’ senza fornire una spiegazione adeguata.

La questione centrale, quindi, verteva sulla possibilità di impugnare un’ordinanza di archiviazione per tenuità del fatto e sulla corretta qualificazione giuridica dei fatti.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha affrontato la questione in due passaggi logici: prima ha valutato l’ammissibilità del ricorso sotto il profilo dell’interesse ad agire, poi ha esaminato la fondatezza dei motivi.

L’Interesse Concreto e Attuale a Impugnare

Contrariamente a quanto sostenuto dal Procuratore Generale, la Corte ha riconosciuto la sussistenza di un interesse concreto e attuale del ricorrente a impugnare l’ordinanza. Gli Ermellini hanno affermato che, sebbene le recenti riforme abbiano limitato le impugnazioni avverso i provvedimenti di archiviazione, un’apertura è consentita per le ordinanze ex art. 131-bis c.p. quando queste possono incidere su situazioni di diritto soggettivo.

Nel caso specifico, l’interesse era evidente: la seconda archiviazione per un reato della stessa indole, iscritta nel casellario giudiziale, avrebbe potuto determinare un giudizio di ‘abitualità della condotta’ nel procedimento penale ancora in corso a suo carico. Questo avrebbe potuto precludergli l’applicazione della causa di non punibilità in quel contesto, con conseguenze pratiche negative. L’interesse, quindi, non era meramente eventuale o futuro, ma concreto e attuale.

La Distinzione tra Reato Edilizio e Illecito Paesaggistico

Nonostante il riconoscimento dell’interesse ad agire, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato nel merito. La motivazione del Gip, seppur sintetica, è stata ritenuta corretta.

Il punto cruciale della decisione risiede nella corretta qualificazione del reato. Il reato contestato non era la violazione paesaggistica prevista dall’art. 181 del d.lgs. 42/2004, bensì il reato edilizio di cui all’art. 44 del d.P.R. 380/2001. La Corte ha chiarito che la causa speciale di estinzione legata alla ‘sanatoria paesaggistica’ (art. 181, comma 1-ter) si applica esclusivamente all’illecito paesaggistico e non ha alcuna efficacia estintiva sul reato edilizio, che rimane autonomo e distinto.

Di conseguenza, l’aver ottenuto l’attestazione di conformità paesaggistica dopo la scoperta del reato era irrilevante per il procedimento relativo alla violazione edilizia. L’argomentazione del ricorrente era, pertanto, giuridicamente errata.

Le conclusioni

La sentenza stabilisce due principi di notevole importanza pratica:
1. È ammissibile il ricorso per cassazione contro un’ordinanza di archiviazione per tenuità del fatto quando il ricorrente dimostra un interesse concreto e attuale, come il rischio di subire un pregiudizio in un altro procedimento penale a causa della qualifica di ‘soggetto abituale’.
2. La sanatoria paesaggistica non estingue il reato edilizio. L’illecito previsto dal Testo Unico dell’Edilizia (d.P.R. 380/2001) e quello previsto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004) sono autonomi. La regolarizzazione postuma dell’aspetto paesaggistico non cancella la rilevanza penale dell’intervento edilizio abusivo.

In conclusione, pur aprendo alla possibilità di contestare un’archiviazione potenzialmente pregiudizievole, la Corte ha ribadito la necessità che i motivi di ricorso siano giuridicamente fondati, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali per aver sollevato doglianze infondate.

È possibile impugnare un’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto?
Sì, la Corte di Cassazione conferma che è possibile proporre ricorso per cassazione se l’indagato dimostra di avere un interesse concreto e attuale alla rimozione del provvedimento. Tale interesse sussiste, ad esempio, quando l’archiviazione, essendo la seconda per reati simili, potrebbe creare un pregiudizio in un altro procedimento penale pendente, portando a una valutazione di ‘abitualità della condotta’.

Perché in questo caso l’ottenimento della sanatoria paesaggistica non ha estinto il reato?
Perché il reato contestato era quello edilizio previsto dall’art. 44 del d.P.R. 380/2001, e non l’illecito paesaggistico dell’art. 181 del d.lgs. 42/2004. La sentenza chiarisce che la causa di estinzione speciale legata alla sanatoria paesaggistica si applica solo a quest’ultimo tipo di reato e non ha alcun effetto sull’autonoma violazione edilizia.

Cosa significa avere un ‘interesse concreto ed attuale’ per impugnare un’archiviazione per tenuità del fatto?
Significa dimostrare che il provvedimento di archiviazione produce conseguenze giuridiche negative immediate e non solo ipotetiche. Nel caso esaminato, l’interesse era concreto perché la registrazione della seconda archiviazione nel casellario giudiziale poteva influenzare negativamente la definizione di un altro procedimento penale già in corso a carico della stessa persona, impedendogli di beneficiare nuovamente della non punibilità per tenuità del fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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