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Archiviazione per tenuità del fatto: interesse a ricorrere

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di archiviazione per tenuità del fatto emessa nei confronti di un avvocato per il reato di cui all’art. 388 c.p. La professionista aveva omesso di dichiarare un conto corrente con un saldo irrisorio (€ 35,42). La Corte ha riconosciuto il suo interesse concreto a impugnare il provvedimento per evitare ripercussioni disciplinari, affermando che la palese inconsistenza patrimoniale del bene non dichiarato rende plausibile l’insussistenza del reato stesso per carenza di offensività e di dolo. Il caso è stato rinviato al G.i.p. per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Archiviazione per Tenuità del Fatto: Perché un Professionista Può Impugnarla?

L’istituto dell’archiviazione per tenuità del fatto, previsto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento di deflazione processuale che consente di chiudere procedimenti per reati di minima entità. Tuttavia, questa formula decisoria, pur non essendo una condanna, presuppone che il reato sia stato commesso. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 30631/2024) ha chiarito l’importante questione dell’interesse di un professionista a impugnare tale provvedimento per ottenere un’assoluzione piena, al fine di tutelare la propria reputazione e scongiurare conseguenze disciplinari.

Il Caso: L’Ordinanza di Archiviazione e il Ricorso in Cassazione

Il caso ha origine da un’ordinanza del G.i.p. di un tribunale del Nord Italia, che aveva disposto l’archiviazione per particolare tenuità del fatto nei confronti di un’avvocatessa. L’accusa era quella prevista dall’art. 388 del codice penale (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice), per aver omesso di dichiarare all’ufficiale giudiziario, durante un pignoramento, l’esistenza di un conto corrente con un saldo attivo di appena 35,42 euro.

L’avvocatessa, nonostante l’esito favorevole dell’archiviazione, ha deciso di proporre ricorso per cassazione. La sua difesa ha sostenuto che, esercitando la professione legale da oltre vent’anni, aveva un interesse concreto e attuale a veder accertata la sua completa estraneità ai fatti. Un provvedimento di archiviazione ex art. 131-bis, pur non comparendo sui certificati del casellario richiesti da privati, implica comunque l’avvenuta commissione del reato e potrebbe esporla a sanzioni da parte dell’Ordine professionale.

Interesse ad Impugnare l’Archiviazione per Tenuità del Fatto

La Corte di Cassazione ha preliminarmente riconosciuto la piena legittimità dell’impugnazione. I giudici hanno ribadito un principio consolidato: l’ordinanza di archiviazione per tenuità del fatto è ricorribile in cassazione quando l’indagato allega un interesse concreto e attuale alla sua rimozione. Questo interesse sussiste pienamente nel caso di un professionista, come un avvocato, la cui condotta è soggetta al vaglio di un codice deontologico. L’implicita ammissione della commissione di un reato, anche se tenue, può infatti avere significative ripercussioni sul piano disciplinare.

La Valutazione del Fatto e l’Inconsistenza Patrimoniale

Entrando nel merito della questione, la Corte ha individuato il punto cruciale della decisione del G.i.p.: aver considerato irrilevante l’esiguità della somma non dichiarata (35,42 euro). Secondo il primo giudice, la valutazione sulla pignorabilità dei beni spetta unicamente all’ufficiale giudiziario e non all’indagato.

La Cassazione ha adottato una prospettiva differente, definendo “palese” l’inconsistenza patrimoniale del cespite omesso. Proprio questo elemento, secondo la Corte, rende “oltremodo plausibile” la tesi difensiva di una totale insussistenza del reato. L’esiguità dell’importo, unita all’ampia collaborazione offerta dalla ricorrente per tutti gli altri beni, doveva essere considerata attentamente.

Carenza di Offensività e Dolo: La Necessità di un Nuovo Esame

La sentenza sottolinea la necessità di un esame più approfondito sotto due profili giuridici fondamentali:
1. Carenza di offensività (art. 49 c.p.): L’omessa dichiarazione di un importo così irrisorio ha realmente leso o messo in pericolo l’interesse tutelato dalla norma, ovvero la corretta amministrazione della giustizia?
2. Elemento psicologico (dolo): Il comportamento dell’indagata era supportato dalla volontà cosciente di eludere un provvedimento del giudice, oppure l’omissione può essere spiegata diversamente, data l’irrilevanza della somma?

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Sulla base di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione del G.i.p. fosse carente. Il giudice di merito non aveva adeguatamente ponderato come la palese inconsistenza patrimoniale del bene non dichiarato potesse incidere sia sulla configurabilità oggettiva del reato (sotto il profilo dell’offensività) sia sull’elemento soggettivo del dolo. La collaborazione dimostrata dall’indagata su altri fronti avrebbe dovuto essere un ulteriore elemento di valutazione. Pertanto, la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata, rinviando gli atti al G.i.p. per una nuova e più approfondita deliberazione che tenga conto di questi principi.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa decisione rafforza un importante principio di garanzia per l’indagato. In primo luogo, conferma che l’archiviazione per tenuità del fatto non è una “zona franca” non impugnabile, specialmente quando sono in gioco la reputazione e la carriera professionale. In secondo luogo, ribadisce che il diritto penale deve operare secondo un principio di proporzionalità e offensività: condotte formalmente illecite ma concretamente inoffensive, che non rivelano una reale volontà criminosa, devono essere attentamente vagliate prima di concludere per la sussistenza di un reato, anche se di lieve entità.

Perché un indagato può avere interesse a impugnare un’archiviazione per tenuità del fatto?
Un indagato, specialmente se svolge una professione come quella di avvocato, ha un interesse concreto e attuale a impugnare un’archiviazione per tenuità del fatto per ottenere un’assoluzione piena. Questo perché tale provvedimento, pur non essendo una condanna, presuppone che il reato sia stato commesso e può quindi causare pregiudizi alla reputazione e innescare procedimenti disciplinari.

L’omessa dichiarazione di un bene di valore irrisorio costituisce sempre reato?
Non necessariamente. Secondo la Corte di Cassazione, la “palese inconsistenza patrimoniale” di un bene non dichiarato (nel caso di specie, 35,42 euro) è un elemento cruciale che può rendere plausibile l’insussistenza del reato. Il giudice deve valutare se una tale omissione manchi di offensività concreta e se sia effettivamente supportata dall’intenzione di commettere il reato (dolo).

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione in questo caso?
La Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di archiviazione e ha rinviato il caso al Giudice per le indagini preliminari. Quest’ultimo dovrà effettuare una nuova valutazione, considerando specificamente se il comportamento dell’indagata possa essere ritenuto non punibile per carenza di offensività (art. 49 c.p.) e rivalutando la sussistenza dell’elemento psicologico del dolo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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