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Archiviazione 131 bis: inammissibile ricorso assertivo

Un direttore dei lavori impugna in Cassazione la propria archiviazione ex art. 131 bis c.p., sostenendo la sua completa innocenza e addebitando gli abusi edilizi al solo committente. La Corte Suprema dichiara il ricorso inammissibile perché generico e non supportato da prove adeguate, violando il principio di autosufficienza. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Archiviazione ex art. 131 bis c.p.: Quando il Ricorso è Inammissibile?

L’istituto dell’archiviazione ex art. 131 bis c.p. per particolare tenuità del fatto rappresenta uno strumento di deflazione processuale, ma può non soddisfare l’indagato che mira a un’assoluzione piena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato il caso di un direttore dei lavori che, pur beneficiando di tale archiviazione, ha impugnato il provvedimento per dimostrare la sua totale estraneità ai fatti. La decisione finale della Corte offre importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità del ricorso in questi casi.

I Fatti del Caso: L’Archiviazione per Tenuità del Fatto

Il Giudice per le Indagini Preliminari (Gip) del tribunale di Potenza aveva disposto l’archiviazione per particolare tenuità del fatto di un procedimento a carico di un direttore dei lavori. Le accuse riguardavano diversi reati, tra cui abusi edilizi, occupazione abusiva di demanio e falsità ideologica in certificati. L’indagato, tuttavia, non si è accontentato di questa conclusione. Sostenendo di avere un interesse legittimo a veder riconosciuta la propria completa innocenza, ha presentato ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso: Distinguere le Responsabilità

Nel suo ricorso, il professionista ha argomentato che il suo ruolo si era limitato alla realizzazione di opere minori (una recinzione e due cancelli) conformi a una regolare Scia del 2019. Secondo la sua difesa, ogni successiva opera abusiva, che aveva dato origine al procedimento, era stata realizzata esclusivamente dal proprietario dell’immobile dopo la conclusione del suo incarico. A supporto di questa tesi, il ricorrente menzionava un sopralluogo del 2021 e un’ordinanza di demolizione emessa solo nei confronti del proprietario. Inoltre, contestava che l’accusa di falso ideologico (art. 481 c.p.) fosse stata ipotizzata solo dal Gip e non fosse a lui ascrivibile.

La Decisione della Cassazione: Un ricorso che pecca di autosufficienza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un punto cruciale della procedura penale: il principio di autosufficienza del ricorso. I giudici hanno ritenuto le argomentazioni del ricorrente meramente assertive, ovvero affermate ma non provate. Il ricorso, infatti, non conteneva allegazioni concrete e documenti a supporto che potessero dimostrare la netta separazione tra le opere da lui dirette e quelle realizzate successivamente dal committente. Le doglianze sono state qualificate come critiche alle motivazioni del provvedimento impugnato, un tipo di contestazione non ammissibile in sede di legittimità quando il ricorso è limitato alla sola violazione di legge.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito che, sebbene l’ordinanza di archiviazione ex art. 131 bis c.p. sia impugnabile per cassazione, il ricorso deve essere strutturato in modo rigoroso. Il ricorrente ha l’onere di fornire alla Corte tutti gli elementi necessari per valutare la presunta violazione di legge, senza che i giudici debbano cercare prove in altri atti. In questo caso, mancava la prova della ‘discrasia’ tra quanto realizzato dal direttore dei lavori e quanto modificato in seguito dal committente. Le affermazioni del difensore, per quanto articolate, sono rimaste semplici dichiarazioni prive del necessario corredo probatorio che ne dimostrasse la fondatezza. Di conseguenza, non è emersa alcuna violazione di legge, ma solo un tentativo di riesaminare il merito della vicenda, precluso in Cassazione.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un principio fondamentale: l’interesse a ottenere un’assoluzione piena anziché un’archiviazione per tenuità del fatto deve essere supportato da un ricorso impeccabile sotto il profilo tecnico-giuridico. Non basta affermare la propria innocenza; è indispensabile fornire alla Corte Suprema gli strumenti per verificarla sulla base degli atti, nel pieno rispetto del principio di autosufficienza. La declaratoria di inammissibilità ha comportato per il ricorrente non solo la conferma dell’archiviazione, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle Ammende, a causa della colpa nel presentare un ricorso privo dei requisiti di legge.

È possibile impugnare un’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto?
Sì, la sentenza conferma che l’ordinanza di archiviazione emessa ex art. 411, comma 1-bis, c.p.p. a seguito di opposizione dell’indagato è impugnabile con ricorso per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, della Costituzione.

Perché il ricorso del direttore dei lavori è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto meramente assertivo e in violazione del principio di autosufficienza. Il ricorrente ha fatto delle affermazioni sulla sua estraneità ai fatti senza allegare la documentazione necessaria a provare le sue tesi, trasformando il ricorso in una critica alle motivazioni del giudice, non ammissibile in sede di legittimità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, poiché si è ritenuto che abbia presentato il ricorso con colpa, determinando una causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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