Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 32186 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 32186 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME n. a Marsicovetere il 02/02/1981; avverso la ordinanza del 10/04/2025 del tribunale di Potenza; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dr.ssa NOME COGNOME che ha concluso chiedendo di dichiarare l’inammissibilità del ricorso; NOME COGNOME che ha insistito per raccoglimento del ricorso con annullamento della ordinanza impugnata nella lette le dichiarazioni del difensore, aw.to parte relativa al ricorrente.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza di cui in epigrafe, il Gip del tribunale di Potenza ha archiviato per la tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p. il procedimento a carico di COGNOME NOME, in ordine al reato ex artt. 481 c.p., 633 639 bis c.p., e 44 DPR 380/01.
Avverso la suindicata pronuncia COGNOME NOME propone, mediante il proprio difensore, ricorso per cassazione, attraverso un solo motivo di impugnazione.
Deduce il vizio di violazione di legge. Premesso l’interesse del ricorrente ad ottenere la prosecuzione del processo per dimostrare la propria innocenza piuttosto che l’archiviazione ai sensi dell’art. 131 bis c.p., si sostiene che i Satriano, quale direttore dei lavori, sarebbe stato interessato solo alla realizzazione di una recinzione e due cancelli conformi a regolare Scia del 2019. Quanto poi realizzato dal titolare delle opere dopo la chiusura dei predetti lavori non potrebbe essere ascritto al ricorrente. Si aggiunge che dimostrerebbero la estraneità a quanto sopra indicato, del ricorrente, oltre ad una memoria del difensore del proprietario delle opere, anche un sopralluogo del 2021 e la sopraggiunta ordinanza di demolizione riguardante solo il predetto titolare. Peraltro il PM avrebbe proceduto contro il ricorrente solo in ordine a reati edilizi e di abusiva occupazione del demanio e non per il reato ex art. 481 c.p. ipotizzato dal Gip e comunque a lui non ascrivibile. Si contesta poi che ogni accertamento risalirebbe a un anno dalla chiusura dei lavori e come tale non potrebbe fondare alcuna responsabilità per il ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Si premette che l’ordinanza di archiviazione per particolare tenuità del fatto emessa, ex art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen., a seguito di opposizione dell’indagato, è impugnabile con ricorso per cassazione per violazione di legge, ai sensi dell’art. 111, settimo comma, Cost. (In motivazione, la Corte ha precisato che tale ordinanza, pur non avendo forma di sentenza, ha carattere decisorio e capacità di incidere, in via definitiva, su situazioni di diritt soggettivo, sicchè, non essendo previsto alcun altro mezzo di impugnazione, è ricorribile per cassazione). (Sez. 5, n. 36468 del 31/05/2023, Tramo, Rv. 285076 – 01).
Il ricorso è inammissibile. E’ meramente assertivo in ogni profilo prospettato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, in assenza di ogni dovuta allegazione di supporto: tanto quanto alla asserita delimitazione delle ipotesi di reato ascritte all’indagato, che secondo il giudice, alla luce della ordinanza impugnata, riguardano sia il reato edilizio che l’occupazione arbitraria del demanio che il reato ex art. 481 c.p., nonché in ordine alla asserita prova
della discrasia tra quanto realizzato dal ricorrente su incarico del committent quanto poi modificato e trasformato dopo la chiusura dei lavori, dal sol committente. In tale quadro, nessuna violazione di legge, come proposta, emerge, laddove, piuttosto, le argomentazioni proposte oltre ad essere assertiv appaiono integrare critiche motivazionali, inammissibili in questa sede, alla l del principio citato in premessa.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertant che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le sp procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale i data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione del causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somm determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa de Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell Ammende
Così deciso in Roma, il 10 settembre 2025.