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Appropriazione indebita: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per appropriazione indebita aggravata per non aver restituito un automezzo. L’inammissibilità deriva dal fatto che il ricorso si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, risultando generico e non specifico. La Corte ha confermato la corretta qualificazione del reato, individuando la condotta dell’imputato come una chiara ‘interversio possessionis’, ovvero l’intenzione di comportarsi come proprietario del bene altrui.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appropriazione Indebita: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’appropriazione indebita è un reato che si configura quando un soggetto, che ha la legittima disponibilità di un bene altrui, decide di farlo proprio, comportandosi come se ne fosse il legittimo proprietario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione non solo sulla sostanza di questo reato, ma anche sui requisiti formali di un ricorso, chiarendo perché la mera ripetizione di argomenti già esaminati porti a una inevitabile dichiarazione di inammissibilità.

I Fatti del Caso: La Mancata Restituzione dell’Automezzo

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per il reato di appropriazione indebita aggravata, confermata sia in primo grado dal Tribunale di Modena sia in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bologna. L’imputato era accusato di non aver restituito un automezzo di cui aveva la temporanea disponibilità. La sua condotta era stata chiara: dopo aver omesso la restituzione, aveva inizialmente fornito una giustificazione poco credibile per poi rendersi definitivamente irreperibile. Questo comportamento è stato interpretato dai giudici di merito come una chiara manifestazione della volontà di appropriarsi del veicolo.

Il Ricorso per Cassazione e l’Errore di Riferimento Normativo

Contro la sentenza della Corte d’Appello, la difesa dell’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e vizi di motivazione. È interessante notare come nel motivo di ricorso venisse erroneamente indicato l’art. 640 del codice penale (truffa), anziché l’art. 646 (appropriazione indebita), norma per la quale era effettivamente avvenuta la condanna. Al di là di questo errore formale, il fulcro del ricorso contestava la qualificazione giuridica della condotta.

L’Inammissibilità del Ricorso per Genericità e Ripetitività

La Suprema Corte ha tuttavia stroncato sul nascere le argomentazioni difensive, dichiarando il ricorso inammissibile. La ragione fondamentale risiede nel fatto che i motivi proposti non erano altro che una pedissequa reiterazione di quanto già dedotto e puntualmente respinto nel giudizio d’appello. La Cassazione ha sottolineato che un ricorso, per essere ammissibile, deve assolvere una funzione di critica argomentata contro la sentenza impugnata, e non limitarsi a riproporre le stesse lamentele. Un ricorso che non si confronta specificamente con le ragioni della decisione di secondo grado è considerato non specifico, ma solo ‘apparente’.

Le Motivazioni: La Corretta Qualificazione della Condotta di Appropriazione Indebita

I giudici di legittimità hanno confermato la bontà della motivazione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva correttamente identificato tutti gli elementi del reato di appropriazione indebita. La condotta materiale, definita come interversio possessionis, si era manifestata palesemente attraverso il comportamento uti dominus (cioè, ‘come se fosse il proprietario’) dell’imputato. L’omessa restituzione, le scuse inverosimili e la successiva irreperibilità hanno costituito prove inequivocabili non solo dell’appropriazione materiale, ma anche dell’elemento soggettivo del reato, ossia la volontà di sottrarre definitivamente il bene al suo legittimo proprietario.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

La decisione in esame ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti, ma un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge e sulla coerenza della motivazione. Un ricorso che si limita a ripetere le stesse doglianze già respinte, senza individuare vizi specifici nella sentenza d’appello, è destinato all’inammissibilità. Questa pronuncia serve da monito: la difesa deve articolare critiche precise e pertinenti alla decisione impugnata. In caso contrario, il risultato non sarà solo la conferma della condanna, ma anche l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.

Cosa si intende per appropriazione indebita nel caso specifico?
Per appropriazione indebita si intende la condotta di chi, avendo ricevuto un automezzo, non lo restituisce al proprietario, adducendo giustificazioni inverosimili e rendendosi poi irreperibile. Questo comportamento manifesta la volontà di impossessarsi del bene come se fosse proprio.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte d’Appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza di secondo grado.

Cosa significa ‘interversio possessionis’ in questo contesto?
Significa il cambiamento dell’intenzione del soggetto, che passa dal detenere legittimamente il veicolo per conto di altri a comportarsi come se ne fosse il vero proprietario (‘uti dominus’), manifestando la volontà di non restituirlo più.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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