Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18849 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18849 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 11/01/1969
avverso la sentenza del 07/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso; uditi i difensori:
Avv. NOME COGNOME per la parte civile, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso, depositando comparsa conclusionale e nota delle spese;
Avv. NOME COGNOME per il ricorrente, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma, parzialmente riformando la sentenza del Tribunale di Roma, emessa il 6 ottobre 2020, ha dichiarato di non doversi procedere nei confronti del ricorrente in ordine al reato
di appropriazione indebita ascrittogli, perché estinto per prescrizione, confermando le statuizioni in favore della parte civile COGNOME NOME.
Il ricorrente era stato condannato in primo grado per essersi appropriato di una somma di danaro acquisita quale prezzo della compravendita di un motociclo di proprietà della parte civile che glielo aveva consegnato a questo fine.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo, ai soli effetti civili, violazione di legge e vizio di motivazione per non avere la Corte di appello valutato adeguatamente lo stato di buona fede del ricorrente, il quale, pur incaricato dalla parte civile di vendere la motocicletta di proprietà di quest’ultima, l’avrebbe ceduta ad una concessionaria, da lui indicata al dibattimento, per effettuare la transazione, agendo con leggerezza nel non documentare tale consegna a terzi.
La prova di tale assunto difensivo doveva ricavarsi dalla circostanza che il ricorrente non aveva partecipato alla vendita del mezzo ed, in questo senso, la Corte di appello avrebbe dovuto disporre la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale finalizzata all’espletamento di una perizia sulla firma apposta sul contratto di vendita, solo apparentemente riconducibile all’imputato, tanto più che non sarebbe stato accertato al dibattimento con quale mezzo di pagamento fosse stata effettuata la transazione, essendo stato acquisito agli atti un assegno bancario recante una somma differente rispetto a quella indicata dalla acquirente del motociclo ed intestato a persona diversa dal ricorrente mai escussa al processo.
Che la vendita, infine, fosse stata effettuata da un terzo non proprietario, sarebbe provato dal fatto che essa era avvenuta senza continuità nelle trascrizioni ed anche questo dato, non considerato dalla Corte di appello, militerebbe a favore della tesi difensiva, così come quello inerente alla diversa data di perfezionamento della vendita rispetto a quella nella quale la persona offesa, secondo le sue dichiarazioni, aveva consegnato i documenti del mezzo al ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivo non consentito.
Il ricorrente non ha contestato di aver ricevuto il motociclo dalla persona offesa affinché venisse venduto, lavorando egli nel settore di interesse. Ha sostenuto di aver ceduto con leggerezza il mezzo a terzi, disinteressandosi della successiva vendita a lui non riconducibile tanto quanto il mancato pagamento del prezzo ai proprietario.
2. La Corte di appello, con valutazioni di merito non manifestamente illogiche e conformi a quelle espresse dal giudice di primo grado, non ha ritenuto
credibile la tesi difensiva, in quanto non corroborata da alcuna specifica indicazione in grado di consentire la identificazione del terzo soggetto al quale
l’imputato aveva, per suo dire, consegnato il mezzo, circostanza, peraltro, mai documentata attraverso una prova scritta e mai riferita alla persona offesa, le cui
dichiarazioni sono state ritenute credibili.
Inoltre, la firma sul contratto di vendita del veicolo indicava l’imputato ed era stata autenticata attraverso i dati di un suo documento che soltanto
l’interessato avrebbe potuto consegnare all’agenzia di disbrigo pratiche che si era occupata della vendita del mezzo, avvenuta senza la presenza fisica del
ricorrente, circostanza ritenuta dalla Corte, con degne giustificazioni, ancor più
sintomatica della sua malafede.
Nel che, il coerente rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, del quale ci si duole in ricorso.
Tanto assorbe e supera le ulteriori argomentazioni difensive, inevitabilmente relegate, come le altre, al merito del giudizio e, per questo, non proponibili in questa sede.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità, nonché al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile come indicate nel dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME Fernando, che liquida in complessivi euro 2500,00 oltre accessori di legge.
Così deciso, il 25/03/2025.