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Appropriazione indebita: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per appropriazione indebita di ceste per il trasporto di pane. La difesa sosteneva che il contratto prevedesse il trasferimento di proprietà dei beni e contestava la legittimità della querela. La Corte ha ribadito che l’interpretazione del contratto è una questione di fatto riservata ai giudici di merito e che i motivi del ricorso erano generici e ripetitivi, confermando la decisione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appropriazione indebita: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

Il reato di appropriazione indebita è una fattispecie che si configura quando un soggetto, che ha il possesso di un bene altrui, decide di trattarlo come se fosse proprio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sui limiti del giudizio di legittimità e sulla necessità di formulare motivi di ricorso specifici e non meramente ripetitivi. Analizziamo insieme questo caso per comprendere meglio i principi applicati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: La Disputa sulle Ceste per il Pane

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un imprenditore per l’appropriazione indebita di 500 ceste destinate al trasporto di pane. In primo grado, il Tribunale lo aveva condannato a sei mesi di reclusione, oltre alla pena pecuniaria, per essersi impossessato illecitamente di questi beni, con l’aggravante della rilevanza del danno e dell’abuso di prestazione d’opera.

In secondo grado, la Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la sentenza: pur confermando la responsabilità penale, aveva escluso le aggravanti e ridotto la pena a quattro mesi di reclusione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Non soddisfatto della decisione, l’imputato ha presentato ricorso per Cassazione basandosi su tre argomenti principali:

1. Errata interpretazione del contratto: Secondo la difesa, i giudici di merito avevano sbagliato a qualificare il rapporto come un semplice contratto d’appalto. Si trattava, invece, di un negozio giuridico misto e complesso (che includeva mediazione, appalto e somministrazione) dal quale derivava il trasferimento della proprietà delle ceste all’imprenditore. Di conseguenza, non si poteva configurare l’appropriazione di un bene proprio.
2. Difetto di legittimazione alla querela: La difesa sosteneva che la società che aveva sporto querela non ne avesse il diritto. L’atto di cessione delle ceste a tale società era avvenuto, a loro dire, quando le ceste costituivano già corpo del reato e la transazione era fittizia, finalizzata unicamente a permettere la presentazione della querela.
3. Mancata concessione della pena sostitutiva: L’imputato lamentava che i giudici d’appello non avessero sostituito la pena detentiva con una pena pecuniaria, nonostante la richiesta formulata.

Le Motivazioni della Cassazione: Perché il ricorso sull’appropriazione indebita è stato respinto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando punto per punto le argomentazioni della difesa con motivazioni chiare e rigorose.

In primo luogo, riguardo all’interpretazione del contratto, la Suprema Corte ha ricordato un principio fondamentale: l’interpretazione della volontà delle parti è una quaestio facti (una questione di fatto), di esclusiva competenza dei giudici di merito. Il sindacato della Cassazione è limitato ai soli casi di motivazione assente, manifestamente illogica o contraddittoria, vizi che nel caso di specie non sussistevano. I giudici di primo e secondo grado avevano fornito una lettura logica e coerente del contratto come appalto di servizi, senza alcun trasferimento di proprietà delle ceste. Riproporre la stessa tesi già rigettata, senza una critica argomentata alla sentenza d’appello, rende il motivo generico e, quindi, inammissibile.

Anche il secondo motivo, relativo alla legittimazione a sporgere querela, è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha chiarito che il consorzio querelante aveva legittimamente acquisito la proprietà delle ceste per poterne chiedere la restituzione in nome proprio, dopo le inadempienze dell’imputato. Al momento della cessione, le ceste non erano ancora formalmente ‘corpo del reato’ e il consorzio, in qualità di proprietario, era l’unico soggetto legittimato a denunciare l’ appropriazione indebita.

Infine, la Corte ha smentito il terzo motivo. Grazie alla possibilità di esaminare gli atti processuali, ha verificato che la difesa, in primo grado, aveva richiesto genericamente i ‘benefici di legge’, ottenendo la sospensione condizionale della pena. Pertanto, la tesi secondo cui il beneficio era stato concesso senza richiesta era errata, e la mancata concessione della pena sostitutiva in appello era legittima.

Le Conclusioni: Lezioni Pratiche dalla Sentenza

Questa sentenza ribadisce alcuni concetti cruciali in materia di procedura penale. Innanzitutto, il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. I motivi devono essere specifici e criticare eventuali errori di diritto commessi dai giudici precedenti, non limitarsi a riproporre le stesse argomentazioni. La genericità e la ripetitività portano inesorabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Inoltre, la decisione conferma che la valutazione dei contratti e delle prove è prerogativa dei giudici di merito, a meno di vizi logici evidenti. Infine, il caso dimostra come la Corte di Cassazione possa accedere agli atti per verificare la fondatezza di determinate censure procedurali, smentendo affermazioni difensive non corrispondenti al vero.

È possibile contestare in Cassazione l’interpretazione di un contratto fatta dai giudici di merito?
No, l’interpretazione di un contratto è considerata una ‘questione di fatto’ (quaestio facti), la cui valutazione spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione può intervenire solo se la motivazione della sentenza impugnata è assente, palesemente illogica o contraddittoria, ma non può sostituire la propria interpretazione a quella dei giudici di merito.

Chi è legittimato a sporgere querela per il reato di appropriazione indebita?
È legittimato a sporgere querela il proprietario del bene oggetto del reato. La sentenza chiarisce che un soggetto può legittimamente acquisire la proprietà di un bene, anche nel corso di un rapporto contrattuale problematico, proprio al fine di poterne chiedere la restituzione e, in caso di mancata restituzione, sporgere querela per appropriazione indebita.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché i motivi erano generici e ripetitivi. La difesa si è limitata a riproporre le stesse tesi già respinte dalla Corte d’Appello, senza formulare una critica specifica e argomentata contro le motivazioni di quella sentenza. Questo comportamento viola i requisiti di specificità del ricorso previsti dal codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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