Appropriazione Indebita: Quando il Ricorso in Cassazione è Solo Apparente
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce importanti chiarimenti sul reato di appropriazione indebita e sui requisiti di ammissibilità del ricorso. Il caso riguarda un professionista che, dopo aver incassato somme per conto di una cliente, non le ha restituite all’erede legittima dopo il decesso della titolare. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando un principio fondamentale: la mera riproposizione dei motivi di appello, senza una critica specifica alla sentenza impugnata, rende l’impugnazione inefficace.
I Fatti del Caso: L’incasso e la Mancata Consegna
La vicenda ha origine quando un avvocato incassa una somma di denaro erogata da un ente pubblico e destinata a una sua assistita. Successivamente, la donna decede. L’erede legittima, venuta a conoscenza dell’incasso, chiede formalmente al professionista la restituzione delle somme di sua spettanza. Di fronte al rifiuto, scatta la denuncia che porta alla condanna dell’avvocato per il reato di appropriazione indebita ai sensi dell’art. 646 del Codice Penale.
Il Ricorso e la Difesa dell’Imputato
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali. In primo luogo, contestava la sussistenza stessa del reato, sostenendo la mancanza dell’elemento dell'”altruità” del denaro. In secondo luogo, lamentava un’erronea valutazione delle prove da parte dei giudici di merito. Secondo la sua tesi, l’operato era legittimo e non vi era prova della sua consapevolezza riguardo alla posizione dell’erede.
Le Motivazioni della Cassazione: Inammissibilità per Genericità
La Corte di Cassazione ha rigettato completamente la linea difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno evidenziato come i motivi presentati non fossero altro che una “pedissequa reiterazione” di quelli già esaminati e respinti dalla Corte d’Appello. Un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere una critica argomentata e specifica contro la decisione impugnata, non limitarsi a ripetere le stesse difese.
Il Principio dell’Altruità del Denaro
La Corte ha confermato la corretta valutazione dei giudici di merito sul punto cruciale dell’altruità del denaro. Sebbene l’avvocato avesse riscosso le somme senza una valida procura dall’erede, l’operato era stato successivamente ratificato dalla stessa. Questa ratifica ha reso l’erede l’unica titolare del diritto a ricevere il denaro. Di conseguenza, le somme in possesso dell’avvocato erano a tutti gli effetti “altrui” e andavano consegnate alla parte offesa.
La Consapevolezza e il Dolo dell’Imputato
La Cassazione ha inoltre ribadito la piena consapevolezza dell’imputato. Era stato provato che l’erede aveva formalmente richiesto il pagamento del debito, dimostrando così che l’avvocato era a conoscenza dei suoi diritti. La Corte ha anche menzionato la presenza di condotte fraudolente e dolose, come la predisposizione di documenti falsi, che rafforzavano ulteriormente l’elemento soggettivo del reato.
Le Conclusioni: Quando un Ricorso Diventa “Apparente”?
Questa ordinanza è un monito importante sull’onere di specificità dei ricorsi in Cassazione. Non è sufficiente dissentire dalla decisione precedente; è necessario smontare analiticamente il ragionamento giuridico del giudice d’appello. Quando un ricorso si limita a ripetere argomenti già vagliati, senza confrontarsi con le motivazioni della sentenza che contesta, viene considerato “non specifico ma soltanto apparente”. La conseguenza è la declaratoria di inammissibilità, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione ribadisce la solidità dei principi che regolano il reato di appropriazione indebita, specialmente in contesti delicati come la gestione di fondi destinati a eredi.
Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per genericità dei motivi?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando si limita a ripetere le argomentazioni già presentate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza formulare una critica specifica e argomentata contro la motivazione della sentenza che si sta impugnando.
Commette appropriazione indebita l’avvocato che incassa somme per un cliente defunto e non le consegna all’erede?
Sì. Secondo la Corte, il denaro incassato appartiene legalmente all’erede. Anche se l’incasso è avvenuto senza una procura formale, la successiva richiesta di pagamento da parte dell’erede (ratifica) conferma che le somme sono “altrui”. Trattenerle integra il reato di appropriazione indebita.
Cosa significa il requisito dell'”altruità” nel reato di appropriazione indebita?
Significa che il denaro o il bene mobile di cui ci si impossessa deve appartenere legalmente a un’altra persona. Nel caso specifico, le somme erogate dal Ministero, una volta incassate dal professionista, erano di proprietà dell’erede della defunta e non dell’avvocato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30202 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30202 Anno 2024
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/01/2024 RAGIONE_SOCIALE CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME,
Ritenuto che il primo e il secondo motivo di ricorso, con i quali si contesta la sussist degli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 646 cod. pen. e l’erronea valutazi prova, in relazione all’individuazione RAGIONE_SOCIALE parte offesa del reato quale legittimo avente all’eredità, sono indeducibili perché fondati su motivi che si risolvono nella pedis reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito parte in cui evidenzia che: a) sussiste il presupposto dell’altruità del denaro in q l’imputato ha, sì, riscosso le somme erogate dal RAGIONE_SOCIALE senza una vali procura da parte di chi era erede dell’originaria titolare delle somme, tuttavia il suo ope stato, in seguito, ratificato da parte di COGNOME NOMENOME erede del de cuius e chi ne doveva rispondere verso il RAGIONE_SOCIALE era proprio quest’ultima; b) l’imputato era consapevole del che COGNOME NOME NOME chiamata all’eredità di COGNOME NOME NOME quanto la prima, nell addotta qualità di erede, aveva richiesto il pagamento del debito insorto in capo all’AVV_NOTAIO per aver ricevuto una somma intestata alla stessa defunta e che, in ogni caso, ricorrente aveva commesso condotte fraudolente e dolose, anche con la predisposizione di documenti falsi rispetto all’erede apparente al quale avrebbe dovuto comunque dar conto;
che, per tale ragione, gli stessi motivi devono considerarsi non specifici ma solta apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argoment avverso la sentenza oggetto di ricorso, con la conseguente declaratoria di inammissibili dell’impugnazione dalla quale conseguono le altre statuizioni accessorie;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e RAGIONE_SOCIALE somma di euro tremila in favore RAGIONE_SOCIALE Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 2 luglio 2024