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Appropriazione indebita: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un inquilino condannato per appropriazione indebita di arredi dall’appartamento in affitto. L’inammissibilità è stata motivata dalla non specificità dei motivi, che reiteravano argomentazioni già respinte, e dall’infondatezza della richiesta di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, data l’entità del danno economico quantificato in cinquemila euro.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appropriazione indebita e ricorso inammissibile: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha affrontato un caso di appropriazione indebita commesso da un inquilino ai danni del proprietario dell’immobile. La decisione chiarisce importanti principi sulla specificità dei motivi di ricorso e sui limiti di applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo insieme i dettagli di questa pronuncia per comprenderne la portata.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine dalla denuncia sporta dal proprietario di un appartamento, il quale lamentava la sottrazione di parte degli arredi presenti nell’immobile al momento della locazione. L’imputato, ex inquilino dell’appartamento, veniva condannato per il reato di appropriazione indebita ai sensi dell’art. 646 del codice penale. A supporto dell’accusa, la persona offesa aveva prodotto dei video che mostravano gli arredi presenti prima e dopo la locazione. L’imputato, a seguito della conferma della condanna in appello, decideva di presentare ricorso per Cassazione.

L’Ordinanza della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda sull’analisi di due distinti motivi di ricorso, entrambi ritenuti infondati.

Le Motivazioni: il ricorso per appropriazione indebita generico e ripetitivo

Il primo motivo di ricorso contestava la correttezza della motivazione della sentenza di condanna. La Cassazione lo ha giudicato ‘indeducibile’ perché si risolveva in una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già presentati e respinti dalla Corte d’Appello. In altre parole, il ricorrente non ha introdotto nuovi e specifici vizi logico-giuridici della sentenza impugnata, ma si è limitato a riproporre le stesse difese.

La Corte ha sottolineato come la motivazione della Corte di merito fosse solida, basandosi su elementi chiari:
1. L’esistenza del contratto di locazione.
2. La deposizione della vittima, che ha lamentato la sottrazione degli arredi.
3. Le prove video che confermavano la presenza dei mobili nell’appartamento.
4. L’attendibilità della persona offesa, la cui credibilità non è stata scalfita dall’imputato, il quale non ha fornito una ricostruzione alternativa dei fatti. Inoltre, la mancata costituzione di parte civile della vittima è stata vista come un indice di assenza di uno specifico interesse economico nel processo penale, rafforzando la genuinità della sua testimonianza.

Un ricorso per Cassazione deve quindi svolgere una critica argomentata e puntuale contro la sentenza, non può essere una semplice ripetizione di doglianze già esaminate.

Le Motivazioni: la non applicabilità della particolare tenuità del fatto

Il secondo motivo di ricorso verteva sulla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., che prevede la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Anche questa censura è stata ritenuta manifestamente infondata.

La Corte ha evidenziato che la motivazione della sentenza d’appello era logica e coerente nel negare tale beneficio. Il giudice di merito aveva infatti quantificato il danno patrimoniale arrecato alla persona offesa in cinquemila euro. Un importo considerato ‘rilevante’ e, come tale, ostativo al riconoscimento della particolare tenuità dell’offesa. Per la Cassazione, quindi, un danno di tale entità esclude a priori che il fatto possa essere considerato ‘tenue’.

Conclusioni: implicazioni pratiche della decisione

Questa ordinanza offre due importanti spunti di riflessione. In primo luogo, ribadisce un principio fondamentale del giudizio di legittimità: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio nel merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla logicità della motivazione. I motivi devono essere specifici e criticare puntualmente le argomentazioni della sentenza impugnata, non limitarsi a riproporle. In secondo luogo, la pronuncia conferma che la valutazione della ‘particolare tenuità del fatto’ passa anche attraverso una concreta analisi dell’entità del danno economico. Un pregiudizio patrimoniale significativo, come quello di cinquemila euro nel caso di specie, è sufficiente a escludere l’applicazione di questa causa di non punibilità, anche in assenza di altri indicatori di gravità.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile per non specificità?
Un ricorso è considerato non specifico, e quindi inammissibile, quando si limita a ripetere le stesse argomentazioni già presentate e respinte nei precedenti gradi di giudizio, senza formulare una critica argomentata e puntuale contro le specifiche ragioni della decisione impugnata.

Perché il reato di appropriazione indebita non è stato considerato di ‘particolare tenuità’?
La richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata respinta perché il danno economico causato alla vittima è stato quantificato in cinquemila euro, una somma ritenuta ‘rilevante’ e quindi incompatibile con la nozione di ‘tenuità’ dell’offesa prevista dalla legge.

L’assenza della parte civile nel processo ha influito sulla decisione?
Sì, indirettamente. La Corte ha considerato la mancata costituzione di parte civile della persona offesa come un elemento a supporto della sua attendibilità, in quanto dimostrava l’assenza di uno specifico interesse economico nel giudizio, rafforzando la genuinità della sua testimonianza contro l’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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