Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27169 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27169 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Mergo il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 12/01/2024 della Corte di Appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato, il ricorso e le memorie RAGIONE_SOCIALE parti; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udite le conclusioni del difensore della parte civile, AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso e depositato comparsa conclusionale e nota spese;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, a mezzo del suo difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 12 gennaio 2024 con la quale la Corte di Appello di Roma, ha confermato la sentenza emessa in data 26 ottobre 2022, con cui il Tribunale di Roma lo ha condannato alla pena di anni 1 di reclusione ed euro 500,00 di multa in relazione al reato di cui agli artt. 61 n. 11 e 646 cod. pen.
Il ricorrente, con il primo motivo di impugnazione, lamenta violazione degli artt. 120 cod. proc. pen., 646 cod. pen. e 117 d.l.gs. 209/2006.
I giudici di appello avrebbero erroneamente ritenuto NOME COGNOME e NOME COGNOME persone offese del reato di appropriazione indebita e, quindi, soggetti legittimati a sporgere querela nei confronti del COGNOME, senza tenere conto che i predetti erano esclusivamente soggetti civilmente danneggiati dovendo rifondere le somme indebitamente trattenute dall’imputato alla società RAGIONE_SOCIALE, unica titolare del patrimonio leso dal reato rubricato.
La difesa ha, in proposito, evidenziato che l’effettiva titolarità RAGIONE_SOCIALE somme presenti sul conto corrente, formalmente intestato alla società RAGIONE_SOCIALE, era della società RAGIONE_SOCIALE e che le somme di cui al capo di imputazione non sono mai pervenute su tale conto corrente.
I NOME COGNOME, pertanto, non sarebbero proprietari o detentori RAGIONE_SOCIALE somme di cui si è appropriato il COGNOME in quanto le stesse, che dovevano essere versate nel conto separato a loro intestato, costituirebbero patrimonio autonomo rispetto a quello dell’intermediario.
Il ricorrente, con il secondo motivo di impugnazione, lamenta inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 62-bis cod. pen. nonché carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche.
La Corte territoriale, con motivazione apparente, fondata su mere formule di stile, avrebbe rigettato la richiesta difensiva esclusivamente in considerazione della assenza di elementi favorevoli alla mitigazione della pena, senza indicare gli elementi logico-fattuali posti a fondamento di tale affermazione e senza tenere conto dell’età avanzata e dell’incensuratezza dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRMO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni che seguono.
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte territoriale, con percorso argomentativo ineccepibile, ha affermato come NOME COGNOME e NOME COGNOME, soci della società in nome collettivo RAGIONE_SOCIALE, fossero pienamente legittimati ad esercitare il diritto di querela.
In particolare, i giudici di merito hanno evidenziato che l’imputato, con la sua condotta appropriativa, ha cagionato un danno patrimoniale alla predetta società, la quale ha dovuto rifondere, alla società mandante RAGIONE_SOCIALE, le somme versate dai clienti a titolo di pagamento dei premi stabiliti dalla compagnia assicurativa, somme di cui il COGNOME -nella sua qualità di sub-agente della società RAGIONE_SOCIALE– si è indebitamente appropriato anziché
versarle su conti dedicati alla raccolta premi nn. 97627 e 97638 (vedi pagg. 3 e 4 della sentenza di primo grado e pag. 2 della sentenza impugnata).
Entrambe le sentenze fanno corretto riferimento al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che qui si intende ribadire, secondo cui il soggetto che subisce la lesione dell’interesse penalmente protetto è titolare del diritto di proporre querela e che possono coesistere più soggetti passivi nel medesimo reato di cui all’art. 646 cod. pen. allorquando il legittimo possessore o detentore dei beni sia tenuto, in caso di indebita appropriazione da parte di un terzo, al risarcimento del danno nei confronti del proprietario degli stessi (vedi Sez. 2, n. 2862 del 27/01/1999, Brogi, Rv. 212766 – 01; Sez. 2, n. 8659 del 25/11/2022, COGNOME, Rv. 284431 – 01).
Il Collegio, peraltro, intende dare seguito al principio di diritto secondo cui anche il terzo danneggiato dai reati contro il patrimonio è legittimato a proporre querela in quanto titolare dell’interesse penalmente tutelato dalla norma incriminatrice (vedi, Sez. 2, n. 20169 del 03/02/2015, COGNOME, Rv. 263520 – 01; Sez. 2, n. 43910 del 04/10/2019, COGNOME, Rv. 277712 – 01).
Il secondo motivo del ricorso è aspecifico non risultando adeguatamente enunciati e argomentati rilievi critici rispetto alle ragioni poste a fondamento del mancato riconoscimento RAGIONE_SOCIALE circostanze attenuanti generiche.
I giudici di appello hanno correttamente valorizzato, ai fini del diniego, la gravità dei fatti desumibile dalla protrazione nel tempo della condotta e dal consistente profitto ottenuto dal ricorrente nonché la mancanza di elementi favorevoli alla mitigazione della pena (vedi pag. 4 della sentenza impugnata).
Deve esser, in proposito, ribadito il principio il principio di diritto secondo c non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione RAGIONE_SOCIALE attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che, come n caso di specie, la motivazione faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 3, n. 2233 del 17/06/2021, COGNOME, Rv. 282693 – 01; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02).
Il Collegio condivide, inoltre, il consolidato indirizzo della giurisprudenza d legittimità secondo cui, nel motivare il diniego del beneficio richiesto, è sufficient un congruo riferimento all’assenza di elementi di segno positivo (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549 – 02 e Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590).
Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento ed
alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese sostenute dalle parti civili NOME COGNOME e NOME COGNOME che, in base alla qualità dell’opera prestata in relazione alla natura e all’entità RAGIONE_SOCIALE questioni dedotte, vanno liquidate nei termini precisati in dispositivo.
Il ricorrente, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere, altresì, condannato al pagamento in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende. Condanna, inoltre,l’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME NOME ed COGNOME NOME, che liquida in complessivi euro 4.000,00 oltre accessori di legge
Così deciso, il 23 maggio 2024
re, NOME
D Presidente