LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Appropriazione indebita: quando si consuma il reato?

Un avvocato, condannato per appropriazione indebita per non aver restituito fondi a dei clienti, ha presentato ricorso sostenendo che il reato fosse prescritto. La Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che il reato di appropriazione indebita non si consuma alla scadenza di un obbligo di restituzione, ma nel momento in cui chi detiene il bene manifesta la volontà di impossessarsene, ad esempio con un rifiuto esplicito di restituirlo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appropriazione indebita: quando si consuma il reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36177/2024, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale del diritto penale: il momento consumativo del reato di appropriazione indebita. Questa pronuncia offre chiarimenti fondamentali per distinguere un semplice inadempimento civilistico da una condotta penalmente rilevante, con importanti conseguenze in termini di prescrizione e di tempestività della querela. Il caso analizzato riguarda un professionista che aveva trattenuto somme di denaro dei propri clienti, sostenendo di averlo fatto a compensazione dei suoi crediti professionali.

I Fatti del Caso

Un avvocato veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di appropriazione indebita ai danni di due suoi clienti. L’imputato non aveva restituito delle somme ricevute in virtù di un contratto di deposito irregolare, la cui scadenza era fissata per luglio 2014. Nonostante le richieste di restituzione avanzate dai clienti negli anni successivi, il professionista tratteneva il denaro.

I Motivi del Ricorso e la questione dell’appropriazione indebita

L’avvocato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Violazione di norme processuali: lamentava la mancata ammissione in appello di un documento che, a suo dire, lo autorizzava a trattenere le somme a saldo delle sue prestazioni professionali.
2. Mancanza di dolo: sosteneva di non aver agito con l’intento di un ingiusto profitto, ma nella convinzione di poter operare una compensazione tra il suo debito di restituzione e i suoi crediti professionali.
3. Tardività della querela e prescrizione: questo è il punto centrale. La difesa argomentava che il reato si fosse consumato già nel luglio 2014, alla scadenza del contratto di deposito. Di conseguenza, la querela presentata nell’ottobre 2016 sarebbe stata tardiva (oltre il termine di tre mesi) e il reato stesso, al momento delle sentenze di merito, sarebbe già stato prescritto.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa con motivazioni chiare e in linea con il suo consolidato orientamento.

Sul primo punto, la richiesta di nuove prove in appello è stata giudicata tardiva e le prove stesse non indispensabili, anche in considerazione della dubbia autenticità e del fatto che l’imputato non ne avesse mai fatto menzione in precedenza.

Sul secondo motivo, relativo al dolo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: nel reato di appropriazione indebita, non opera la compensazione con un credito preesistente, specialmente se tale credito non è certo, liquido ed esigibile. La qualifica professionale dell’imputato, inoltre, rendeva la sua pretesa ancora meno fondata, dovendo egli conoscere i limiti di tale istituto.

Il punto più significativo della sentenza riguarda però il terzo motivo. La Cassazione ha chiarito che il delitto di appropriazione indebita è un reato istantaneo che si consuma non con la semplice scadenza di un’obbligazione di restituire, ma con la prima condotta con cui l’agente compie sulla cosa un atto di dominio, manifestando la volontà, espressa o implicita, di tenerla come propria. Questo atto, noto come interversio possessionis, nel caso di specie non si è verificato nel 2014. Anzi, secondo le stesse dichiarazioni dell’imputato, dopo quella data le parti avevano concordato di proseguire il rapporto. Il momento consumativo è stato invece correttamente individuato nel luglio 2016, quando l’avvocato, con una lettera raccomandata, ha esplicitamente rifiutato la restituzione delle somme. È da quel momento, ovvero dalla conoscenza di tale rifiuto, che è iniziato a decorrere il termine di tre mesi per presentare la querela, che è risultata quindi tempestiva. Di conseguenza, neanche il termine di prescrizione del reato era maturato.

Conclusioni

La sentenza in esame è di grande importanza pratica perché traccia una linea netta tra il mancato rispetto di un termine contrattuale (inadempimento civile) e la consumazione del reato di appropriazione indebita. La Corte sottolinea che la sola inerzia o il silenzio del detentore non sono sufficienti a configurare il reato. È necessario un comportamento attivo che riveli in modo inequivocabile l’intenzione di appropriarsi del bene altrui. L’esplicito e ingiustificato rifiuto di restituzione è una delle manifestazioni più chiare di tale volontà e segna il momento in cui l’illecito penale si perfeziona, facendo decorrere i termini per la querela e la prescrizione.

Quando si consuma il reato di appropriazione indebita?
Il reato si consuma non alla scadenza di un obbligo di restituzione, ma nel momento in cui la persona che detiene il bene compie il primo atto di dominio sulla cosa con la volontà di tenerla come propria (c.d. interversio possessionis), come ad esempio un esplicito rifiuto di restituirla.

È possibile trattenere legalmente somme di un cliente a compensazione dei propri crediti professionali?
No, la giurisprudenza è costante nel ritenere che non operi il principio della compensazione nel reato di appropriazione indebita quando il credito vantato non è certo, liquido ed esigibile. Trattenere unilateralmente i fondi del cliente integra il reato.

Da quale momento inizia a decorrere il termine per presentare la querela per appropriazione indebita?
Il termine di tre mesi per la presentazione della querela decorre dal momento in cui la persona offesa ha una conoscenza certa della condotta appropriativa. Nel caso analizzato, questo momento è coinciso con la ricezione della lettera con cui l’imputato rifiutava la restituzione del denaro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati