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Appropriazione indebita: quando si consuma il reato?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2161/2024, chiarisce il momento consumativo del reato di appropriazione indebita. Nel caso di un promotore finanziario che si è impossessato dei fondi dei clienti, la Corte ha stabilito che il reato si perfeziona non al momento della ricezione del denaro, ma quando si manifesta la volontà di tenerlo per sé, distinguendolo nettamente dalla truffa. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appropriazione indebita: quando si consuma il reato?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 2161 del 2024, offre un’importante occasione per approfondire la distinzione tra il reato di truffa e quello di appropriazione indebita. La Corte ha chiarito in modo definitivo il momento in cui si perfeziona quest’ultimo delitto, con conseguenze decisive sul calcolo dei termini di prescrizione. Il caso riguardava un promotore finanziario accusato di essersi impossessato delle somme affidategli dai suoi clienti per degli investimenti.

I fatti del caso: la vicenda del promotore finanziario

Un promotore finanziario veniva condannato in primo grado per appropriazione indebita. La condotta contestata, originariamente qualificata come truffa dal pubblico ministero, consisteva nell’aver ricevuto somme di denaro da alcuni clienti per finalità di investimento, per poi trattenerle per sé. La difesa dell’imputato ha sostenuto, sia in appello che in Cassazione, che il fatto dovesse essere qualificato come truffa fin dall’inizio. Questa diversa qualificazione giuridica avrebbe portato a retrodatare il momento di consumazione del reato, facendolo così rientrare nei termini di prescrizione e, di conseguenza, annullando le statuizioni civili a favore delle vittime.

La distinzione tra truffa e appropriazione indebita

La Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto penale. La differenza tra i due reati risiede nella condotta dell’agente:
* Truffa: Si configura quando un soggetto, tramite ‘artifici e raggiri’, induce qualcuno in errore per ottenere un ingiusto profitto con altrui danno. L’inganno è l’elemento che vizia la volontà della vittima e la induce a compiere un atto di disposizione patrimoniale.
Appropriazione indebita: Si realizza quando chi ha già il legittimo possesso di denaro o di un bene mobile altrui, decide di appropriarsene, comportandosi uti dominus*, cioè come se ne fosse il proprietario.

Nel caso di specie, al momento della ricezione delle prime somme, l’imputato era un legittimo promotore finanziario. Non ha quindi avuto bisogno di ‘artifici e raggiri’ per ottenere il denaro, poiché i clienti glielo hanno affidato in virtù della sua qualifica professionale. L’illecito si è verificato solo in un momento successivo.

La decisione della Cassazione sulla consumazione dell’appropriazione indebita

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno stabilito che il reato di appropriazione indebita è un reato istantaneo. Ciò significa che si consuma nel momento esatto in cui si verifica la cosiddetta ‘interversione del possesso’.

Le motivazioni

La Corte ha spiegato che, fatta eccezione per la prima dazione di denaro, l’agente non ha dovuto raggirare gli investitori, in quanto già rivestiva la qualifica professionale che giustificava l’affidamento delle somme. Il delitto si è perfezionato non quando ha ricevuto i soldi, ma quando ha manifestato chiaramente l’intenzione di trattenerli come propri, per scopi diversi da quelli pattuiti. È in quel preciso istante che si realizza l’interversione del possesso, che segna il momento consumativo del reato. Di conseguenza, il termine di prescrizione inizia a decorrere da quel momento e non dalla data di ricezione dei fondi. Il ragionamento della difesa, volto a far dichiarare il reato estinto, è stato quindi respinto perché infondato.

Le conclusioni

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale costante. Il discrimine tra truffa e appropriazione indebita risiede nella condotta: la prima richiede un inganno iniziale per ottenere il bene, la seconda un atto successivo di appropriazione di un bene già legittimamente posseduto. Il reato di appropriazione indebita si consuma con il primo atto di dominio sulla cosa, quando l’agente manifesta, in modo espresso o implicito, la volontà di tenerla come propria. Tale precisazione è cruciale non solo per la corretta qualificazione del fatto, ma anche per determinare correttamente il dies a quo della prescrizione.

Qual è la differenza fondamentale tra truffa e appropriazione indebita secondo la Cassazione?
La differenza risiede nella condotta: la truffa richiede l’uso di ‘artifici e raggiri’ per indurre la vittima in errore e ottenere così il bene; l’appropriazione indebita, invece, si verifica quando un soggetto si impossessa di un bene di cui aveva già il legittimo possesso per un titolo specifico.

Quando si considera consumato il reato di appropriazione indebita?
Si tratta di un reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, ovvero nel momento in cui l’agente compie un atto di dominio sul bene, manifestando la volontà, anche implicita, di tenerlo come proprio (c.d. interversione del possesso).

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché si limitava a riproporre le stesse censure già esaminate e correttamente respinte dalla Corte d’Appello, senza evidenziare vizi logici o violazioni di legge manifeste nella sentenza impugnata. Mancava, quindi, della necessaria specificità richiesta per un ricorso in Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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