Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2161 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2161 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di: COGNOME NOME, nato a Firenze, il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 08/11/2022 della Corte di appello di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte trasmesse dal Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi il ricorso inammissibile;
lette le conclusioni scritte trasmesse in data 22 novembre 2023 dal procuratore speciale, AVV_NOTAIO, delle costituite parti civili, COGNOME NOME e COGNOME NOME, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso e la liquidazione delle spese processuali sostenute nel grado, come da nota allegata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Firenze ha parzialmente riformato la sentenza emessa dal Tribunale del medesimo capoluogo in data 21 dicembre 2020, che aveva riconosciuto la responsabilità del ricorrente per il reato di appropriazione indebita (così qualificata la condotta contestata in imputazione, cui il pubblico ministero aveva attribuito il nomen iuris di truffa), dichiarando estinto il reato, come qualificato in primo grado e confermando nel resto (statuizioni civili) la sentenza impugnata. In particolare, la Corte territoriale ha respinto il motivo di gravame proposto in tema di qualificazione del fatto, che avrebbe, in ottica difensiva, portato a retrodatare il momento della consumazione della condotta, con l’effetto della estinzione del reato di truffa ancor prima della data della decisione di primo grado, conseguendone l’annullamento delle statuizioni civili.
Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo:
1. violazione della norma penale incriminatrice e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (art. 606, comma 1, lett, b ed e, cod. proc. pen.) della sentenza di appello, che non ha correttamente riqualificato come truffa i fatti descritti in imputazione, qualificati dal primo giudice in termini di appropriazione indebita, giacché al momento delle prime dazioni di denaro (per investimenti finanziari) l’agente aveva raggirato le parti civili con l’artificiosa spendita della qualità professionale di promotore finanziario (in allora effettiva), mentre le successive dazioni di denaro (ancora per investimenti) avrebbero costituito la mera esecuzione di un contratto -già concluso- a prestazioni periodiche e differite nel tempo, con le ovvie conseguenze in tema di individuazione del dies a quo del termine di prescrizione, interamente elasso ben prima della data dell’accertamento di primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il motivo di ricorso speso in tema di qualificazione giuridica delle condotte contestate è infondato, in forma manifesta/ difetta altresì della necessaria specificità, limitandosi a reiterare le censure proposte alla Corte di appello con i motivi di gravame, diligentemente esaminati e respinti.
1. A fronte della conformità verticale della pronuncia in tema di qualificazione dei fatti contestati, i vizi di motivazione e le violazioni di legge denunciate, non possono essere coltivati dinanzi a questa Corte, se non nel caso in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice ovvero quando entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle
risultanze probatorie acquisite in forma di tale . macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili, il riscontro della non corrispondenza delle motivazioni di entrambe le sentenze di merito rispetto al compendio probatorio acquisito nel contraddittorio delle parti (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, COGNOME e altri, Rv. 256837; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 dep. 2014, COGNOME, Rv. 258438; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016 Rv. 269217; Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, Rv. 272018).
1.1. Tanto chiarito quanto all’ambito del sindacato di legittimità sulla motivazione della sentenza d’appello, in caso di doppia pronuncia conforme (sulla qualificazione giuridica), va rilevato come le deduzioni difensive si presentano del tutto prive della necessaria specificità. La Corte di merito ha infatti ben chiarito, che, fatta eccezione per la prima tranche, allorquando l’agente ricevette le somme di denaro, a lui affidate per investimenti finanziari, egli rivestiva la qualità professionale di promotore finanziario, non ebbe pertanto necessità di raggirare gli investitori con l’artificiosa spendita di una qualità professionale non posseduta. Il delitto pertanto ebbe a perfezionarsi allorquando si manifestò con chiarezza l’intento di trattenere, come cosa propria, le somme ricevute dalle persone offese per realizzare investimenti finanziari. In tale momento si verificava infatti con certezza, non tanto e non solo la conoscenza del fatto-reato, ma la interversione del possesso che segna il momento perfezionativo del reato contestato; la Corte di merito aderiva così correttamente all’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui, il delitto di appropriazione indebita è reato istantaneo, che si consuma con la prima condotta appropriativa, e cioè nel momento in cui l’agente compie un atto di dominio sulla cosa, con la volontà espressa o implicita di tenerla come propria (Sez. 2, n. 19519 del 15/1/2020, Rv. 279336; Sez. 2, n. 40870 del 20/06/2017, COGNOME, Rv. 271199. Massime precedenti, vedi: n. 41462 del 2010 Rv. 248928, n. 29451 del 2013 Rv. 257232, n. 16702 del 2014 Rv. 261731, n. 17901 del 2014 Rv. 259715, n. 6617 del 2016 Rv. 269224, n. 25282 del 2016 Rv. 267072, n. 24957 del 2017 Rv. 270092).
Il Collegio intende qui ribadire che il discrimine tra i delitti di truffa e appropriazione indebita consiste proprio nella condotta: artifici e raggiri, necessari ad integrare solo la truffa; mentre il delitto di appropriazione indebita (con il quale il legislatore incrimina la condotta del possessore commessa in danno del proprietario) si caratterizza solo per l’interversione dominicale del possesso (Sez. 2, n. 51060 del 11/11/2016, Rv. 269234; da ultimo, Sez. 2, n. 26197 del 30/3/2023, non mass.). Consegue che correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che nessuna condotta illecita fosse estinta già all’atto della pronuncia della sentenza di primo grado.
Segue alla inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, la condanna al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che stimasi equo determinare in euro tremila.
Il ricorrente deve essere altresì condannato alla rifusione, in favore delle parti civili, che ne hanno fatto richiesta, delle spese processuali sostenute nel grado, che si liquidano come da dispositivo, tenuto conto della pluralità di parti, nei limiti della domanda.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME NOME e COGNOME NOME che liquida in complessivi euro 2.212,80, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1 0 dicembre 2023.