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Appropriazione indebita procura: la Cassazione decide

Una persona con procura ad operare su un conto corrente ha utilizzato i fondi per scopi diversi da quelli pattuiti. La Corte di Cassazione ha confermato il sequestro preventivo, qualificando il fatto come appropriazione indebita procura. La sentenza chiarisce che agire oltre i limiti del mandato (“ultra vires”) integra il reato, in quanto si realizza un’interversione del possesso del denaro. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la motivazione del tribunale del riesame era completa e non manifestamente illogica.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appropriazione Indebita tramite Procura: Quando il Mandatario Supera i Limiti

La gestione di patrimoni altrui tramite delega o procura è una pratica comune, ma nasconde insidie legali significative. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 6871/2024) fa luce su un caso di appropriazione indebita procura, chiarendo quando l’utilizzo di fondi altrui, pur avendone la legittima disponibilità, integra un reato. Questo articolo analizza la decisione, offrendo spunti essenziali per comprendere i confini tra gestione lecita e illecito penale.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un provvedimento di sequestro preventivo d’urgenza disposto dal Pubblico Ministero e successivamente convalidato dal G.i.p. nei confronti di una donna. L’imputazione provvisoria era quella di appropriazione indebita continuata. La donna, in forza di una procura speciale, aveva ricevuto ingenti somme di denaro con un preciso vincolo di destinazione. Tuttavia, secondo l’accusa, aveva utilizzato tali somme per scopi personali e diversi da quelli concordati.

La difesa sosteneva che non vi fosse stata alcuna violazione del vincolo di destinazione, poiché i fondi erano stati effettivamente impiegati in attività di investimento, e che non si potesse parlare di un’interversione del possesso. Il Tribunale del riesame, però, confermava il sequestro, ritenendo fondata l’ipotesi accusatoria. Di qui il ricorso per cassazione.

Il Reato di Appropriazione Indebita tramite Procura

Il cuore della questione legale ruota attorno alla distinzione tra avere la disponibilità di un bene e poterne disporre come proprietario. L’appropriazione indebita procura si configura proprio in questo scenario: un soggetto, che ha il legittimo possesso di denaro o beni altrui grazie a un mandato o una procura, decide di agire ultra vires, cioè al di là dei poteri che gli sono stati conferiti.

Nel caso specifico, la ricorrente aveva il potere di operare sui fondi, ma tale potere era limitato a specifiche finalità. Utilizzandoli per scopi differenti, secondo la tesi accolta dai giudici, ha manifestato la volontà di comportarsi come proprietaria esclusiva di quelle somme, realizzando così l’interversione del possesso che è l’elemento costitutivo del reato previsto dall’art. 646 del codice penale.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la validità del sequestro preventivo. I giudici hanno ribadito alcuni principi fondamentali in materia di misure cautelari reali e di reati contro il patrimonio.

In primo luogo, il controllo della Cassazione su questo tipo di provvedimenti è limitato alla sola violazione di legge e non può estendersi a una nuova valutazione dei fatti. Il ricorso può essere accolto solo se la motivazione del giudice del riesame è totalmente assente o meramente apparente.

In secondo luogo, per l’applicazione di una misura come il sequestro preventivo, non è richiesta la prova piena della colpevolezza, ma è sufficiente il cosiddetto fumus commissi delicti: un fondato sospetto che il reato sia stato commesso. Il Tribunale del riesame aveva ampiamente e logicamente motivato le ragioni per cui l’ipotesi accusatoria appariva verosimile, basandosi su una pluralità di elementi indiziari.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si sono concentrate sulla corretta applicazione dei principi giuridici da parte del Tribunale. È stato evidenziato come il giudice del riesame non si sia limitato a recepire la tesi dell’accusa, ma abbia esaminato criticamente anche gli argomenti difensivi, giungendo a una conclusione motivata sulla sussistenza dei presupposti per il sequestro. La Corte ha richiamato il proprio consolidato orientamento secondo cui commette il reato di appropriazione indebita, e non di furto aggravato, il soggetto che, legittimato a operare su un conto corrente altrui in forza di una procura, travalica i limiti del mandato e dispone ultra vires delle somme depositate. Questo principio si applica anche se le somme non sono soggette a specifici vincoli di destinazione derivanti da un contratto di mandato, essendo sufficiente l’abuso dei poteri conferiti dalla procura.

Conclusioni

La sentenza n. 6871/2024 rafforza un importante principio di responsabilità per chi gestisce patrimoni altrui. Chi riceve una procura ad operare su beni o denaro non ne diventa proprietario, ma un mero gestore con poteri limitati. Superare questi limiti, disponendo dei beni per finalità proprie o diverse da quelle autorizzate, integra il grave reato di appropriazione indebita. Questa decisione serve da monito: la fiducia accordata attraverso una procura deve essere esercitata nel più rigoroso rispetto dei vincoli imposti, pena conseguenze penali significative.

Chi ha una procura per operare su un conto corrente commette furto o appropriazione indebita se usa i soldi per sé?
Secondo la Corte, commette il reato di appropriazione indebita, non di furto. Questo perché il soggetto ha già il legittimo possesso del denaro in forza della procura; il reato si configura quando agisce “ultra vires”, cioè al di là dei poteri che gli sono stati conferiti, appropriandosi delle somme.

Per disporre un sequestro preventivo per appropriazione indebita è necessaria la prova certa della colpevolezza?
No, non è necessaria la prova certa. È sufficiente la sussistenza del “fumus commissi delicti”, ovvero un fondato sospetto, basato su elementi concreti, che il reato sia stato commesso e che la cosa da sequestrare sia pertinente al reato.

Si può contestare in Cassazione la valutazione dei fatti che hanno portato a un sequestro preventivo?
No, il controllo della Corte di Cassazione sulle ordinanze del tribunale del riesame relative a misure cautelari reali, come il sequestro, è limitato alla sola violazione di legge. Non è possibile chiedere alla Corte di riesaminare i fatti, a meno che la motivazione del provvedimento impugnato sia totalmente assente o meramente apparente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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