Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 10935 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 10935 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
SENTENZA
sui ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 27/08/1952 a Catanzaro
avverso la sentenza del 28/02/2024 della Corte di appello di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Catanzaro ha confermato la sentenza del Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Catanzaro in data 16 settembre 2019, che, all’esito di rito abbreviato, condannava COGNOME NOME per ii reato di cui all’art. 316-ter, primo comma, n. 7, cod. pen.
Si contesta, in particolare, all’imputato, quale delegato alla riscossione della pensione INPS 220007702026316 spettante alla suocera COGNOME NOME,
n
deceduta il 3 dicembre 1997, di avere conseguito indebitamente per sé o per altri duecentoquaranta sette ratei pensionistici, assegnati alla predetta e relativi all’arco temporale compreso tra gennaio 1998 e luglio 2018, non dovuti in quanto riconducibili al periodo successivo al decesso della donna, così percependo la somma complessiva di euro 99.506,14, della quale era disposta la confisca.
2.Avverso la sentenza ricorre per cassazione COGNOME deducendo i seguenti motivi di annullamento.
2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 649 cod. proc. pen. che statuisce il divieto di un secondo giudizio-conflitto di giudicati; violazione del principio del ne bis in idem, essendo l’imputato già stato condannato per gli stessi fatti nell’ambito di altro procedimento recante il n. 943/2019.
2.2. Violazione di legge con riferimento all’immotivato diniego di concessione delle circostanze attenuanti generiche, con declaratoria di prevalenza sulle contestate aggravanti.
2.3. Violazione di legge in relazione all’art. 157 cod. pen. per l’ingiustificata mancata declaratoria di estinzione del reato a seguito di intervenuta prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
La censura contenuta nel primo motivo, avente ad oggetto la specifica violazione del divieto di ne bis in idem, è stata, per la prima volta, in questa sede: la relativa questione è, dunque, inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
Tuttavia, il primo motivo coglie nel segno nella parte in cui pone una questione di esatta qualificazione giuridica dei fatti di causa.
In linea generale, va ricordato che il reato di cui all’art. 316-ter cod. pen., posto a tutela degli interessi finanziari della pubblica amministrazione e, dunque, della corretta allocazione delle risorse pubbliche, si realizza con il conseguimento indebito di erogazioni pubbliche ottenute con particolari modalità dell’azione, indicata dalla norma come “utilizzo o presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere” o “omissioni di informazioni dovute”.
Segnatamente, per l’integrazione della contestata fattispecie astratta di cui all’art. 316-ter cod. pen. è necessario che la percezione delle erogazioni pubbliche sia comunque avvenuta dietro la presentazione di documenti falsi (condotta attiva)
ovvero, per quanto rileva ai fini della decisione del caso in esame, a cagione della omessa comunicazione di informazioni “dovute” (condotta omissiva).
L’inerzia o il silenzio possono, pertanto, integrare l’elemento oggettivo del reato de quo a condizione che siano “antidoverosi”, cioè che corrispondano all’omesso adempimento di un obbligo di comunicazione e che ad essi si correli l’erogazione non dovuta – cioè, sine titulo -da parte dello Stato o dell’ente pubblico (Sez. 6, n. 31210 del 12/05/2021, COGNOME, 09/08/2021, Rv. 282660 – 01; Sez. 6, n. 20346 del 24/02/2021, German, Rv. 281505 – 01; Sez. 6, n. 14940 del 30/01/2018, NOME, Rv. 272733).
Quanto alla doverosità di tale comunicazione, è necessario rilevare che le informazioni debbano trovare fondamento in una richiesta espressa dell’ente erogatore o, comunque, risultare imposte dal principio di buona fede precontrattuale di cui all’art. 1337 cod. civ.
L’ambito di applicabilità dell’art. 316-ter cod. pen. si riduce così a situazioni del tutto marginali, come quelle del mero silenzio antidoveroso o di una condotta che non induca effettivamente in errore l’autore della disposizione patrimoniale” (Sez. U, n. 16568 del 19/04/2007, COGNOME, massimata su altro; Sez. 2, n. 49642 del 17/10/2014, Ragusa, Rv. 261000).
Il ricorso oggi in esame pone la particolare questione di cosa accade laddove i ratei pensionistici vengano riscossi dagli eredi o da soggetti altrimenti delegati dopo che il titolare della relativa spettanza previdenziale sia deceduto.
L’art. 72 del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 prevede l’obbligo di comunicare la morte di una qualunque persona, non oltre le ventiquattro ore dal decesso, all’ufficiale dello stato civile del luogo dove questa è avvenuta o, nel caso in cui tale luogo si ignori, del luogo dove il cadavere è stato deposto, a carico dei “congiunti” o della “persona convivente con il defunto” (o di un loro delegato) o in mancanza – della persona “informata” del decesso ovvero, in caso di morte in ospedale, casa di cura o di riposo, collegio, istituto o qualsiasi altro stabilimento, in capo al direttore o a chi sia stato a ciò delegato. L’art. 34 della legge 21 luglio 1965, n. 903, e l’art. 31, comma 19, legge 27 dicembre 2002, n. 289, fanno obbligo, poi, al responsabile dell’Ufficio Anagrafe del Comune di comunicare all’Ente di previdenza la morte dell’assicurato, obbligo punito con una sanzione amministrativa pecuniaria dall’art. 46 dl. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326, Lo stesso art. 31, comma 19, legge 27 dicembre 2002, n. 289, stabilisce, altresì, che a seguito delle comunicazioni dei Comuni relative ai decessi di cui all’art. 34 della legge 21 luglio 1965, n. 903, l’INPS, sulla scorta dei dati del Casellario delle pensioni, comunica le informazioni ricevute dai Comuni agli enti erogatori di trattamenti pensionistici per gli
adempimenti di competenza. Infine, l’art. 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 sancisce l’obbligo per i medici necroscopi di invio on line del certificato di accertamento del decesso entro 48 ore dall’evento, utilizzando le stesse modalità già in uso per la trasmissione delle certificazioni di malattia.
In presenza, perciò, di siffatto quadro normativo sugli obblighi di comunicazione in caso di decesso, non può ritenersi incombente sui congiunti o, comunque, sulle persone informate del decesso (e, quindi, su colui che è delegato alla riscossione della pensione) l’obbligo di comunicazione di decesso all’INPS, tenuto conto che siffatto obbligo non è imposto ai predetti in relazione al trattamento pensionistico erogato e spettando ad essi unicamente la comunicazione del decesso del congiunto al Comune di appartenenza, dovendo a questa conseguire da parte degli enti a ciò preposti (Comune e, sulla base del Casellario delle pensioni, INPS) l’eventuale ulteriore comunicazione agli altri enti che risultino erogatori di trattamenti pensionistici in favore del defunto.
Integra, in conclusione, la fattispecie criminosa di appropriazione indebita, e non quella di cui all’art. 316-ter cod. pen. l’indebito trattenimento della pensione di pertinenza di soggetto deceduto, conseguita dal delegato alla riscossione della stessa sul conto corrente su cui sono confluiti i ratei pensionistici.
La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro, che dovrà conformarsi ai principi sopra enunciati, verificando se possano ravvisarsi nel caso de quo gli estremi del reato di appropriazione indebita (in particolare se sia stata presentata la querela da parte della persona offesa) e se, per lo stesso fatto, l’imputato non risulti già condannato in relazione ad altro reato.
L’esame del secondo e del terzo motivo resta assorbito nel riconoscimento della fondatezza del primo motivo.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro.
Così deciso 1’8 gennaio 2025
Il Consigli Fe’estensore