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Appropriazione indebita mediatore: caparra non restituita

La Corte di Cassazione Penale, con la sentenza n. 7332/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un mediatore immobiliare condannato per appropriazione indebita. Il professionista non aveva restituito una somma ricevuta a titolo di caparra per un contratto di locazione poi non concluso. La Corte ha ribadito che il denaro con uno specifico vincolo di destinazione, come una caparra, non può essere trattenuto o utilizzato per altri scopi, altrimenti si configura il reato di appropriazione indebita mediatore e non un semplice inadempimento civile.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appropriazione Indebita del Mediatore: la Cassazione sulla Caparra non Restituita

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un caso di appropriazione indebita da parte di un mediatore immobiliare, chiarendo la linea di confine tra illecito penale e semplice inadempimento contrattuale. La decisione sottolinea come la mancata restituzione di una caparra, versata per un affare poi non concluso, possa integrare un reato. Questo principio è fondamentale per tutelare chi si affida a intermediari per operazioni immobiliari.

I Fatti del Caso

Un mediatore immobiliare era stato condannato in primo grado e in appello per il reato di appropriazione indebita. Aveva ricevuto una somma di denaro a titolo di caparra da alcuni potenziali inquilini per la stipula di un contratto di locazione. Tuttavia, l’accordo non si era mai perfezionato perché l’appartamento non era stato liberato in tempo dal precedente conduttore. Nonostante il fallimento dell’operazione, il mediatore non aveva restituito la somma ricevuta.

La Tesi Difensiva

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione sostenendo un’errata interpretazione della legge. La difesa argomentava che la somma versata fosse una caparra e non una cauzione, e che, come tale, fosse entrata immediatamente nel patrimonio del ricevente. Di conseguenza, la mancata restituzione avrebbe generato solo un obbligo di natura civilistica, non un reato. Inoltre, si lamentava la mancanza di prove sul fatto che il mediatore avesse effettivamente trattenuto per sé il denaro anziché consegnarlo al proprietario dell’immobile.

L’Analisi della Corte sull’Appropriazione Indebita del Mediatore

La Corte di Cassazione ha respinto completamente la tesi difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito un punto cruciale: il denaro consegnato a un mediatore a titolo di caparra per un affare da concludere non entra liberamente nel suo patrimonio. Al contrario, quella somma ha uno specifico vincolo di destinazione: deve essere utilizzata per lo scopo per cui è stata data, ovvero la conclusione del contratto.

Il denaro è, di fatto, ‘vincolato’ e il mediatore ne ha solo la detenzione temporanea. Se l’affare salta, l’intermediario ha l’obbligo di restituirlo. Se, invece di restituirlo, gli dà una ‘destinazione diversa da quella che doveva avere’, commette il reato di appropriazione indebita ai sensi dell’art. 646 del codice penale.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile principalmente perché si limitava a riproporre le stesse argomentazioni di fatto già esaminate e respinte correttamente dai giudici di primo e secondo grado. La Cassazione non può riesaminare le prove, ma solo verificare la corretta applicazione della legge. In questo caso, i giudici di merito avevano adeguatamente motivato la loro decisione, basandosi sulle dichiarazioni delle persone offese e sulla documentazione acquisita, ritenendo provati tutti gli elementi del reato. La motivazione delle sentenze precedenti è stata giudicata logica, coerente e priva di vizi. La Corte ha quindi confermato il principio di diritto secondo cui integra il delitto di appropriazione indebita la condotta del mediatore che trattiene per sé la caparra destinata al potenziale venditore o locatore, prima che il contratto sia concluso.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di grande importanza pratica: la caparra affidata a un mediatore non è un pagamento a fondo perduto né entra nella sua libera disponibilità. Essa è legata a uno scopo preciso. La violazione di questo vincolo di destinazione trasforma un potenziale inadempimento civile in un reato penalmente rilevante. La decisione offre una tutela rafforzata ai cittadini che si avvalgono di intermediari, stabilendo che la gestione infedele delle somme ricevute in deposito configura un’appropriazione indebita a tutti gli effetti.

Quando un mediatore commette il reato di appropriazione indebita?
Secondo la sentenza, un mediatore commette appropriazione indebita quando, prima che l’affare sia concluso, trattiene per sé una somma di denaro ricevuta a titolo di caparra e destinata a un potenziale venditore o locatore, violando lo specifico scopo per cui il denaro era stato consegnato.

La mancata restituzione di una caparra è sempre un reato?
Non necessariamente, ma in questo contesto sì. La Corte chiarisce che quando il denaro consegnato, come una caparra a un mediatore, ha una specifica destinazione e risulta ‘vincolato’, il fatto di non restituirlo e di disporne per altri fini integra il reato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.) e non solo un inadempimento civile.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non contestava errori nell’applicazione della legge, ma si limitava a riproporre le stesse censure sui fatti e sulla valutazione delle prove già esaminate e correttamente decise dai giudici di primo e secondo grado. La Corte di Cassazione non può svolgere un nuovo giudizio sui fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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