Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 33578 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 33578 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 02/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME a Reggio Calabria il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2018 della Corte di appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso: lette le memorie delle parti civili e le memorie di replica del Responsabile civile, RAGIONE_SOCIALE;
lette le conclusioni scritte dell’imputata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Reggio Calabria, in riforma della sentenza emessa 1’11 marzo 2016 dal Tribunale di Palmi, ha
dichiarato non doversi procedere nei confronti di COGNOME NOME in ordine al reato di appropriazione indebita, così riqualificata in primo grado la fattispecie di peculato continuato di cui al capo A), limitatamente alla condotta commessa in danno di COGNOME NOME e in ordine al reato di éLasaatQA4 appropriazione indebita, così riqualificata in primo grado la fattispecie di peculato di cui al capo B) limitatamente a due buoni postali fruttiferi stipulati da COGNOME NOME nell’an 2010, perché estinti per intervenuta prescrizione; ha dichiarato non doversi procedere in ordine al reato di cui al capo A) limitatamente alla condotta in danno di COGNOME NOME e COGNOME NOME per difetto di querela, rideterminando la pena in anni tre e mesi tre di reclusione ed euro 990 di multa; ha confermato, nel resto, la sentenza impugnata.
I udici di merito hanno ritenuto accertato che l’imputata, direttore unico e dipendente dell’ufficio postale di Melicuccà, avendo il possesso o comunque la disponibilità del denaro depositato sui libretti postali accesi presso il predetto ufficio, in ventidue casi se ne appropriava.
Tutte le operazioni risultavano effettuate con la procedura definita “forzatura”, sia perché non scritturate sul libretto e sia perché il numero economale non era stato letto dall’apposito lettore in dotazione alla filiale. L’imputata, in possesso del numero di economale, del saldo del libretto e del numero di riga disponibile per la stampa, e nella consapevolezza che il cliente non effettuava operazione presso altri uffici, poteva operare le suddette forzature all’insaputa del titolare del libretto, essendo sufficiente una fotocopia del libretto
Si è inoltre ritenuto accertato che l’imputata si appropriava della somma di denaro depositata sui buoni fruttiferi dematerializzati appartenenti a COGNOME NOME e di un buono fruttifero appartenente a COGNOME.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione NOME, a mezzo del difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 190, 191 e 603 cod. proc. pen., con riferimento al rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttor dibattimentale, al fine di acquisire “i giornali di fondo”, unico documento idoneo ad accertare che le operazioni contestate fossero riconducibili all’imputata. Si tratta del documento rilasciato dal terminale utilizzato dai funzionari di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nel quale vengono registrate tutte le operazioni eseguite, i relativi orar importi, codice dell’operatore e ogni altra informazione utile alla tracciabilità dell operazioni compiute dall’operatore.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 646 cod. pen. e 129 cod. proc. pen., per avere omesso di dichiarare il difetto della condizione di procedibilità rispetto alle dichiarazioni di denuncia delle persone
offese COGNOME NOME, COGNOME NOME (cl.’69), COGNOME NOME (cl.’67) e COGNOME NOME (cl.’69), COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 646 cod. pen. e 129 cod. proc. pen. per decorso del termine necessario a prescrivere in relazione alle condotte poste in essere sino al maggio 2011, contestate al capo A).
2.4. Violazione di legge, anche processuale t e vizio di motivazione in relazione agli artt. 81, 62-bis, 133 e 646 cod. pen.
Le parti civili NOME NOME, COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, hanno depositato memoria nella quale chiedono la conferma integrale della sentenza oggetto dell’odierno gravame.
Si invita, inoltre, la Corte di cassazione a pronunciarsi anche in ordine alla mancata condanna, da parte della Corte di appello, del responsabile civile, RAGIONE_SOCIALE, al risarcimento del danno in favore delle parti civili costituite, in fav delle quali era stata statuita dal Tribunale di Palmi anche una somma a titolo di provvisionale (euro 3.000 per ciascuna parte civile) già incassata dagli interessati.
Le parti civili COGNOME NOME e COGNOME hanno depositato memoria nella quale richiedono la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza di appello, nella parte in cui non ha disposto la condanna in solido con l’imputata del responsabile civile RAGIONE_SOCIALE alla rifusione in favore delle parti civili delle ulteriori s relative all’esercizio dell’azione civile sostenute in grado di appello;
Tale obbligo consegue di diritto alla condanna di quest’ultima, ex art. 541, comma 1, cod. proc. pen.
L’omissione di detta statuizione va, pertanto, ovviata con la procedura di correzione degli errori materiali prevista dall’art. 619 cod. proc. pen. ad opera della Corte di cassazione.
RAGIONE_SOCIALE, responsabile civile, ha depositato atto di costituzione, e memoria nella quale sottolinea di avere provveduto ad accreditare in favore delle parti civili le somme di cui alle contestazioni a carico dell NOME. Allega Scheda Riepilogo Evento, dalla quale risulta un importo già liquidato pari ad euro 711.183,55.
GLYPH
La difesa ha depositato conclusioni scritte insistendo per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato.
La Corte territoriale, con motivazione logica ed esaustiva, ha illustrato le ragioni che hanno condotto alla declaratoria di rigetto dell’istanza di rinnovazione avanzata dalla difesa in appello. Sul punto, si osserva che, in tema di giudizio di appello, il codice di procedura penale pone una presunzione di completezza dell’istruttoria dibattimentale svolta in primo grado. Pertanto, la rinnovazione (anche parziale) del dibattimento ha carattere eccezionale e può essere disposta solo qualora il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti. Da ci deriva che la decisione di procedere alla rinnovazione debba essere specificamente motivata, occorrendo dar conto dell’uso del potere discrezionale derivante dalla acquisita consapevolezza di non poter decidere allo stato degli atti; e che, di converso, nel caso di rigetto la decisione possa anche essere sorretta da una motivazione implicita nella stessa struttura argomentativa posta a base della pronuncia di merito, che evidenzi la sussistenza di elementi sufficienti per una valutazione (in senso positivo o negativo) sulla responsabilità, con la conseguente mancanza di necessità di rinnovare il dibattimento (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 2972 del 4/12/2020, G., Rv. 280589 – 01; Sez. 6, n. 48093 del 10/10/2018, G., Rv. 274230 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La sentenza impugnata, inoltre, richiama puntualmente la motivazione del primo giudice, dalla quale si evincono gli elementi fondanti la responsabilità dell’imputata, considerato che la predetta era l’unica persona, trattandosi di ufficio mono-operatore, che poteva compiere le operazioni illecite di prelievo e di appropriazione di denaro dai libretti dei clienti affezionati, smascherata solo a seguito della sua assenza dall’ufficio, allorquando l’ignaro operatore che l’ha sostituita si è trovato nella impossibilità di procedere a operazioni di prelievo dai libretti postali richiesti dai clienti, atteso che si era riscontrata l corrispondenza tra il saldo riportato sul libretto e quello contabile risultante da sistema.
Ritiene, quindi, il Collegio che la struttura argomentativa della motivazione di secondo grado si fonda su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità e che, pertanto, il rigetto dell’istanza di rinnovazione i appello si sottrae al sindacato di legittimità.
Il secondo motivo è generico perché teso a riproporre un tema oggetto di puntuale esame da parte della Corte territoriale.
Costituisce principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo il quale, in tema di querela, pur non essendo necessaria una compiuta e analitica descrizione dei fatti che ne costituiscono l’oggetto, gessenfiz sufficiente l’esposizione di tutti i fatti noti al querelante che egli inte perseguire (Sez. 5, n. 47055 del 30/05/2014, Dancheva, Rv. 261307 – 01).
La Corte sì appello si è conformata a tale regula iuris, sottolineando che tutte le querele presentate dalle persone offese, (ad eccezione del difetto di querela rilevato con riferimento a due di esse) contengono espressa istanza punitiva.
4. Il terzo motivo è manifestamente infondato.
La Corte di appello ha puntualmente preso in analisi il tema della prescrizione. dichiarando l’avvenuta estinzione delle condotte di reato poste in essere nell’anno 2010.
Nel motivo di ricorso si rileva l’avvenuta decorrenza del termine massimo di prescrizione alla data di pubblicazione della sentenza (anni sette e mesi sei) senza considerare i periodi di sospensione di detto termine, e cioè mesi 4.
Occorre considerare che la genetica inammissibilità del ricorso, impedendo l’instaurarsi di un valido rapporto impugnatorio, preclude la verifica di eventuali cause estintive prescrizionali sopravvenute alla decisione di appello intervenuta prima del decorso dei termini massimi di prescrizione.
Alla luce di ciò, e tenuto conto della inammissibilità del ricorso dell’imputata, nessuna condotta deve, pertanto, ritenersi prescritta. Il termine di prescrizione dei reati decorre, più precisamente, da dicembre 2018 e la sentenza della Corte di appello è del 15 novembre 2018.
5. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
5.1. La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, e, pertanto, insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Caddi, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n.3609 d
( 41 18/1/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, COGNOME, Rv. · 248244) @, nel caso in esame, la sentenza impugnata si è attenuta a tale regola ravvisando nella costante e pervicace condotta illecita da parte dell’imputata ragioni ostative alla concessione delle stesse.
5.2. Quanto all’entità degli aumenti applicati a titolo di continuazione, le Sezioni Unite, con una pronuncia del 2021, hanno statuito che in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Rv. 282269 – 01).
In quella sede, la Suprema Corte ha, anche, precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena deve essere correlato all’entità degli stessi nonché tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altr illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene.
Anche in questo caso la sentenza impugnata si è conformata al principio di diritto stabilito da questa Corte, indicando, per ciascun episodio, un mese di reclusione. Si tratta, peraltro, di aumenti calcolati in misura obiettivamente contenuta in relazione a condotte di reato seriali ed omogenee.
Quanto alla richiesta delle parti civili COGNOME NOME, COGNOME NOME, NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME e COGNOME NOME, deve osservarsi che la Corte di appello di Reggio Calabria ha «confermato, nel resto, la sentenza di primo grado».
Ciò significa che deve ritenersi confermata la condanna, in solido con l’imputata, di RAGIONE_SOCIALE, al risarcimento dei danni, nonché al pagamento della provvisionale.
Come richiesto dalle parti civili, deve procedersi alla correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza di appello là dove omette la statuizione relativa all’obbligo del pagamento delle spese processuali per il responsabile civile, in solido con l’imputato condannato.
Occorre, infatti, evidenziare che l’obbligo del pagamento delle spese processuali per il responsabile civile, in solido con l’imputato condannato, consegue di diritto alla condanna; alla omissione della statuizione va pertanto ovviato con la procedura di correzione degli errori materiali anche da parte della Corte di cassazione quale giudice della impugnazione, la quale in tal modo può
correggere anche la sentenza di primo grado, ove a ciò non abbia provveduto il giudice di appello (Sez. 4, n. 31353 del 27/06/2013, Para, Rv. 257743 – 01)
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputata, in solido con il responsabile civile RAGIONE_SOCIALE, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili costituite COGNOME NOMENOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME, che rispettivamente liquida per ciascuna di esse in complessivi euro 3686,00, oltre accessori di legge.
Ordina la correzione del dispositivo della sentenza impugnata a pag. 21, rigo 13, nel senso che dopo le parole «condanna l’imputata», deve aggiungersi l’espressione «in solido con il responsabile civile RAGIONE_SOCIALE», mandando alla cancelleria per i relativi adempimenti.
Così deciso il 2 maggio 2024