Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46704 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46704 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Montagnana il 03/11/1962 avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE di APPELLO di VENEZIA
PARTE CIVILE: NOME COGNOME Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procura generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 24/11/2023 la Corte di Appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di Padova emessa il 01/02/2023, con la quale l’imputat appellante NOME COGNOME era stato condannato alla pena di giustizia perch ritenuto responsabile del reato di appropriazione indebita in danno di NOME COGNOME (beni mobili dei quali aveva il possesso in forza di contratto di deposito, non restituiti alla data prevista, nonostante solleciti in tal senso).
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore di fiducia e procuratore speciale dell’imputato, eccependo con quattro motivi:
il vizio di motivazione in ordine all’elemento soggettivo del reato e all’accertamento della volontà di appropriarsi uti dominus dei beni in oggetto;
violazione di legge circa la affermata responsabilità civile, in assenza di un pregiudizio economico per la persona offesa;
violazione di legge (art. 131-bis cod. pen.) per l’asserita insussistenza dei presupposti per la sentenza di proscioglimento per la particolare tenuità del fatto, anche sotto il profilo della pregressa commissione di reati della stessa indole;
violazione di legge per l’omessa dichiarazione di estinzione del reato pe r decorso del termine di prescrizione.
Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi non consentiti e comunque privi della specificità necessaria ex artt. 581, comma 1, e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Con argomentazioni immuni da vizi logici e fondate sulle acquisizioni istruttorie, con le quali il ricorrente non si confronta, la (ode di merito ha esaminato le questioni prospettate dalla difesa circa la configurabilità degli estremi del reato, richiamando gli elementi dai quali risulta provata al di là di ogni ragionevole dubbio la responsabilità dell’imputato (in particolare, la scrittura privata relativa all’accordo di deposito in conto vendita; la documentazione da cui emerge come la persona offesa, anche tramite il suo legale, si sia attivata per ottenere la restituzione dei propri beni).
Il secondo motivo, concernente la mancanza di prova del danno patito dalla persona offesa, è fondato sull’affermazione dell’omessa “dimostrazione che i beni fossero tenuti dall’imputato”, riproponendosi, sotto altra forma, la doglianza con cui si assume l’insussistenza del reato contestato.
Quanto al terzo motivo, relativo al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis c.p., la Corte territoriale ha adeguatamente motivato sul punto, richiamando la gravità della condotta ascritta all’imputato (appropriazione di beni per un valore complessivo di euro 80/90.000; omessa restituzione degli stessi, ad eccezione di un quadro, ottenuto, peraltro, con modalità onerose per la persona offesa; i precedenti anche specifici dai quali il Ferro risulta gravato).
L’ultima doglianza, relativa all’asserita estinzione del reato per prescrizione, è manifestamente infondata in quanto, a fronte del tempus commissi delicti indicato nel capo di imputazione (28 febbraio 2019), il termine massimo di prescrizione, pari a sette anni e sei mesi, non risulta ad oggi decorso.
L’inammissibilità del ricorso determina, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a
favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 28/11/2024
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