Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9625 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9625 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME NOME SAN GIOVANNI IN FIORE il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 20/02/2023 della CORTE di APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, co del d.l. n. 137 del 2020, il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.La Corte di appello di Catanzaro confermava la Condanna di NOME COGNOME p il reato di appropriazione indebita. Si contestava allo stesso di essersi imposs denaro e merce di cui aveva la disponibilità, in qualità di dipendente della “RAGIONE_SOCIALE“, per un valore di diecimila euro.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduce
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2.1. violazione di legge (art. 646 cod. pen.) e vizio di motivazione: esclusi i contenuti probatori emergenti dai filmati registrati dalle videocamere di sorveglianza installate senza autorizzazione, il compendio probatorio residuo non sarebbe sufficiente a dimostrare la responsabilità. Segnatamente (a) le dichiarazioni di NOME ed NOME COGNOME sarebbero inutilizzabili in quanto raccolte senza l’avvertimento previsto dall’art. 199 cod. pen. dovuto in quanto gli stessi erano “cugini” del ricorrente, (b) le dichiarazioni di NOME COGNOME NOME COGNOME non sarebbero attendibili in quanto incoerenti nella ricostruzione dei tempi e delle entità degli ammanchi; (c) sarebbe stata illegittimamente svalutata la credibilità dei contenuti difensivi provenienti da NOME COGNOME, che aveva negato il fatto che il ricorrente avesse ammesso gli addebiti nel corso della riunione del 7 dicembre 2016;
2.1.1. Il motivo non è consentito i quanto reitera le doglianze già avanzate con la prima impugnazione, instando per una nuova valutazione della capacità dimostrativa delle prove, attività esclusa dal perimetro che circoscrive la competenza del giudice di legittimità. Legittimamente la Corte territoriale rilevava che i “cugini” non rientrano tra persone destinatarie dell’avvertimento previsto dall’art. 199 cod. proc. pen.; e che le censure relative alla illegittimità della valutazione di credibilità dei contenuti accusat riversati da NOME ed NOME COGNOME e da NOME COGNOME non erano accoglibili in quanto i contenuti dichiarati veniva ritenuti convergenti e confermati dai documenti acquisiti. Anche la valutazione negativa in ordine alla credibilità di NOME COGNOME non si presta ad alcuna censura, in quanto esprime una legittima valutazione di merito, peraltro coerente con effettuata dal primo giudice.
In sintesi: la Corte di appello confermava la valutazione di credibilità dei contenuti accusatori riversati nel processo dai testimoni uditi nel corso del dibattimento di primo grado, con motivazione che non si presta ad alcuna censura, tenuto conto che la convergenza del compendio dichiarativo risultava corroborata da quanto emergeva dalla documentazione raccolta, ovvero dall’inventario del 7 dicembre 2016 (pag. 2 della sentenza impugnata).
2.2. violazione di legge: sarebbe illegittima la esclusione dei testi indicati nella lis della difesa.
2.2.1. Il motivo è stato proposto per la prima volta in cassazione con insanabile frattura della catena devolutiva, che genera l’inammissibilità prevista dall’art. 603 comma 3 cod. proc. pen..
2.3. Violazione di legge e vizio di motivazione: sarebbe stata assegnata credibilità ai contenuti accusatori provenienti dalla testimonianza dei testi presentati dall’accusa, svalutando illogicamente le testimonianze a favore del ricorrente. Segnatamente si deduceva che la testimonianza della parte civile non sarebbe assistita da riscontri idonei
a confermarne la capacità dimostrativa e che sarebbe stata violato la regola di valutazione de “l’al di là di ogni ragionevole dubbio”, dato che non sarebbero state valutate adeguatamente le allegazioni difensive che avrebbero offerto una diversa ricostruzione dei fatti.
2.3.1. Anche questa doglianza non supera la soglia l’ammissibilità.
Sul punto collegio riafferma che in tema di prova, il dubbio idoneo ad introdurre una ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti è soltanto quello «ragionevole», ovvero quello che trova conforto nella logica, sicché, in caso di prospettazioni alternative, occorre comunque individuare gli elementi di conferma dell’ipotesi ricostruttiva accolta, non potendo il dubbio fondarsi su un’ipotesi del tutto congetturale, seppure plausibile. (Sez. 3, Sentenza n. 5602 del 21/01/2021, P., Rv. 281647 – 04).
Nel caso in esame il collegio rileva che la motivazione offerta in ordine alla valutazione di attendibilità delle prove dichiarative non si presta ad alcuna censura – come già rilevato in occasione dell’esame del primo motivo -, e che la conferma della condanna risultava effettuata sulla base di una razionale valutazione della convergenza del compendio probatorio comprensiva anche della valutazione dell’attesa alternativa proposta dalla difesa che, con motivazione ineccepibile, non veniva ritenuta accoglibile.
3.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno GLYPH febbraio 2024
L’estensore
Il Preside e