Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 16061 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 16061 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOMENOMECOGNOME nato a Caserta il 02/11/1983
avverso la sentenza del 12/09/2024 della Corte d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udito l’Avv. COGNOME in difesa di COGNOME il quale, dopo una breve discussione, si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12/09/2024, la Corte d’appello di Napoli confermava la sentenza del 05/06/2023 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di un anno di reclusione ed C 600,00 di multa per il reato di appropriazione indebita ai danni di NOME COGNOME oltre che al risarcimento dei danni subiti dalla stessa COGNOME, che si era costituita parte civile, da liquidare in un separato giudizio.
Secondo il capo d’imputazione, il reato di appropriazione indebita era stato contestato all’imputato «perché, nella qualità di rappresentante legale pro tempore della società “RAGIONE_SOCIALE – con sede in Apice (BN) LI ditta fornitrice di Dispositivi di Protezione individuali (DPI), a seguito di rapporti commerciali intrattenuti con COGNOME COGNOME, titolare della omonima ditta “RAGIONE_SOCIALE, con sede in Carinola (CE) , che anticipava la somma di euro 169.000,00 per l’acquisto di tali dispositivi, che non venivano acquistati per una intervenuta variazione di prezzo, per procurare a sé un profitto, dopo avere restituito la somma di euro 69.000,00, si appropriava indebitamente della somma residua di euro 100.000,00, di cui aveva ancora il possesso».
Avverso tale sentenza del 12/09/2024 della Corte d’appello di Napoli, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME NOME COGNOME affidato a cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale per la «violazione delle norme sulla costituzione di parte civile», nonché la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata sul punto.
Il COGNOME lamenta che l’argomentazione con la quale la Corte d’appello di Napoli ha confermato l’ammissibilità della costituzione di parte civile di NOME COGNOME non assolverebbe l’obbligo di motivazione e «fa riferimento non alla norma ma ad una sentenza della Cassazione che non costituisce un orientamento condiviso da altre Sezioni della Corte», in particolare da Sez. 4, n. 11357 del 01/10/1993, Villi, Rv. 197355-01.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale per la «violazione delle norme sulla legittimazione a proporre la querela», nonché la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata sul punto.
Il COGNOME lamenta che l’argomentazione con la quale la Corte d’appello di Napoli ha confermato la legittimazione di NOME COGNOME a sporgere querela sarebbe palesemente illogica in quanto farebbe riferimento «a una sentenza che mal si concilia con la vicenda in esame», nella quale «li effettivi acquirenti dei prodott medicali in questione erano terze persone che avevano versato degli anticipi alla Sig.ra COGNOME NOME quindi le somme versate erano di terzi e non della sig.ra COGNOME che aveva agito da tramite», con le conseguenze che «le persone offese risultano i terzi e non la sig.ra COGNOME» e che «legittimati a proporre la querela erano gli acquirenti e non la sig.ra COGNOME NOME».
Con il terzo motivo, il ricorrente deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale e la contraddittorietà e la manifesta illogicità della
motivazione della sentenza impugnata con riguardo all’affermazione della sua responsabilità per il reato di appropriazione indebita.
Dopo avere ampiamente esposto le doglianze che aveva prospettato nei confronti della sentenza di primo grado con il proprio atto di appello, il ricorrente lamenta in particolare che la Corte d’appello di Napoli non avrebbe adeguatamente motivato in ordine al motivo di appello con il quale aveva dedotto che, nella specie, si sarebbe stati «in presenza di un mero inadempimento civilistico in quanto si tratta di una somma corrisposta a titolo di acconto sul prezzo di una vendita futura in esecuzione di un contratto atteso che il denaro versato in assenza di uno specifico vincolo di destinazione, stante la sua naturale fungibilità, entra a far parte del patrimonio dell’accipiens perdendo il carattere dell’altruità».
Il ricorrente rappresenta altresì che la ricostruzione della vicenda che è stata operata dalla Corte d’appello di Napoli «urta con la restituzione che l’imputato ha effettuato alla parte civile ossia la somma di Curo 69.000,00. Come si giustifica la motivazione addotta dalla Corte di Appello con questa iniziativa dell’imputato che se aveva un’intenzione truffaldina non avrebbe restituito alcuna somma. Quanto riportato dalla Corte di Appello circa la conoscenza del pignoramento da parte dell’imputato prima del bonifico di 50.000,00 euro è una presunzione ma una certezza . La Corte di Appello nulla riferisce sulla problematica rappresentata circa l’ipotesi di inadempimento contrattuale : la sig.ra COGNOME non aveva versato il 30% della somma pattuita e ciò già perfeziona l’ipotesi di un inadempimento contrattuale».
Con il quarto motivo, il ricorrente deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riguardo al rigetto della richiesta, che era stat avanzata con il proprio atto di appello, di rinnovazione dell’istruttori dibattimentale al fine di acquisire l’allegato B al contratto che era stato concluso tra RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, la «documentazione bancaria» e la «documentazione relativa alla procedura esecutiva».
Vi è poi un quinto “motivo” che consta delle sole parole «inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. Mancata».
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Nel ritenere l’ammissibilità della costituzione di parte civile di NOME COGNOME, la Corte d’appello di Napoli ha fatto applicazione di un principio che, diversamente da quanto è sostenuto dal ricorrente, si deve ritenere consolidato nella giurisprudenza della Corte di cassazione – alla quale evidentemente spetta l’interpretazione delle norme, comprese quelle sulla costituzione di parte civile -,
cioè il principio secondo cui la costituzione di parte civile è ammissibile ancorché la sottoscrizione del difensore sia apposta esclusivamente in calce alla procura speciale rilasciata dalla persona offesa, come era avvenuto nel caso di specie, e non alla dichiarazione di costituzione sottoscritta dal solo interessato, atteso che essa è sufficiente a integrare il requisito della sottoscrizione del difensore in calc all’atto di costituzione previsto dall’art. 78, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 43481 del 28/03/2014, COGNOME, Rv. 261079-01; Sez. 5, n. 645 del 28/09/2006, Yang, Rv. 235759-01; Sez. 1, n. 5047 del 28/04/1997, COGNOME, Rv. 207650-01; Sez. 5, n. 273 del 15/11/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 196620-01).
La massima di Sez. 4, n. 11357 del 01/10/1993, Villi – secondo cui, «ualora, nel corso della trattazione delle questioni preliminari, venga eccepita la mancanza nell’atto di costituzione dì parte civile della sottoscrizione del difensore, il giudice deve dichiarare la inammissibilità della costituzione stessa, a norma dell’art. 78, primo comma lett. E), cod. proc. pen., dovendosi escludere che trattasi di mera irregolarità che possa essere tempestivamente sanata con la sottoscrizione dell’atto di costituzione da parte del difensore subito dopo che la questione sia stata dedotta» (Rv. 197355-01) -, diversamente da quanto mostra di ritenere il ricorrente, non smentisce il suddetto principio, atteso che la stessa massima non concerne il caso in cui la sottoscrizione del difensore sia stata apposta in calce alla procura speciale rilasciata dalla persona offesa.
2. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
La Corte d’appello di Napoli ha argomentato che, come risultava dalla distinta di bonifico agli atti, le somme che costituivano l’anticipo del corrispettivo che era stato pattuito per la fornitura dei dispositivi di protezione erano state corrispost a RAGIONE_SOCIALE dall’impresa RAGIONE_SOCIALE di cui era titolare NOME COGNOME.
Sulla base di ciò, la Corte d’appello ha ritenuto che fosse irrilevante che la COGNOME avesse promesso la cessione dei medesimi dispositivi a terzi e che costoro potessero averle versato un anticipo, atteso che tale profilo riguardava i rapporti commerciali tra la COGNOME e i terzi ed era estraneo al rapporto tra la stessa COGNOME e l’imputato NOME COGNOME.
Tale motivazione della proprietà delle somme corrisposte a RAGIONE_SOCIALE in capo a NOME COGNOME e, quindi, della sua qualità di persona offesa dal reato di appropriazione indebita delle stesse somme e di legittimata a proporre la relativa querela, contrariamente a quanto è sostenuto dal ricorrente, risulta del tutto priva di contraddizioni e di illogicità, tanto meno manifeste, e non palesa alcun contrasto con le norme in tema di diritto a proporre la querela.
In ogni caso, la Corte d’appello di Napoli ha giustamente esposto che, anche a volere ammettere che le suddette somme fossero di proprietà di altri e fossero solo detenute dalla sig.ra COGNOME, valeva comunque il consolidato orientamento
della Corte di cassazione secondo cui il diritto di querela per il reato di appropriazione indebita spetta anche al soggetto, diverso dal proprietario, che, detenendo legittimamente e autonomamente la cosa, l’abbia consegnata a colui che se n’è appropriato illegittimamente (Sez. 2, n. 8659 del 25/11/2022, COGNOME, Rv. 284431-01, relativa a un caso di appropriazione indebita di beni sottoposti a sequestro preventivo in cui la querela era stata sporta dal soggetto nominato custode dei beni medesimi; Sez. 2, n. 20776 del 08/04/2016, COGNOME, Rv. 267037-01, relativa all’appropriazione indebita dì un’autovettura in leasing in cui la querela era stata sporta dalla società concedente; Sez. 2, n. 27805 del 16/04/2009, COGNOME, Rv. 244713-01, relativa al caso della società noleggiatrice che aveva dato in locazione un camper all’imputato il quale non l’aveva restituito al termine del periodo d’uso concordato).
Il terzo motivo è fondato, nei termini che seguono.
3.1. Si deve rammentare come la Corte di cassazione abbia recentemente ribadito che, «in tema di possesso di somme di denaro la Suprema Corte, con affermazione risalente nel tempo ma ancora valida stante l’immutabilità del quadro normativo di riferimento, ha affermato che la specifica indicazione del “denaro”, contenuta nell’art. 646 c.p., rende evidente che il legislatore ha inteso espressamente precisare, allo scopo di evitare incertezze e di reprimere gli abusi e le violazioni del possesso del danaro, che anche questo può costituire oggetto del reato di appropriazione indebita, in conseguenza del fatto che anche il danaro, nonostante la sua ontologica fungibilità, può trasferirsi nel semplice possesso, senza che al trasferimento del possesso si accompagni anche quello della proprietà.
Ciò di norma si verifica, oltre che nei casi in cui sussista o si instauri u rapporto di deposito o un obbligo di custodia, nei casi di consegna del danaro con espressa limitazione del suo uso o con un preciso incarico di dare allo stesso una specifica destinazione o di impiegarlo per un determinato uso: in tutti questi casi il possesso del danaro non conferisce il potere di compiere atti di disposizione non autorizzati o, comunque, incompatibili con il diritto poziore del proprietario e, ove ciò avvenga, si commette il delitto di appropriazione indebita (Sez. 2, n. 4584 del 25/10/1972, Rv. 124301).
Ne deriva che ove il mandatario violi il vincolo fiduciario che lo lega al mandante e destini le somme a scopi differenti da quelli predeterminati può astrattamente integrarsi una condotta di appropriazione indebita» (Sez. 2, n. 43634 del 23/09/2021, COGNOME, Rv. 282351-01, relativa a una fattispecie concernente un’operazione di cartolarizzazione di provviste finanziarie di una società, di cui era stato deliberato l’accantonamento per il pagamento di oneri
fiscali, mediante l’emissione di assegni bancari in favore del nuovo amministratore, da questi successivamente negoziati).
La Corte di cassazione ha altresì precisato, sempre in tempi relativamente recenti, che, «ai fini della configurazione dell’appropriazione indebita nei confronti di beni fungibili e, dunque del denaro, è essenziale che alla “disponibilità” del bene si accompagni l’accertamento di un vincolo di destinazione che deve “accompagnare” la detenzione dal momento del conferimento del bene, non essendo possibile interpretare come “vincolo di destinazione originario” un obbligo di natura civilistica assunto con la stipula di un contratto», cosicché, «n sintesi la appropriazione indebita, o il peculato di un bene fungibile possono essere configurati solo nei casi in cui il bene sia ab origine conferito dal proprietario con un vincolo di destinazione, che viene violato dal depositarlo» (Sez. 2, n. 49463 del 27/09/2018, Pagan, Rv. 274888-01).
3.2. Col ritenere che il reato di appropriazione indebita fosse stato integrato per il fatto che l’imputato aveva «dolosamente omesso di restituire il denaro versato dalla COGNOME quale anticipo dell’acquisto dei dispositivi individuali di protezione, dopo la risoluzione del contratto», la Corte d’appello di Napoli non ha fatto corretta applicazione di tali principi.
Infatti, in una tale fattispecie, la somma di denaro che costituiva l’anticipo per l’acquisto dei menzionati dispositivi di protezione fu versata dalla sig.ra COGNOME senza alcun vincolo di destinazione – cioè senza alcuna limitazione del suo uso e senza alcun incarico di dare a essa una specifica destinazione o di impiegarlo per un determinato uso -, con la conseguenza che la stessa somma era divenuta di esclusiva proprietà del COGNOME (il quale ne aveva acquisito, appunto, la proprietà, insieme con il possesso), e che, perciò, sulla base dei principi che si sono esposti al punto 3.1., lo stesso COGNOME, non restituendo, anche se «dolosamente», la somma che aveva ricevuto a titolo di acconto dopo che il contratto di acquisto dei dispositivi si era risolto, non ha commesso il reato di appropriazione indebita, del quale difetta il requisito dell’altruità del denaro da lu ricevuto, ma, eventualmente, un mero illecito civile.
3.3. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
Da tale decisione consegue altresì la revoca delle statuizioni civili.
L’esame del quarto e del quinto motivo è assorbito dall’accoglimento del terzo motivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.
Così deciso il 07/03/2025.