Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1310 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1310 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CUVIO il 28/09/1947
avverso la sentenza del 02/12/2022 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni di cui alla requisitoria del Pubblico Ministero, in persona de Sostituto P.G. NOME COGNOME
Ricorso trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co.8 D.L. n. 137/2020 e del successivo art. 8 D.L. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOMECOGNOME a mezzo del difensore di fiducia, ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 02/12/2022 (dep. 3/03/2023) che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano, ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di infedeltà patrimoniale ascritto al capo b) della rubrica rideterminato la pena in ordine al reato di appropriazione indebita di cui al capo a), confermando le statuizioni civili disposte in favore della parte civile NOME COGNOME
1.1. Con il primo motivo la difesa lamenta la violazione dell’art. 129 cod. proc, pen. e dell’art. 124 cod. pen., nonché vizio di motivazione sul tema della omessa rilevazione da parte della Corte di appello, in ordine al reato di infedeltà patrimoniale, del vizio di procedibilità costituito dalla tardività della querela, qua esito più favorevole all’imputato rispetto alla declaratoria di prescrizione.
1.2. Con il secondo motivo si deduce la violazione di legge in relazione all’art. 646 cod. pen. ed il vizio di motivazione in relazione all’affermata sussistenza del delitto di appropriazione indebita di cui al capo a) della rubrica.
1.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. ed il vizio di motivazione rispetto alla quantificazione del danno e della provvisionale.
1.4. Con il quarto motivo si lamenta la violazione di legge in relazione all’art. 81 cpv. cod. pen., per omessa indicazione dei singoli aumenti a titolo di continuazione interna rispetto alla pluralità delle condotte appropriative delle quali si ometterebbe la descrizione.
Il Pubblico ministero, nella persona del sostituto procuratore generale NOME COGNOME con requisitoria del 24/10/2023, ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata in ordine al capo a) della rubrica e per l’inammissibilità del ricorso nel resto.
Con memoria del 1/12/2023, il difensore della parte civile COGNOME NOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio per come quantificate nella nota spese allegata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente al secondo motivo in ordine al delitto di appropriazione indebita di cui al capo a) della rubrica. È, invece, inammissibile nel resto.
Il primo motivo di ricorso in tema di tardività della querela è inammissibile.
Sebbene al ricorrente vada riconosciuto – contrariamente a quanto prospettato dal P.G. nella requisitoria – un interesse a far valere la causa di improcedibilità rispetto a quella di estinzione del reato, in quanto dall’accertamento della prima conseguirebbe la revoca delle statuizioni civili che risultano disposte anche in ordine alla fattispecie di infedeltà patrimoniale, a differenza, invece, della prescrizione dichiarata in appello che, come noto, fa salve tali statuizioni a norma dell’art. 578, comma 1-bis, cod. proc. pen., il motivo di ricorso è inammissibile poiché il ricorrente, mediante il riferimento alla ricostruzione della vicenda sottesa alla presentazione della querela, sollecita la Corte di legittimità a riesaminare aspetti fattuali, certamente riservati al merito. Sul punto, la sentenza impugnata risulta corredata da congrua motivazione avendo indicato le ragioni per le quali la querela deve ritenersi tempestiva, da farsi risalire al momento in cui il querelante poté avere piena contezza dell’accaduto, essendo faticosamente riuscito ad ottenere dalla società, dalla quale era fuoriuscito, la documentazione necessaria da cui trasse, anche a seguito di un iter civilistico travagliato, la consapevolezza del fatto reato.
Il secondo motivo di ricorso in tema di sussistenza del delitto di appropriazione indebita è fondato.
Nell’ambito dei due giudizi di merito il carattere indebito dei prelievi eseguiti dall’imputato nell’anno 2015 è stato ricondotto alla assenza di valide ragioni contabili ed anche alla mancanza di richiamo nelle assemblee delle risalenti delibere societarie (vedi pagg. 8-9 della sentenza del Tribunale a cui quella impugnata fa espresso riferimento).
Tuttavia, per come evidenziato dallo stesso P.G. nella requisitoria, l’esistenza delle delibere del 1982 e del 1987, che legittimavano il ricorrente a percepire emolumenti, non risulta essere stata messa in discussione, né, aggiunge il Collegio, è ex lege richiesto che una delibera assembleare che costituisca fonte costitutiva di un diritto sia “confermata” o “rinnovata”, laddove nei termini non impugnata ed annullata, così come è da condividere l’affermazione difensiva secondo cui la prescrizione quinquennale del diritto al pagamento dei compensi in capo all’amministratore opera in ambito civile solo in conseguenza di una eccezione che non risulta essere stata sollevata nel caso in esame.
Tali circostanze avrebbero richiesto un maggiore approfondimento nel giudizio di appello rispetto alla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo specifico, aspetto sollecitato nell’atto di appello e non preso in considerazione all’interno della motivazione della sentenza della Corte territoriale.
Va, pertanto, annullata sul punto la sentenza impugnata, con rinvio al giudice
civile competente per valore in grado di appello, essendosi il reato prescritto, in assenza di cause di sospensione, il 27/02/2023, dopo la deliberazione della sentenza della Corte di appello (e prima che il fascicolo con il ricorso venisse trasmesso alla Corte di cassazione, risultando pervenuto il 10/05/2023). Dalla lettura delle sentenze di merito risulta, infatti, che l’ultimo pagamento, a cui va fatta risalire la consumazione del reato e la decorrenza del dies a quo del tempo necessario a prescrivere, è stato effettuato dalla società in favore dell’imputato il 27/08/2015.
Dall’accoglimento del motivo di appello in ordine al delitto di appropriazione indebita non consegue, però, la caducazione della provvisionale disposta in favore della parte civile. Dalla lettura delle sentenze di merito risulta, infatti, che l’impo della provvisionale di euro centomila sia stato stabilito quale quota parte del più ampio danno subito dalla parte civile in conseguenza del depauperamento del patrimonio sociale della società, derivante, in modo significativo, dall’infedeltà patrimoniale di cui al capo b) della rubrica, il cui ammontare è di gran lunga superiore a detto importo.
Il quarto motivo in ordine al trattamento sanzionatorio è, invece, interamente assorbito dalla declaratoria di prescrizione.
In conclusione, nulla aggiungendo di decisivo quanto evidenziato nella memoria della parte civile, va annullata la sentenza impugnata agli effetti civili limitatamente al reato di appropriazione indebita cui al capo a), con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui va rimessa la liquidazione delle spese tra le parti per il presente grado di legittimità; va, invece dichiarato inammissibile il ricorso nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili limitatamente al capo A), con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
Dichiara inammissibile il ricorso nel resto.
Così deciso, il 07/12/2023