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Appropriazione indebita: da quando decorre la prescrizione?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20488/2024, chiarisce un punto fondamentale sul reato di appropriazione indebita commesso dall’amministratore di condominio. Il ricorso di un amministratore, condannato per essersi appropriato di somme condominiali, è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che la prescrizione del reato non decorre dai singoli atti di distrazione del denaro, ma dal momento in cui l’amministratore manifesta la volontà di possedere i fondi come propri, tipicamente con il rifiuto di restituirli o di presentare il rendiconto. Questo sposta in avanti il termine di consumazione del reato, rendendo infondata l’eccezione di prescrizione sollevata.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appropriazione indebita e prescrizione: la Cassazione fa chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 20488 del 2024, affronta un tema cruciale per chiunque viva in un condominio: il reato di appropriazione indebita commesso dall’amministratore e, in particolare, da quale momento inizia a decorrere il termine di prescrizione. La decisione offre un’interpretazione consolidata che ha importanti conseguenze pratiche sia per gli amministratori che per i condomini.

I fatti del processo

Il caso riguarda un amministratore di condominio condannato in primo e secondo grado per una serie di episodi di appropriazione indebita aggravata. Secondo l’accusa, tra il 2013 e il 2019, l’amministratore si era appropriato di somme versate dai condomini, destinate al pagamento di fornitori e utenze, utilizzandole per scopi personali. La Corte d’Appello aveva confermato la sentenza di condanna, unificando i vari episodi sotto il vincolo della continuazione.

I motivi del ricorso in Cassazione

L’amministratore, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Vizio di motivazione: sosteneva che non vi fosse prova certa della sua responsabilità, lamentando l’incertezza delle testimonianze e l’impossibilità di difendersi adeguatamente per non avere più la contabilità.
2. Errato bilanciamento delle circostanze: riteneva che le attenuanti generiche, legate al suo corretto comportamento processuale, dovessero prevalere sulle aggravanti contestate, e non essere solo equivalenti.
3. Intervenuta prescrizione: questo era il punto centrale del ricorso. La difesa sosteneva che i reati commessi fino ad aprile 2016 fossero ormai prescritti. L’argomento si basava sull’idea che il termine di prescrizione dovesse decorrere dalla data di ogni singola appropriazione.

La prescrizione nell’appropriazione indebita: la tesi della difesa

Secondo il ricorrente, ogni volta che una somma veniva distratta, si consumava un singolo reato. Di conseguenza, il calcolo della prescrizione avrebbe dovuto partire da ciascuno di questi momenti. Seguendo tale logica, i fatti più risalenti nel tempo sarebbero caduti in prescrizione prima della sentenza d’appello.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa e confermando la condanna. La parte più significativa della sentenza riguarda proprio la questione della prescrizione.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ribadito un principio consolidato in giurisprudenza: nel caso di appropriazione indebita commessa da un soggetto che detiene legittimamente il bene altrui (come l’amministratore di condominio con i fondi condominiali), il reato non si consuma con ogni singolo atto di distrazione. La consumazione, e quindi il dies a quo (giorno di inizio) della prescrizione, si perfeziona solo nel momento in cui il detentore manifesta inequivocabilmente la volontà di comportarsi uti dominus, ovvero come se fosse il proprietario del bene.

Questo momento, spiega la Corte, solitamente coincide con una condotta esterna che rende palese l’intenzione di non restituire il bene. Tipicamente, ciò avviene quando:
* L’amministratore si rifiuta di restituire il denaro o la documentazione contabile alla fine del suo mandato.
* L’amministratore non presenta il rendiconto finale della gestione, nonostante la richiesta.

Nel caso specifico, la Corte ha individuato tale momento nel settembre 2019, data in cui l’imputato si era rifiutato di consegnare il denaro e la contabilità. È da quella data, e non dalle singole appropriazioni precedenti, che è iniziato a decorrere il termine di prescrizione di sei anni (più un quarto per l’interruzione). Di conseguenza, al momento della decisione della Corte d’Appello (dicembre 2023), il reato non era affatto prescritto.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento fondamentale per la tutela dei condomini. Stabilire che la prescrizione decorre non dai singoli ammanchi, spesso difficili da individuare nell’immediato, ma dal momento della manifesta volontà di non restituire, offre una protezione più efficace contro gli amministratori infedeli. Questa interpretazione impedisce che condotte illecite, protratte nel tempo e scoperte solo alla fine della gestione, possano beneficiare della prescrizione. Per gli amministratori, invece, la decisione è un monito sulla gravità del rifiuto di trasparenza e di restituzione delle somme a fine incarico, condotta che la legge identifica come il momento consumativo del grave reato di appropriazione indebita.

Quando si consuma il reato di appropriazione indebita commesso da un amministratore di condominio?
Il reato si consuma non nel momento dei singoli atti di distrazione del denaro, ma quando l’amministratore manifesta la volontà di tenere per sé le somme come se ne fosse il proprietario. Questo solitamente avviene con il rifiuto di restituire i fondi o di presentare il rendiconto alla fine del suo incarico.

Perché la Corte ha respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dall’imputato?
La Corte ha respinto l’eccezione perché il termine di prescrizione ha iniziato a decorrere non dalle date delle singole appropriazioni, ma dal settembre 2019, momento in cui l’amministratore ha rifiutato la consegna del denaro e della contabilità. Pertanto, alla data della sentenza d’appello, il termine di prescrizione non era ancora maturato.

Quali sono le conseguenze di un ricorso in Cassazione dichiarato inammissibile ai fini della prescrizione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il rapporto processuale non si perfeziona validamente. Di conseguenza, il tempo trascorso tra la decisione impugnata e la dichiarazione di inammissibilità diventa irrilevante ai fini del calcolo della prescrizione del reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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