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Appropriazione indebita associazione: ricorso respinto

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un ex presidente di un’associazione condannato per appropriazione indebita e furto. L’imputato aveva sottratto denaro dal conto e contanti versati dai soci, oltre a documenti contabili. La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando come la difesa non possa giustificare l’appropriazione con un presunto credito non certo, liquido ed esigibile verso l’associazione. Inoltre, sono stati respinti i motivi procedurali, come la revoca dei testimoni a difesa non citati per l’udienza.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appropriazione indebita in associazione: la Cassazione chiarisce i limiti della difesa

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso di appropriazione indebita commesso dal presidente di un’associazione, offrendo importanti spunti sulla responsabilità degli amministratori e sui limiti delle strategie difensive. La Suprema Corte, dichiarando inammissibile il ricorso dell’imputato, ha confermato la condanna per aver sottratto fondi sociali e documenti, ribadendo principi fondamentali sia in materia di diritto penale sostanziale che processuale.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda l’ex presidente di un’associazione di consumatori, condannato in primo e secondo grado per due distinti episodi di appropriazione indebita e per il reato di furto. Nello specifico, l’imputato era accusato di aver prelevato indebitamente somme di denaro dal conto corrente dell’associazione e di essersi appropriato di contanti versati direttamente dai soci. Oltre a ciò, gli veniva contestata la sottrazione di documenti contabili, tra cui fatture quietanzate ed estratti conto bancari.

La Corte di Appello aveva confermato integralmente la sentenza del Tribunale, ritenendo provate le condotte illecite. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, basandolo su diversi motivi.

I Motivi del Ricorso e l’Analisi della Cassazione

La difesa dell’imputato ha sollevato varie questioni, tutte respinte dalla Suprema Corte in quanto generiche, non consentite o manifestamente infondate.

Sulla legittimazione della parte civile

Il ricorrente contestava la validità della querela sporta dal suo successore, sostenendo che la sua nomina a presidente fosse fittizia. La Corte ha rigettato il motivo, evidenziando che agli atti era presente una delibera assembleare, sottoscritta da tutti i soci, che attestava la legittima nomina del nuovo presidente e quindi la sua piena facoltà di agire per conto dell’associazione.

Sulla revoca dei testimoni a difesa

Un altro motivo di doglianza riguardava la decisione del Tribunale di revocare l’audizione dei testimoni della difesa. La Cassazione ha ritenuto corretta tale decisione, poiché la difesa, pur avendone l’onere, non aveva provveduto a citare i propri testimoni per l’udienza fissata. La negligenza della parte non può comportare un rinvio automatico. Inoltre, i giudici di merito avevano considerato superflua la loro testimonianza, data la presenza delle dichiarazioni spontanee dello stesso imputato che, di fatto, ammetteva i prelievi, pur tentando di giustificarli.

Sull’accusa di appropriazione indebita e la compensazione

Il ricorrente aveva ammesso i prelievi, sostenendo però che si trattasse di una compensazione per presunti crediti vantati nei confronti dell’associazione. La Corte ha smontato questa tesi, richiamando il principio consolidato secondo cui, in tema di appropriazione indebita, la compensazione con un credito preesistente non può essere eccepita come causa di giustificazione, a meno che tale credito non sia certo, liquido ed esigibile. In questo caso, tale prova non era stata fornita.

Sul reato di furto dei documenti

Per quanto riguarda il furto dei documenti, la difesa ne contestava la sussistenza per mancanza del fine di profitto. La Cassazione ha definito il motivo aspecifico, poiché la sottrazione non riguardava solo fatture quietanzate, ma anche estratti conto bancari. Proprio da questi ultimi sarebbero potute emergere le ripetute sottrazioni di denaro, dimostrando l’intento illecito dell’autore. La Corte ha colto l’occasione per ricordare che il fine di profitto nel furto può consistere in qualsiasi vantaggio, anche di natura non patrimoniale, come quello di occultare un altro reato.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile nella sua interezza. I giudici hanno sottolineato come molti motivi fossero generici o proponessero questioni che avrebbero dovuto essere sollevate nei gradi di merito. La decisione si fonda su principi giuridici consolidati: la discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle prove e nella commisurazione della pena, se congruamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.

La Corte ha ritenuto corretta la negazione delle attenuanti generiche e della sospensione condizionale della pena, data la “pervicacia dimostrata reiterando i fatti appropriativi in un ampio arco temporale” e la mancata restituzione delle somme sottratte. Tale comportamento ha giustificato una prognosi negativa sulla futura ricaduta nel reato, rendendo infondate le richieste della difesa.

Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito per chi ricopre cariche amministrative all’interno di associazioni o enti. Essa ribadisce con forza che la gestione del patrimonio altrui deve essere improntata alla massima trasparenza e correttezza. La giustificazione di prelievi personali come “compensazione” per crediti non accertati costituisce una difesa inefficace contro l’accusa di appropriazione indebita. Inoltre, la pronuncia evidenzia l’importanza della diligenza processuale: omissioni, come la mancata citazione di un testimone, possono precludere definitivamente l’assunzione di una prova potenzialmente favorevole. Infine, viene confermata un’interpretazione ampia del “fine di profitto” nel reato di furto, che può includere anche il vantaggio derivante dall’occultamento di altre condotte illecite.

Può un amministratore di un’associazione giustificare prelievi di denaro come compensazione per un proprio credito verso l’ente?
No. La sentenza ribadisce che, in tema di appropriazione indebita, non è possibile eccepire la compensazione con un credito preesistente, a meno che questo non sia certo, liquido ed esigibile, condizioni non dimostrate nel caso di specie.

Cosa succede se la difesa non cita i propri testimoni per l’udienza fissata?
Il giudice può revocare l’ammissione di tali testimoni e dichiarare la decadenza della parte dalla prova. La mancata citazione, considerata negligenza, non obbliga il giudice a rinviare l’udienza, specialmente se ritiene la testimonianza superflua ai fini della decisione.

Il furto di documenti contabili, come fatture o estratti conto, integra il fine di profitto richiesto dal reato di furto?
Sì. La Corte di Cassazione ha specificato che il fine di profitto nel reato di furto non deve essere necessariamente patrimoniale. Può consistere in qualsiasi vantaggio, inclusa l’intenzione di nascondere altre attività illecite (come le appropriazioni indebite) che potrebbero essere scoperte attraverso quei documenti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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