Appropriazione indebita Amministratore: Quando la Restituzione Salva dalla Condanna
Il reato di appropriazione indebita amministratore di condominio è una delle fattispecie più delicate e frequenti nella gestione immobiliare. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un’importante chiave di lettura, sottolineando come la completa restituzione delle somme distratte prima della cessazione dell’incarico possa incidere sulla valutazione della colpevolezza. Analizziamo insieme questo caso che si è concluso con l’annullamento della condanna per intervenuta prescrizione.
I Fatti del Caso: Una Gestione Condominiale Sotto Accusa
Il caso ha origine dalla condotta di un amministratore di condominio accusato di aver distratto fondi da uno dei conti correnti condominiali. Sebbene l’accusa avesse individuato una specifica operazione illecita, era emerso un dato fondamentale: al momento della cessazione del suo incarico, l’amministratore aveva completamente reintegrato il patrimonio complessivo del condominio. Nonostante ciò, i giudici di merito lo avevano ritenuto responsabile del reato di appropriazione indebita. L’amministratore ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo l’insussistenza dell’ingiusto profitto e, di conseguenza, del dolo, elemento psicologico necessario per la configurazione del reato.
La Decisione della Cassazione: Prescrizione e Dubbi sul Dolo
La Suprema Corte, con la sentenza in esame, ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna. La ragione formale della decisione è l’estinzione del reato per prescrizione, maturata nel corso del processo. Tuttavia, il percorso argomentativo seguito dai giudici è di estremo interesse. La Corte ha ritenuto i motivi di ricorso dell’imputato non manifestamente infondati, una valutazione che ha impedito una decisione di merito più sfavorevole e ha aperto la strada alla declaratoria di prescrizione.
Le Motivazioni: L’Importanza della Restituzione dei Fondi
Il cuore della decisione risiede nell’analisi del momento consumativo del reato e dell’elemento soggettivo del dolo. La Cassazione ha valorizzato la circostanza che l’amministratore, pur avendo compiuto una distrazione di fondi, avesse poi provveduto a reintegrare interamente il patrimonio del condominio prima di concludere il suo mandato. Questo comportamento, secondo la Corte, fa sorgere un serio dubbio sulla sussistenza di una volontà definitiva di appropriarsi del denaro per un profitto ingiusto. Se il patrimonio complessivo è stato ripristinato, diventa difficile affermare con certezza che l’agente fosse animato da dolo. La non manifesta infondatezza di questo profilo ha assorbito ogni altra censura e ha portato alla conclusione del processo per prescrizione, non potendosi pervenire a una formula assolutoria più ampia come quella prevista dall’art. 129 c.p.p.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per gli Amministratori di Condominio
La pronuncia offre un’importante lezione pratica. Sebbene la distrazione di fondi condominiali costituisca sempre una condotta grave e illecita, la successiva e integrale restituzione degli stessi prima della fine dell’incarico può rappresentare un elemento difensivo cruciale. Questa sentenza suggerisce che tale comportamento può essere interpretato come un’assenza della volontà di appropriarsi definitivamente dei beni, minando così la sussistenza del dolo richiesto dall’art. 646 c.p. La decisione non rappresenta un’assoluzione nel merito, ma evidenzia come la dinamica dei flussi finanziari e la condotta riparatoria dell’amministratore siano determinanti per valutare la sua effettiva responsabilità penale.
La restituzione del denaro da parte dell’amministratore esclude sempre il reato di appropriazione indebita?
No, non lo esclude automaticamente. Tuttavia, secondo questa sentenza, se la restituzione è completa e avviene prima della cessazione dell’incarico, può far sorgere un dubbio fondato sull’esistenza del dolo, ovvero dell’intenzione di appropriarsene definitivamente, che è un elemento essenziale del reato.
Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza per prescrizione e non ha assolto l’imputato?
La Corte ha annullato per prescrizione perché ha ritenuto i motivi di ricorso (basati sulla mancanza di dolo) ‘non manifestamente infondati’. Questo ha impedito di confermare la condanna e, essendo maturato il termine di prescrizione, ha imposto questa declaratoria. Gli elementi acquisiti non erano sufficienti per una assoluzione piena nel merito (ad esempio, ‘perché il fatto non sussiste’).
Cosa significa che i motivi di ricorso ‘assorbono ogni altra doglianza’?
Significa che la Corte ha ritenuto i primi due motivi del ricorso (relativi alla violazione di legge e al vizio di motivazione sulla responsabilità) così rilevanti e fondati da rendere superfluo l’esame di eventuali altre lamentele o eccezioni sollevate dall’imputato nel suo atto di appello.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35049 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 7 Num. 35049 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 21/02/2025 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME, letta la memoria difensiva in data 9/7/2025;
ritenuto che i primi due motivi di ricorso, che deducono violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al giudizio di responsabilità per il reato di cui all’art. 646 cod. pen., per inesistenza dell’ingiusto profitto, non sono manifestamente infondati, avuto riguardo all’individuazione del momento consumativo del reato posto che nel caso esaminato l’amministratore di condominio, pur avendo posto in essere una singola distrazione, in relazione ad uno dei conti correnti del condominio, al momento della cessazione della carica aveva reintegrato il patrimonio complessivo del condominio , sicchè non può dirsi con certezza che lo stesso fosse animato da dolo;
che, in relazione a tale profilo, ritenuta la non manifesta infondatezza dei primi due motivi, che assorbono ogni altra doglianza, deve dichiararsi la estinzione del reato per prescrizione ( maturata in data 16 agosto 2024).
Le risultanze acquisite non consentono una decisione più favorevole per l’imputato ex art. 129 c.p.p.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso, il 12 settembre 2025.