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Appropriazione indebita aggravata: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una consulente condannata per appropriazione indebita aggravata. La sentenza sottolinea che la valutazione dei fatti e l’entità del danno non sono riesaminabili in sede di legittimità e che l’ordinanza sulla provvisionale non è impugnabile. Il caso evidenzia i rigidi limiti del ricorso in Cassazione, che non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appropriazione Indebita Aggravata: i Limiti del Ricorso in Cassazione

Il reato di appropriazione indebita aggravata rappresenta una fattispecie complessa, spesso al centro di vicende giudiziarie articolate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare i confini del giudizio di legittimità, ribadendo principi consolidati sulla non sindacabilità delle valutazioni di merito e sull’inammissibilità di specifiche doglianze procedurali.

Il caso in esame riguarda una consulente professionale condannata in primo e secondo grado per essersi appropriata di ingenti somme di denaro di una società con cui intratteneva un rapporto fiduciario. Il suo ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile, e le motivazioni della Corte chiariscono in modo netto quali argomenti possono essere validamente portati davanti al giudice di legittimità e quali, invece, rappresentano un tentativo inefficace di ottenere un terzo giudizio di merito.

I Fatti del Processo: Dal Tribunale alla Cassazione

Una consulente veniva condannata dal Tribunale per il reato di appropriazione indebita aggravata e continuata, ai danni di una società cliente. La sentenza veniva integralmente confermata dalla Corte d’Appello. Secondo l’accusa, la professionista si era appropriata di una somma pari a 53.500 euro, ben superiore a quella inizialmente indicata nella querela (circa 6.600 euro).

La difesa dell’imputata ha proposto ricorso per cassazione, basandolo su tre motivi principali:
1. Errata valutazione dell’intenzione: Si sosteneva l’inverosimiglianza dell’intento di appropriarsi delle somme, dato il rapporto professionale pluriennale con la parte offesa.
2. Errata configurazione dell’aggravante: La difesa contestava l’ammontare del danno, sostenendo che la condanna per un importo molto più elevato rispetto a quello querelato avesse illegittimamente portato al riconoscimento dell’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, escludendo così la possibilità di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).
3. Mancata sospensione della provvisionale: Si lamentava la mancata sospensione dell’esecuzione della condanna al pagamento di una provvisionale in favore della parte civile.

L’Analisi della Corte sull’Appropriazione Indebita Aggravata

La Suprema Corte ha respinto tutti i motivi di ricorso, dichiarandolo nel suo complesso inammissibile. La decisione si fonda su principi cardine del diritto processuale penale.

La Questione dell’Elemento Soggettivo e del Danno Patrimoniale

In merito ai primi due motivi, i giudici hanno evidenziato come le sentenze di primo e secondo grado avessero raggiunto una “doppia conforme”, fornendo una motivazione congrua, logica e non contraddittoria sia sull’intenzione dell’imputata di appropriarsi del denaro, sia sulla quantificazione del danno.

La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la determinazione dell’entità del danno, così come l’accertamento dell’elemento psicologico del reato, costituiscono valutazioni di fatto. Tali valutazioni, se adeguatamente motivate dai giudici di merito, non possono essere messe in discussione in sede di legittimità. Il ricorso per cassazione non è un “terzo grado” dove si possono rivalutare le prove, ma un giudizio sulla corretta applicazione della legge. La circostanza che la querela iniziale indicasse una somma inferiore è stata ritenuta irrilevante, poiché l’accertamento processuale ha legittimamente condotto a una diversa e maggiore quantificazione del danno.

Sull’Inammissibilità del Motivo Relativo alla Provvisionale

Anche il terzo motivo è stato giudicato inammissibile “tout court”. La Corte ha ricordato, citando un proprio precedente consolidato, che l’ordinanza con cui il giudice d’appello rigetta la richiesta di sospensione dell’esecuzione di una condanna al pagamento di una provvisionale è un provvedimento inoppugnabile. Non esiste, infatti, una norma di legge che preveda la possibilità di impugnare tale decisione.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano sulla netta distinzione tra giudizio di fatto e giudizio di legittimità. I primi due motivi del ricorso, pur essendo formalmente presentati come violazioni di legge e vizi di motivazione, miravano in realtà a una nuova valutazione del materiale probatorio, un’operazione preclusa alla Corte di Cassazione. I giudici di merito avevano spiegato in modo coerente perché ritenessero provata l’intenzione colpevole e perché il danno fosse di rilevante gravità. Tale motivazione, non essendo né manifestamente illogica né contraddittoria, è insindacabile. Per quanto riguarda il terzo motivo, la decisione si fonda su un puro principio di diritto processuale: l’assenza di una previsione normativa che consenta l’impugnazione del rigetto della sospensione della provvisionale rende il motivo ab origine inammissibile.

Le conclusioni

La decisione in commento conferma che il ricorso per cassazione deve concentrarsi su reali violazioni di legge o su vizi motivazionali evidenti e decisivi, non su una diversa interpretazione delle prove. Per chi affronta un processo per appropriazione indebita aggravata, è cruciale comprendere che le questioni relative alla quantificazione del danno e all’intenzionalità devono essere solidamente argomentate e provate nei primi due gradi di giudizio. Tentare di rimettere in discussione tali aspetti di merito in Cassazione si rivela, come in questo caso, una strategia infruttuosa che porta a una dichiarazione di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile contestare in Cassazione l’ammontare del danno accertato nei gradi di merito?
No, la determinazione della somma oggetto di appropriazione e la valutazione della gravità del danno sono accertamenti di fatto. Se i giudici di merito hanno fornito una motivazione logica e congrua, tale valutazione non è riesaminabile dalla Corte di Cassazione.

La somma indicata nella querela iniziale vincola la decisione finale del giudice sul danno?
No, la somma indicata nell’atto di querela non è vincolante. Il giudice, sulla base delle prove raccolte durante il processo, può legittimamente accertare un danno di importo diverso e superiore.

L’ordinanza che rigetta la sospensione del pagamento di una provvisionale è impugnabile?
No, la legge non prevede un mezzo di impugnazione per l’ordinanza con cui il giudice d’appello rigetta la richiesta di sospensione dell’esecuzione della condanna al pagamento di una provvisionale. Di conseguenza, un motivo di ricorso basato su tale punto è inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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