Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 117 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 117 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 27380/2024
SANDRA RECCHIONE
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LARINO il 14/01/1987
avverso la sentenza del 21/03/2024 della CORTE APPELLO di COGNOME visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni del difensore della parte civile RAGIONE_SOCIALE, Avv. NOME COGNOME il quale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, con conferma della penale responsabilità di COGNOME NOME anche in merito alle statuizioni civili e condanna dello stesso alla rifusione delle spese e competenze del presente grado di giudizio, oltre accessori di legge;
letta la memoria difensiva del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso, con particolare riferimento al secondo motivo proposto;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Campobasso, con sentenza del 21 marzo 2024, confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto COGNOME NOME responsabile del reato di appropriazione indebita aggravata ‘perchØ, in qualità di incaricato dalla ditta RAGIONE_SOCIALE -in ragione di rapporto di lavoro- alla vendita al dettaglio e all’ingrosso di mezzi tecnici e prodotti per l’agricoltura, nonchØ al rilascio di bolle di consegna e alla ricezione degli incassi delle vendite…si appropriava delle somme relative ai pagamenti di fatture ricevute da clienti…’ (così il capo di imputazione).
1.1 Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore dell’imputato, osservando che la Corte di appello aveva omesso totalmente di motivare su aspetti fondamentali della vicenda,
concernenti il tipo di rapporto di lavoro tra il ricorrente e la RAGIONE_SOCIALE, posto che COGNOME era dipendente di altra società, ossia la cooperativa RAGIONE_SOCIALE; la Corte di appello non aveva dato credito alle dichiarazioni di COGNOME -in base alle quali egli svolgeva attività di agente di rappresentanza per la RAGIONE_SOCIALE, per la quale provvedeva alla vendita dei prodotti e veniva retribuito con provvigioni, per il cui pagamento venivano trattenute le somme- in quanto ritenute prive di riscontri; non era stato considerato che, in mancanza di un atto scritto, era impossibile per l’imputato dimostrare come fosse contrattualmente regolato il suo rapporto di lavoro con la RAGIONE_SOCIALE ma, visto il suo rapporto di lavoro con la cooperativa RAGIONE_SOCIALE, era di intuitiva evidenza e di ragionevole deducibilità che il concomitante rapporto con la RAGIONE_SOCIALE non potesse che essere di rappresentanza; del tutto illogica ed irragionevole era l’affermazione della Corte di appello secondo cui la tesi dell’imputato di aver trattenuto le somme a pagamento delle sue provvigioni sarebbe rimasta priva di riscontri, non avendo l’imputato neppure quantificato l’importo a lui spettante, giacchŁ era evidente che in tale prospettazione si dava per scontato che gli importi delle provvigioni a lui dovuti erano quanto meno pari, se non addirittura superiori, a quelli trattenuti dalle somme versate dai clienti, non potendosi pretendere che l’imputato potesse indicare a distanza di anni i calcoli di maturazione delle provvigioni maturate; inoltre, l’imputato faceva settimanalmente resoconti al legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE sulle vendite effettuate, quindi la società sapeva che RAGIONE_SOCIALE aveva ricevuto (anche) il pagamento delle forniture in discussione ed aveva trattenuto i relativi importi per la retribuzione delle sue provvigioni; del tutto inattendibili erano le giustificazioni del legale rappresentante della persona offesa in ordine alle ragioni per cui la verifica degli insoluti era avvenuta solo dopo che il rapporto con l’imputato si era interrotto da alcuni mesi; la Corte di appello aveva ritenuto, in maniera irragionevole, normali e non sintomatiche di macchinazioni le modalità con cui la RAGIONE_SOCIALE si era rivolta ai propri clienti per richiedere il pagamento degli insoluti trasmettendo moduli prestampati; alla luce di tutto ciò era evidente che la versione della RAGIONE_SOCIALE era del tutto inverosimile.
1.2 Il difensore eccepisce che la sentenza impugnata era comunque illegittima nella parte in cui la Corte di appello aveva ritenuto, a fronte delle molteplici trattenute da parte dell’imputato del denaro versato dai clienti per il pagamento del prezzo di vendita dei prodotti che di volta in volta venivano effettuate, che si fosse trattato di un unico reato appropriativo, realizzato nel momento in cui lo stesso si era rifiutato di restituire le somme, con conseguente violazione degli artt. 81 e 157 cod. pen.
1.3 Il difensore contesta la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di appello, con riferimento alla sussistenza della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità, pur ribadendo che nel caso di specie vi era stata un’unica condotta appropriativa, aveva affermato che in caso di pluralità di condotte appropriative, commesse nell’ambito di un unico disegno criminoso, ai danni di un’unica persona offesa, la valutazione della circostanza aggravante in parola doveva avvenire con riferimento al danno globalmente considerato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł infondato.
1.1 Preliminarmente, si deve ribadire che,secondo il consolidato e condivisibile orientamento di legittimità, Ł inammissibile per difetto di specificità il ricorso che riproponga pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello, senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in virtø delle quali i motivi di appello non siano stati accolti. Si Ł, infatti, esattamente osservato che la funzione tipica dell’impugnazione Ł quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le
ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione Ł, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente, il confronto puntuale (cioŁ con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (vedi Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521).
Ciò premesso, quanto al primo motivo di ricorso, si deve precisare la natura del sindacato di legittimità, riportandosi ai principi che questa Corte ha piø volte ribadito, sulla base dei quali gli aspetti del giudizio che si sostanziano nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi probatori attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità, a meno che risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguente inammissibilità, in sede di legittimità, di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Non va infatti dimenticato che “…sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito” (cfr. Sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, Rv. 253099).
La Corte di appello ha ritenuto, con un giudizio di merito non censurabile nella presente sede, che la versione di COGNOME (che ha ammesso di aver trattenuto le somme di cui al capo di imputazione) secondo cui ha imputato le somme da lui ricevute dai clienti della RAGIONE_SOCIALE al pagamento delle sue provvigioni, Ł rimasta priva di riscontri, non avendo neppure indicato l’ammontare del credito maturato (non indicato nemmeno nel ricorso per cassazione, ove ci si Ł limitati ad un generico riferimento al fatto che le somme erano almeno pari a quelle a lui dovute); inoltre, la Corte di appello ha risposto puntualmente a tutte le censure di cui all’atto di appello (si vedano pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata).
1.2 Quanto al secondo motivo di ricorso, si deve ribadire che ‘il termine di prescrizione del delitto di appropriazione indebita, nel caso di mandato a vendere, comincia a decorrere dal momento in cui il mandatario rifiuta, senza alcuna giustificazione, di dar seguito alla richiesta del mandante di trasferimento del denaro ricevuto dal compratore, poichØ Ł in questo momento che egli manifesta la volontà di detenere “uti dominus” il bene sul quale non ha piø alcun diritto’ (Sez.2, n. 46744 del 19/09/2018, COGNOME, Rv. 274650); la Corte di appello ha correttamente evidenziato che la data di consumazione del reato dovesse essere collocata nel momento in cui il legale rappresentante della società aveva chiesto a Rapacchiano, che aveva delega alla vendita della merce ed ai relativi incassi, la consegna delle somme di denaro ricavate dalle vendite ai clienti, risultando solo in tale momento, con la mancata restituzione, l’interversione del possesso che caratterizza il reato.
1.3 Manifestamente infondato Ł anche il terzo motivo di ricorso: quando il danno patrimoniale Ł causato ad un medesimo soggetto, non può che essere valutato unitariamente, risultando solo la sua misura complessiva idonea a descrivere, in modo adeguato, la diminuzione patrimoniale arrecata alla persona offesa(così Sez. 5, n. 28598, del 2017, Rv. 270244; Sez. 2 n. 34525 del 2021 Rv. 281866; Sez. 2 n. 25030 del 2022 Rv. 283554); nel caso in esame il danno complessivamente cagionato non si Ł ripartito tra piø persone offese, ma Ł rimasto confinato nel patrimonio della stessa vittima, nel quale si Ł accumulato ed accresciuto ad ogni episodio delittuoso.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato; ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento; in virtø del principio della soccombenza, l’imputato deve
inoltre essere condannato al pagamento delle spese in favore della parte civile, non sussistendo motivi per la compensazione.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE che liquida in complessivi euro 1.800, oltre accessori di legge.
Così Ł deciso, 04/12/2024
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME