Applicazione retroattiva della pena: la Cassazione ribadisce il principio di legalità
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato uno dei cardini del nostro ordinamento penale: il divieto di applicazione retroattiva della pena più sfavorevole. Questo principio, garanzia fondamentale per ogni cittadino, stabilisce che nessuno può essere punito con una sanzione più grave di quella prevista dalla legge al momento della commissione del fatto. Il caso in esame offre un chiaro esempio di come questo principio operi concretamente, portando all’annullamento di una condanna errata.
I Fatti del Caso
L’imputato era stato condannato in secondo grado dalla Corte d’appello per un reato previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990 (Testo Unico Stupefacenti). La Corte territoriale, nel determinare la pena, aveva inflitto una sanzione basata su una pena base di un anno e sei mesi di reclusione e 1200 euro di multa.
Tuttavia, la difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando un punto cruciale: il reato era stato commesso nel gennaio 2022. All’epoca, la legge prevedeva per quella fattispecie una pena minima di sei mesi di reclusione e 1032 euro di multa. La pena base applicata dalla Corte d’appello, invece, corrispondeva ai nuovi e più severi limiti edittali introdotti da una legge successiva, entrata in vigore nel novembre 2023, ben dopo la commissione del fatto.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha accolto pienamente il ricorso della difesa, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno constatato che la Corte d’appello aveva commesso un errore di diritto, applicando implicitamente una normativa successiva e più sfavorevole all’imputato. Questo contrastava palesemente con il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole.
Di conseguenza, la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, ma ha scelto di non rinviare il caso a un nuovo giudizio d’appello. Sfruttando la facoltà prevista dall’art. 620, lettera l), del codice di procedura penale, ha deciso direttamente nel merito, poiché l’errore non richiedeva alcun ulteriore accertamento di fatto ma solo un nuovo e corretto calcolo della pena.
Le Motivazioni: Il Divieto di Applicazione Retroattiva della Pena Più Severa
La motivazione della Corte si fonda sul principio del favor rei, corollario del principio di legalità in materia penale. In base a tale principio, in caso di successione di leggi penali nel tempo, si deve sempre applicare la legge le cui disposizioni sono più favorevoli all’imputato, a meno che non sia stata pronunciata una sentenza irrevocabile. Nel caso di specie, la legge vigente al momento del fatto (gennaio 2022) era indiscutibilmente più mite di quella introdotta nel 2023.
La Corte d’appello aveva errato sia nella determinazione della pena detentiva, partendo da un minimo più alto di quello applicabile, sia nella determinazione della pena pecuniaria, fissata in 1200 euro anziché nel minimo edittale di 1032 euro. La Cassazione ha quindi corretto questo errore, ricalcolando la pena partendo dalla base corretta (sei mesi e 1032 euro di multa), tenendo conto degli aumenti per la recidiva e delle riduzioni per il rito abbreviato, pervenendo alla pena finale di sei mesi di reclusione e 1.032,00 euro di multa.
Conclusioni
Questa sentenza è un’importante conferma della centralità delle garanzie costituzionali nel processo penale. Il divieto di applicazione retroattiva della pena più severa non è una mera formalità, ma una tutela sostanziale che protegge l’individuo dall’arbitrio del legislatore e garantisce la certezza del diritto. La decisione della Cassazione di annullare senza rinvio e rideterminare direttamente la pena dimostra inoltre l’efficienza del sistema quando l’errore è palese e di pura natura giuridica, evitando inutili lungaggini processuali e ripristinando immediatamente la legalità violata.
Perché la sentenza della Corte d’Appello è stata annullata?
La sentenza è stata annullata perché ha applicato una legge penale più severa entrata in vigore dopo la commissione del reato. Questo viola il principio fondamentale che vieta l’applicazione retroattiva di una pena più grave.
Qual è il principio giuridico violato nel calcolo della pena?
È stato violato il principio di irretroattività della legge penale sfavorevole, noto anche come principio del favor rei. Questo principio impone di applicare sempre la legge più mite tra quella vigente al momento del fatto e quelle successive, fino a quando non intervenga una condanna definitiva.
Perché la Corte di Cassazione ha potuto ricalcolare direttamente la pena?
La Corte di Cassazione ha potuto agire direttamente grazie all’articolo 620, lettera l), del codice di procedura penale. Questa norma le consente di annullare una sentenza senza rinviarla a un altro giudice quando l’errore è puramente di diritto e non sono necessari nuovi accertamenti sui fatti, come nel caso di un semplice ricalcolo della pena.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3078 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3078 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ANCONA il 10/06/1973 avverso la sentenza del 19/01/2024 della Corte d’appello di Ancona Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata
RITENUTO IN FATTO E DIRITTO
Rilevato che con la sentenza descritta in epigrafe la Corte di appello di Ancona, accogliendo il gravame interposto da NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale locale assunta in esito a rito abbreviato, ha riqualificato il fatto in origine asc all’imputato riconducendolo alla ipotesi normativa di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, riducendo, per l’effetto, la pena irrogata, ora determinata in misura di un anno e sei mesi di reclusione ed euro 1200 di multa (muovendo,-dalla pena base, attestata nel minimo, di anni uno e mesi sei di detenzione e 1200 di multa, aumentata per la recidiva ad anni due e mesi tre di reclusione e 1800 di multa così da pervenire alla pena finale in ragione della riduzione per il rito);
rilevato che avverso detta sentenza impugna la difesa del ricorrente lamentando l’applicazione retroattiva dei più rigorosi limiti edittali oggi previsti per la pena deten dall’attuale portato dell’art 73, comma 5, citato, atteso che, all’epoca del fatto (
gennaio 2022), i minimi edittali sanciti dalla citata disposizione erano determinati in misura diversa e minore (6 mesi) rispetto a quelli applicati dalla Corte territoriale, ne caso implicitamente riferiti al successivo e attualmente vigente tenore della detta fattispecie incriminatrice e per la sola ipotesi del caso in cui la condotta riscontrata no possa ritenersi occasionale, evidenziando f al contempo, che la pena pecuniaria è stata quantificata in termini distonici al minimo dettato dalla normativa di riferimento (pari euro 1032);
ritenuto che la lettura della sentenza impugnata avalla il tenore della contestazione mossa con il ricorso sia con riguardo alla scelta del giudice del merito di attestare nel minimo il trattamento da irrogare, sia in relazione ad un implicito riferimento ( per il ver coerente alla sola pena detentiva) ai limiti edittali oggi sanciti dall’ultimo periodo vigente art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 1 così come novellato dall’art. 4, comma 3, D.L. 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 novembre 2023, n. 159 ed entrato in vigore dopo il fatto coperto dalla regiudicanda ( risalente al gennaio 2022), sia ( infine inordine alla pena pecuniaria comunque determinata in termini superiori al limite edittale sancito dalla disciplina di riferimento vigente all’epoca dei f ( 1200 euro in luogo della previsione edittale di euro 1032);
ritenuto che alla riscontrata illegittimità del trattamento irrogato può ovviar direttamente questa Corte ex art 620, lettera I), cod. proc. pen. riproducendo il medesimo percorso tracciato dal giudice del merito (pena base vigente all’epoca dei fatti, determinata nel minimo, pari a sei mesi di detenzione e euro 1032 di multa, aumentati per la recidiva in misura di 1 /2 sino a nove mesi di detenzione ed euro 1548 di multa e ridotti per il rito in misura di un terzo) così da pervenire alla pena finale di cui al dispos che segue.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e ridetermina la pena irrogata al ricorrente in mesi sei di reclusione ed euro 1.032,00 di multa.
Così è deciso, 04/12/2024
Il Consigliere estensore
GLYPH
Il Presidente GLYPH NOME COGNOME
COGNOME NOME
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e-c75
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SEZIONE VI PENALE
27 GEN 2025