Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 17216 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 17216 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 14/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Pompei il 10/11/1982 avverso la sentenza del 04/06/2024 della Corte di appello di Napoli visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’8 novembre 2011 il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, all’esito del giudizio abbreviato, per quanto di interesse in questa sede, aveva affermato la penale responsabilità di NOME COGNOME per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso – in particolare al clan di camorra COGNOMECOGNOME–COGNOME – fino al primo marzo 2010, con le aggravanti di cui al quarto e sesto comma dell’art. 416-bis cod. pen.
La pena veniva fisata in anni tredici di reclusione così determinata: pena base anni dodici di reclusione, aumentata per la recidiva infraquinquennale ad anni diciannove e mesi sei di reclusione e quindi ridotta per la scelta del rito.
La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 29 aprile 2013, per quanto di rilievo in questa sede, ha rideterminato la pena inflitta in anni otto di reclusione così determinata: pena base anni otto di reclusione, aumentata per la recidiva ad anni dodici di reclusione e poi ridotta per il rito.
La Prima Sezione penale di questa Corte di cassazione, decidendo sul ricorso di NOME COGNOME con sentenza del 4 maggio 2015, depositata il 17 ottobre 2016, ha precisato che il Giudice di primo grado aveva applicato non la recidiva reiterata infraquinquennale, originariamente contestata, ma la recidiva infraquinquennale e ha osservato che la Corte di appello, nel rideterminare la pena, aveva determinato l’aumento per detta recidiva nella misura massima, senza fornire sul punto adeguata motivazione. Ha, quindi, annullato con rinvio sul punto la sentenza di appello, confermandola quanto al diniego delle attenuanti generiche.
La Corte di appello decideva in sede di rinvio con la sentenza del 24 ottobre 2017, che riduceva la pena ad anni sette, mese uno e giorni dieci di reclusione e che veniva impugnata dal Visciano con ricorso per cassazione, lamentando violazione di legge quanto all’applicazione della recidiva ed invocando a tal fine la sentenza della Corte costituzionale n. 185 dell’8 luglio 2015 che aveva dichiarato l’illegittimità del quinto comma dell’art. 99 cod. pen. che sanciva l’obbligatorietà dell’applicazione della recidiva per i reati di cui all’art. 407, comma 2, lett. a), cod. proc. pen., tra i quali vi era anche quello di cui all’art. 416-bis cod. pen.
La Quinta Sezione penale di questa Corte di cassazione, con la sentenza n. 48059 del 2 ottobre 2019, accoglieva la doglianza, annullando con rinvio la sentenza della Corte di appello ed affermando che erroneamente il Giudice del rinvio aveva ritenuto la questione coperta da giudicato; al momento in cui la Corte di cassazione aveva emesso la precedente sentenza la decisione della Corte costituzionale non era ancora intervenuta e quindi sulla questione non poteva essersi formato il giudicato.
La Corte di appello di Napoli, nuovamente investita della questione, con sentenza del 9 novembre 2021 ha confermato l’applicazione della recidiva e la misura della pena con decisione nuovamente impugnata dal Visciano, il quale ha dedotto carenza di motivazione in ordine all’applicazione della recidiva, nonché violazione di legge, poiché con la sentenza di primo grado era stata accertata la sua partecipazione al sodalizio criminale solo per quattro mesi nel 2007, sebbene gli fosse stata contestata la partecipazione sino al 2010.
Poiché la condanna sulla quale si fondava la recidiva era passata in giudicato solo nel 2009, non poteva essergli applicata la recidiva.
La Prima Sezione penale della Corte di cassazione, con la sentenza n. 25597 del 3 marzo 2023, ha ritenuto fondato il motivo di ricorso sulla carenza
motivazionale in ordine al potere discrezionale di applicazione della recidiva, divenuta facoltativa per effetto della sentenza della Corte costituzionale sopra citata, e ha nuovamente annullato con rinvio la sentenza della Corte di appello di Napoli.
La Corte di appello di Napoli, con sentenza del 4 giugno 2024, ha affermato che dalla commissione del nuovo reato emerge la maggiore pericolosità dell’imputato e ha confermato la misura della pena come già fissata dalla medesima Corte di appello con la decisione del 2021.
Avverso quest’ultima sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME a mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento ed articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo, erroneamente indicato come secondo motivo, il ricorrente si duole dell’omessa motivazione in ordine al rigetto della doglianza con la quale si deduceva la violazione dell’art. 99 cod. pen. per essere la precedente condanna passata in giudicato dopo la condotta associativa per la quale egli è stato condannato nel presente giudizio.
Sostiene che la Corte di appello ha errato nel ritenere superata detta questione per avere la precedente sentenza della Corte di cassazione limitato il rinvio alla sola motivazione circa l’esercizio del potere di applicare o meno la recidiva. La questione relativa alla anteriorità o meno del passaggio in giudicato della precedente condanna rispetto alla condotta associativa oggetto di accertamento nel presente giudizio era strettamente connessa a quella relativa all’esercizio del suddetto potere, trattandosi di aspetti tra loro inscindibili.
In mancanza di una condanna passata in giudicato prima del reato associativo, la recidiva non poteva trovare applicazione.
2.2. Con il secondo motivo di impugnazione, erroneamente indicato come terzo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 99, quarto comma, cod. pen. e carenza di motivazione in ordine alla applicazione della recidiva, non avendo il Giudice del rinvio superato il difetto motivazionale che già aveva determinato il precedente annullamento.
Non è sufficiente limitarsi, come ha fatto il Giudice del rinvio, a riportare una serie di precedenti penali dell’imputato, senza indicare le ragioni che in concreto giustificano l’applicazione dell’aumento di pena per la recidiva.
È, invece, necessario esplicitare gli elementi di fatto che in concreto rendono il nuovo fatto sintomatico di una progressione criminosa, ponendo il nuovo fatto in rapporto con la pregressa condanna, con conseguente apprezzamento di un’accresciuta attitudine criminosa.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato.
La Corte di appello di Napoli, con la sentenza qui impugnata, ha correttamente rilevato che sulla anteriorità del passaggio in giudicato della precedente condanna rispetto alla condotta associativa per la quale si procede in questa sede si è formato il giudicato.
Deve ricordarsi che con la sentenza del 4 maggio 2015 questa Corte di cassazione aveva annullato la sentenza di secondo grado solo in relazione alla misura dell’aumento di pena per la recidiva infraquinquennale senza porre nuovamente in discussione la sussistenza dei presupposti per l’applicazione di detta aggravante, tra i quali la anteriorità del precedente penale rispetto alla condotta associativa.
Solo in virtù della sentenza della Corte costituzionale n. 185 del 2015, che ha escluso la natura obbligatoria dell’applicazione della recidiva, questa Corte di cassazione, con la sentenza n. 48059 del 2 ottobre 2019, ha annullato la precedente decisione del Giudice del rinvio disponendo un nuovo giudizio sul punto, perché si valutasse la ricorrenza dei presupposti per l’esercizio del potere discrezionale di applicare l’aumento di pena per la recidiva.
Laddove la condotta associativa fosse stata anteriore al precedente penale sul quale si fonda la recidiva, la applicazione di quest’ultima avrebbe dovuto essere esclusa già con la prima sentenza di annullamento con rinvio.
La Corte di cassazione, con la sentenza n. 25597 del 3 marzo 2023, non si è affatto pronunciata sulla questione riproposta dall’odierno ricorrente con il primo motivo poiché l’ha ritenuta inammissibile in virtù del giudicato ormai formatosi.
2. Il secondo motivo è infondato.
Il Giudice del rinvio ha fornito una motivazione adeguata in ordine all’applicazione dell’aumento di pena per la recidiva, affermando che il fatto oggetto del presente giudizio costituisce, anche alla luce delle precedenti condanne riportate, espressione di un’accresciuta pericolosità del Visciano, tale da giustificare l’aumento di pena per la ritenuta recidiva.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai – sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14/03/2025.