Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8862 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8862 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Trovato NOMECOGNOME nato a Catania il 15/01/1963
avverso la sentenza del 20/06/2024 della Corte d’appello di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 20 giugno 2024, la Corte di appello di Catania, pronunciando in sede di rinvio all’esito dell’annulla mento disposto dalla Corte di cassazione (Sez. 4, n. 11716 del 04/03/2021), ha applicato ad NOME COGNOME l’indulto previsto dalla legge n. 241 del 2006 nella misura di 11 mesi, 29 giorni di reclusione e 900 euro di multa, rideterminando la pena prevista per il reato di cui agli artt. 110, 61, n. 5, 624 e 625, nn. 2 e 5, cod. pen. (capo M), nonché per i
reati giudicati con sentenza dal Tribunale di Termini Imerese (irrevocabile in data 4 luglio 2006) e del Tribunale di Catania (irrevocabile in data 7 luglio 2007), nella entità complessiva di tre anni, dieci mesi e un giorno di reclusione, e ha rigettato la richiesta di emettere sentenza di non luogo a procedere con riferimento al reato di cui al capo M) per mancanza della condizione di procedibilità della querela.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME articolando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia violazione di legge, in relazione agli artt. 120, 124, 624, 625 cod. pen., 129, 336, 339, 340 cod. proc pen., 2 e 85 d.lgs. n. 150 del 2022, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b ) e c ), cod. proc. pen., avuto riguardo alla mancata dichiarazione di non luogo a procedere in relazione al reato di cui al capo M) per difetto di querela.
Si deduce che i giudici di appello hanno illegittimamente omesso di emettere sentenza di non luogo a procedere per difetto di querela, siccome questa non è mai stata presentata dalla persona offesa né in data anteriore né in data posteriore al 30 dicembre 2022.
Si premette che, con sentenza emessa in data 4 marzo 2024, la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte di appello di Catania limitatamente al punto concernente l’applicazione dell’indulto , previsto dalla legge n. 241 del 2006, per la rideterminazione del trattamento sanzionatorio, dichiarando irrevocabile la dichiarazione di penale responsabilità dell’imputato per il reato ascrittogli al capo M) della sentenza. Si aggiunge che, alla luce delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022 al regime di procedibilità del reato di cui all’art. 624, terzo comma, cod. pen., la querela della persona offesa è divenuta conditio sine qua non per la procedibilità di tale reato e che il termine per la sua presentazione, per i reati commessi prima del 30 dicembre 2022, decorre da tale data. Si precisa, altresì, che all’applicazione dell a normativa sopravvenuta più favorevole non osta la dichiarazione di irrevocabilità dell’affermazione di responsabilità dell’imputato, contenuta nella sentenza della Corte di cassazione, considerato che, pendendo il giudizio quoad poenam dinnanzi ai giudici del rinvio, non può considerarsi formato il giudicato.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 133, 624 e 625 cod. pen. e all’art. 1 legge n. 241 del 2006, nonchè vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e ), cod. proc. pen., avuto riguardo alla determinazione del periodo di indulto già usufruito dall’imputato.
Si deduce che illegittimamente, ai fini della determinazione del periodo di indulto da fruire, si è tenuto conto delle pene irrogate con sentenza del Tribunale
di Messina del 6 giugno 2003 e con sentenza del Tribunale di Catania del 19 luglio 2001, in quanto le stesse sono state espiate in epoca precedente alla concessione dell’indulto e che la Corte d’appello, pur prendendo atto delle incongruenze risultanti dalle indicazioni presenti nel certificato del casellario, ha omesso di offrire una compiuta risposta sul punto.
Si rappresenta che dal casellario giudiziario emergeva che: a) le pene irrogate con sentenza del Tribunale di Messina del 6 giugno 2003 e con sentenza del Tribunale di Catania del 19 luglio 2001, sono state cumulate con provvedimento della Procura del Tribunale di Messina, indicato nel punto 14 del certificato del casellario; b) la pena inflitta con la sentenza del Tribunale di Catania del 19 luglio 2001 risulta già eseguita per custodia cautelare dal 17 dicembre 1999 al 20 giugno 2000, come indicato nel punto 11 del cert ificato del casellario; c) nell’annotazione relativa al provvedimento di cumulo indicato nel punto 14 del certificato del casellario, si dava atto di una pena residua da scontare di quattro mesi di reclusione e di 50,00 euro di multa, con avvenuta espiazione della pena detentiva in regime di detenzione domiciliare in data 7 giugno 2005.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 81, 133, 624, 625 e 648 cod. proc. pen e all’art. 1 legge n. 241 del 2006, nonché vizio di motivazione, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b ) ed e ), cod. proc. pen., avuto riguardo alla rideterminazione della pena da espiare a seguito dell’applicazione dell’indulto previsto dalla legge n. 241 del 2006.
Si deduce che i giudici di appello, nel rideterminare la pena da espiare, hanno omesso di detrarre i periodi di indulto già precedentemente concessi in relazione alle pene irrogate con sentenza del Tribunale di Termini Imerese n. 283/05 e con sentenza del Tribunale di Catania n. 1348/07, i cui reati sono stati unificati nella sentenza impugnata a quello di cui al capo M) a titolo di continuazione. Si precisa che, con riguardo al reato di cui alla sentenza del Tribunale di Termini Imerese n. 283/05, l’indulto era stato applicato con ordinanza dello stesso Tribunale in data 12 ottobre 2007, e, con riguardo al reato di cui alla sentenza del Tribunale di Catania n. 1348/07 , l’indulto era stato applicato con ordinanza dello stesso Tribunale in data 31 ottobre 2007.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato limitatamente alle questioni concernenti l’applicazione dell’indulto, mentre è inammissibile nel resto, per le ragioni di seguito precisate.
Manifestamente infondate sono le censure esposte nel primo motivo, le quali contestano l’omessa pronuncia di sentenza di non luogo a procedere per
difetto di querela in relazione al reato di furto di cui al capo M), siccome l”stanza di punizione della persona offesa non è stata mai presentata.
In proposito, infatti, occorre evidenziare che, come già precisato dalla giurisprudenza, in caso di annullamento parziale con rinvio da parte della Corte di cassazione, le parti della decisione non oggetto di annullamento, non in connessione essenziale con quelle per le quali è stato disposto il nuovo giudizio, acquistano autorità di cosa giudicata, indipendentemente dalla espressa declaratoria in tal senso nel dispositivo della sentenza rescindente, sicché, qualora l’annullamento abbia riguardato unicamente aspetti relativi al trattamento sanzionatorio, diviene irrevocabile l’accertamento sulla sussistenza del reato e sulla sua attribuibilità all’imputato, con conseguente irrilevanza, nel nuovo giudizio, di questioni relative al mutato regime di procedibilità del reato (così Sez. 1, n. 47344 del 05/12/2024, COGNOME, Rv. 287290 -01, in ordine ad una fattispecie concernente il reato di furto ai danni di RAGIONE_SOCIALE, nella quale il giudizio di rinvio – disposto per rivalutare gli aspetti relativi alla sospensione condizionale della pena ed alla sostituzione della pena detentiva -si era svolto dopo l’entrata in vigore delle norme che hanno reso il delitto procedibile a querela).
In termini più generali, ma esattamente in questa prospettiva, le Sezioni Unite hanno osservato che non può trovare applicazione la legge penale modificativa più favorevole entrata in vigore dopo la sentenza della Corte di cassazione che dispone l’annullamento con rinvio ai soli fini della determinazione della pena, ma prima della definizione di questa ulteriore fase del giudizio, poiché i limiti della pronuncia rescindente determinano l’irrevocabilità della decisione impugnata in ordine alla responsabilità penale ed alla qualificazione dei fatti ascritti all’imputato (Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014, C., Rv. 258654 -01).
E, in piena coerenza con il principio di cui si fa applicazione in questa sede, altre decisioni hanno precisato che non costituisce causa di revoca della sentenza di condanna ai sensi dell’art. 673 cod. proc. pen. una modifica legislativa per effetto della quale un reato procedibile d’ufficio divenga procedibile a querela, in caso di mancata proposizione di questa, atteso che il regime di procedibilità non è elemento costitutivo della fattispecie e conseguentemente la sopravvenuta previsione della procedibilità a querela è inidonea a determinare un fenomeno di abolitio criminis (Sez. 1, n. 1628 del 03/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277925 -01). Ovvero che la sopravvenuta procedibilità a querela di un reato non costituisce prova nuova ai sensi dell’art. 630, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen. nel caso in cui la modifica normativa sia intervenuta successivamente al passaggio in giudicato della sentenza della quale si chiede la revisione (Sez. 2, n. 14987 del 09/01/2020, COGNOME, Rv. 279197 -01, ma anche Sez. 6 n. 34475 del 23/05/2024, COGNOME, Rv. 286993 -01).
Fondate, invece, sono le censure formulate nel secondo motivo, le quali contestano l’erronea determinazione del periodo di indulto già fruito dall’imputato, nonostante le incongruenze risultanti dal casellario giudiziario, e riconosciute nel provvedimento impugnato.
Invero, l’attale ricorrente rappresenta che erroneamente si è calcolato come fruito l’indulto con riferimento alle pene irrogate con sentenza del Tribunale di Messina del 6 giugno 2003 (annotazione n. 13 del certificato) e con sentenza del Tribunale di Catania del 19 luglio 2001 (annotazione n. 11 del certificato). Segnala che secondo quanto emerge dal casellario giudiziario: a) le pene irrogate con sentenza del Tribunale di Messina del 6 giugno 2003 e con sentenza del Tribunale di Catania del 19 luglio 2001, sono state cumulate con provvedimento della Procura del Tribunale di Messina, indicato nel punto 14 del certificato del casellario; b) la pena inflitta con la sentenza del Tribunale di Catania del 19 luglio 2001 risulta già eseguita per custodia cautelare dal 17 dicembre 1999 al 20 giugno 2000, come indicato nel punto 11 del certificato del casellario; c) nell’annotazione relativa al provvedimento di cumulo indicato nel punto 14 del certificato del casellario, si dava atto di una pena residua da scontare di quattro mesi di reclusione e di 50,00 euro di multa, con avvenuta espiazione della pena detentiva in regime di detenzione domiciliare in data 7 giugno 2005. Evidenzia che la Corte d’appello aveva ritenuto rilevante l’incertezza sul punto, tanto da disp orre ordinanza istruttoria in proposito in data 8 maggio 2024 (l’ordinanza è allegata al ricorso).
A fronte di questi elementi, la Corte d’appello, nella sentenz a impugnata, osserva, tra l’altro, che «essa non è giudice della corretta applicazione dell’i ndulto nei provvedimenti già emessi da altre autorità giudiziarie» e che eventuali errori, se sussistenti, possono essere fatti valere in sede esecutiva.
In questo modo, però, la sentenza impugnata non ha fatto chiarezza sulla esatta quantificazione dell’ indulto applicabile. E, come già chiarito in giurisprudenza, in tema di indulto, al giudice della cognizione non è consentito accordare il beneficio delegando al giudice dell’esecuzione la quantificazione del segmento di pena in concreto dichiarato estinto, poiché nessuna norma prevede siffatta delega, che si risolverebbe in una non consentita abdicazione all’esercizio della giurisdizione nell’ambito del procedimento di cognizione, illegittima se non dovuta a fattori oggettivi e insuperabili (così Sez. 2, n. 27813 del 21/03/2019, Palazzo, Rv. 276119 -01).
Fondate, poi, sono anche le censure enunciate nel terzo motivo, le quali contestano l’erronea rideterminazione della pena da espiare a seguito dell’applicazione dell’indulto, deducendo che la sentenz a impugnata ha omesso di
detrarre i periodi di indulto già precedentemente concessi in relazione alle pene irrogate con sentenza del Tribunale di Termini Imerese n. 283/05 e con sentenza del Tribunale di Catania n. 1348/07, i cui reati sono stati unificati nella sentenza impugnata a quello di cui al capo M) a titolo di continuazione.
Invero, la questione della necessità di detrarre i periodi di indulto già concessi relativamente alle pene inflitte con le sentenze appena indicate era stata posta alla Corte d ‘appello, come risulta dall’ordinanza istruttoria dalla stessa emessa in data 8 maggio 2024, ed allegata al ricorso. Ed infatti, a tale specifico proposito, la Corte d’appello, nell’ordinanza indicata, aveva rilevato: «le sentenza dei tribunali di Termini Imerese e Catania del 2005 e 2007, parimenti dal certificato penale risultano condonate, ma ora, le pene irrogate con le sentenze in questione hanno perso la loro individualità, poiché i fatti che ne sono oggetto hanno formato, con la sentenza di appello del 2019, che per questa parte è passata in giudicato, un unico reato continuato con l’odierno capo M; vi è quindi una rideterminazione della pena in misura inferiore, e non è noto se i provvedimenti di indulto relativi a dette condanne tengano conto di tale rideterminazione».
Ciò posto, però, su tale punto la sentenza impugnata non fornisce alcuna risposta, perché, pur non detraendo i periodi di indulto di cui si è detto, omette qualunque motivazione.
In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla parte relativa al l’applicazione dell’indulto.
Il Giudice del rinvio procederà all’esame delle questioni concernenti i periodi di indulto già fruiti dall’imputato, come precisate in precedenza nei §§ 3 e 4, e darà puntuale risposta alle stesse, all’esito degli accertamenti ritenuti necessari.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente all’applicazione dell’indulto con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Catania. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.
Così deciso il 23/01/2025.