Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 31191 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 31191 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato il 21/02/1976 NOME COGNOME nato il 01/01/1966 COGNOME nato il 24/04/1983
avverso la sentenza del 22/09/2023 della CORTE APPELLO di PERUGIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto dei ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e l’accoglimento del ricorso proposto nell’interesse di
NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Perugia, con sentenza del 22 settembre 2023, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale della stessa città, ha dichiarato inammissibili per tardività i ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME mentre ha confermato la sentenza in relazione alla posizione di NOMECOGNOME
1.1 il Tribunale aveva ritenuto responsabile NOME COGNOME del reato di cui al capo C) di acquisto e trasporto di 300 grammi di cocaina ed eroina in concorso con altri due soggetti tratti in arresto in flagranza e giudicati in separat procedimento e l’aveva condannata alla pena di anni otto di reclusione ed euro 35.000,00 di multa; NOME COGNOME del reato di acquisto da NOME e trasportato grammi 26,12 di cocaina e gr. 0,57 di eroina (capo D) e l’aveva condannato alla pena di anni sei di reclusione ed euro 26.000 di multa, infine NOME COGNOME detto COGNOME in relazione al reato di cui cessione di sostanze del tipo cocaina ed eroina a diversi soggetti che la trasportavano a Perugia per la successiva cessione (capo E limitamente alle cessioni di cui ai numeri 2), 3) e 4) e condannato alla pena di anni sette di reclusione ed euro 30.000 di multa.
1.2 il giudizio espresso dal Tribunale di Perugia era fondato sulle dichiarazioni rese dagli operanti di PG COGNOME e COGNOME e sui contenuti delle intercettazioni telefoniche svolte inizialmente sulle due utenze in uso a NOME e successivamente su quelle dei suoi contatti e in particolare di NOME COGNOME.
1.3. Quanto alla NOME COGNOME decisive erano ritenute le intercettazioni intrattenute con NOME COGNOME e NOME COGNOME inviati dalla stessa a Napoli presso un suo fornitore per l’acquisto di 300 grammi di cocaina ed eroina, non avendo la stessa libertà di movimento ipoiché arrestata il 25/1/2009 in quanto trovata in possesso di sostanza stupefacente e condannata con giudizio direttissimo. Nel corso delle conversazioni si faceva riferimento ai vasetti di yogurt all’interno dei quali veniva trasportata la droga che veniva sequestrata in occasione dell’arresto di COGNOME e COGNOME e dalla quale era possibile ricavare 649 dosi medie di eroina e 87 di cocaina.
1.4. Con riferimento alla posizione di COGNOME a sostegno del giudizio di colpevolezza erano richiamate le conversazioni captate sull’utenza in uso alla Ben Salem, le attività di controllo e pedinamento di NOME COGNOME NOME COGNOME nonché i suoi contatti con il COGNOME nonché, infine, la conversazione intercettata tra l’imputato e la Ben Salem nel corso della quale, dopo l’arresto del Ben COGNOME, COGNOME informava la donna dell’arresto del suo “socio” e le chiedeva di individuare “un garante” ossia una persona di riferimento che mettesse a disposizione una abitazione per l’eventuale richiesta di arresti domiciliari.
1.4. Con riferimento alla responsabilità di NOME, ritenuta in relazione a tre episodi, rispetto ai sei originariamente contestati, quanto all’episodio sub 2 venivano richiamate le intercettazioni relative all’arresto di NOME COGNOME dalle quali si evinceva che l’acquirente si era recato a Napoli per acquistare lo stupefacente dopo avere contattato il NOME al quale aveva riferito di essere l’amico/fratello di quello con le treccioline che risultava essere NOME. L’episodio n. 3 scaturiva dai contatti tra NOME e NOME COGNOME trovato in possesso di 100 grammi di eroina e 50 grammi di cocaina per il quale era stato arrestato. Durante la perquisizione era rinvenuto un telefono cellulare dal quale, nei giorni precedenti, erano stati inviati messaggi a NOME funzionali ad organizzare l’incontro a Napoli per la fornitura di stupefacenti. L’incontro tra i due veniva osservato dagli operanti i quali annotavano anche il numero di targa della vettura usata da NOME ed era preceduto da numerosi messaggi contenenti indicazioni circa il luogo in cui sarebbe avvenuto. Quanto all’episodio n. 4 si tratta delle cessioni del Sylla in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME i quali erano partiti da Perugia per incontrarsi a Napoli con NOME; l’incontro era direttamente osservato dagli operanti e successivamente, allorquando venivano fermati, erano trovati in possesso di 67,78 grammi di eroina e 16,84 di cocaina.
2. Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell’interesse di NOME COGNOME articolando un motivo di ricorso con il quale si deduce l’inosservanza ed erronea applicazione di legge. Nel dispositivo letto in udienza in data 9 marzo 2021 il Tribunale indicava il termine per il deposito della motivazione in novanta giorni. La sentenza era depositata il 7 giugno 2021 ovvero oltre il novantesimo giorno utile. Nell’intestazione della sentenza mancava il nominativo della NOME COGNOME. Il 14 luglio 2022 veniva notificato al difensore provvedimento di correzione dell’errore materiale laddove per l’appunto non era stato indicato nell’intestazione della sentenza il nome della suddetta imputata. A seguito della notifica dell’ordinanza di correzione del 14 luglio 2021 il difensore procedeva in data 23 luglio 2021 al deposito dell’atto di appello. La Corte ha ritenuto tardivi gli appelli computando il termine di 45 giorni dall’8 giugno 2021 (la sentenza era stata depositata il 7 giugno 2021 e quindi al 90 ed ultimo giorno utile dalla lettura del dispositivo avvenuta il 9 marzo 2024. Ad avviso della difesa la Corte non ha tenuto conto del fatto che solo il 14 luglio era stata notificata al difensore l’ordinanza con la quale il Tribunale aveva provveduto alla correzione della sentenza di primo grado, correzione che peraltro, veniva eseguita con procedimento camerale ex art. 130.
E’ stato proposto nell’interesse di NOME COGNOME con il quale si è dedotto che il dispositivo è stato letto il 9.3.2021 ed il termine per il deposito del motivazione era stato indicato in 90 giorni. La sentenza è stata depositata il 7 giugno 2021 ovvero l’ultimo giorno mentre l’estratto contumaciale della sentenza veniva notificato all’imputato per il tramite del suo procuratore il 9 giugno 2023. Inoltre nella sentenza depositata il 7 giugno 2021 non era indicato il nome di NOME COGNOME e l’errore veniva corretto in data 14 luglio 2021.
Ad avviso della difesa il calcolo operato dalla Corte ai fini della tempestività dell’appello è errato e non tiene conto che solo in data 9 giugno 2021 veniva notificato all’imputato, libero assente, l’estratto contumaciale. Rispetto a tale data l’appello è tempestivo alla luce del principio del favor impugnationis.
E’ stato proposto ricorso nell’interesse di NOME COGNOME (alias NOME COGNOME) articolando tre motivi.
4.1 Con il primo motivo si deduce la violazione dell’art. 606 comma 1 lett. b), c) ed e) in relazione all’art. 73 DPR 409/90.
Lamenta la difesa che all’esito del giudizio cartolare la Corte territoriale ha aderito in toto alla prospettazione accusatoria recepita dai primi giudici trascurando la valutazione delle emergenze istruttorie e con motivazione soltanto apparente ha omesso di confrontarsi con le censure poste con i motivi di appello.
Gli elementi indiziari non consentivano di ritenere provata la responsabilità dell’imputato e molteplici erano i profili idonei ad incidere sulla correttezza della ricostruzione operata dai primi giudici dato che l’assenza di una formale intestazione dell’utenza intercettata al COGNOME, il mero interessamento mostrato in occasione della conversazione telefonica con NOME COGNOME per le sorti di NOME COGNOME tratto in arresto perché trovato in possesso della sostanza stupefacente indicata al capo D) non erano idonei a provare il coinvolgimento del suddetto nell’attività illecita. Dal tenore della conversazione richiamata dalla Corte non può farsi discendere che l’imputato fosse a conoscenza dell’illecito trasporto di droga sulla tratta Napoli-Perugia posto in essere dall’amico.
4.2 Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza per erronea applicazione della legge e vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento della fattispecie prevista al comma 5 dell’art. 73 DPR 309/90. La Corte si è limitata ad avallare gli argomenti spesi dai primi giudici con un evidente travisamento dei fatti dato che non risultano documentati nell’ampio periodo di investigazioni alcun contatto con il fornitore campano identificato nel Sylla. La conclusione cui sono pervenuti i giudici territoriali si pone in contrasto con giurisprudenza di questa Corte che ha affermato la compatibilità della fattispecie
di cui al comma 5 dell’art. 73 DPR 309/90 con lo svolgimento di attività di spaccio non occasionale e continuativa.
4.3. Con il terzo motivo si censura, adducendo violazioni di legge e vizi motivazionali, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche che avrebbe consentito di adeguare la pena alla offensività della condotta perpetrata. Manca nella sentenza anche solo un richiamo sintetico al motivo proposto dalla difesa sul punto.
La Procura Generale in persona del sostituto NOME COGNOME ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo il rigetto dei ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e l’accoglimento del ricorso proposto nell’interesse di NOMECOGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME è inammissibile.
La Corte ha correttamente dichiarato inammissibile l’appello proposto perché tardivo rilevando che, letto il dispositivo il 9 marzo 2021, riservato il termine per il deposito della motivazione in novanta giorni, l’atto di appello doveva essere proposto entro il 22 luglio 2021. Viceversa il gravame è stato depositato il giorno successivo, 23 luglio 2021.
La doglianza espressa dal difensore secondo cui il termine avrebbe dovuto computarsi dalla correzione dell’errore materiale contenuto nella sentenza di primo grado, è manifestamente infondato.
Il Tribunale con provvedimento del 28 giugno 2021 ha corretto l’errore materiale contenuto nella intestazione della sentenza emessa il 9 marzo consistente nella mancata indicazione dell’imputata NOME COGNOME rilevando che l’errore riguardava esclusivamente l’intestazione della sentenza, costituendo una divergenza di immediata rilevabilità ed emendabile con semplice integrazione che non incide sulla formazione del giudizio o che richiede una indagine diretta a stabilire quale fu la reale volontà o l’idea manifestata con il processo di documentazione.
Il provvedimento di correzione è perfettamente aderente al dettato di cui all’art. 130 cod. proc. pen. in forza del quale la correzione delle sentenze, delle ordinanze o dei decreti inficiati da errori o omissioni che non determinano nullità e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell’atto è disposta anche d’ufficio dal giudice che ha emesso il provvedimento.
Sul punto è costantemente affermato da questa Corte il principio in virtù del quale la procedura di correzione è consentita quando di debba porre rimedio ad
una disarmonia tra l’espressione formale di una decisione e il suo contenuto o nel caso di errore di natura “omissiva” qualora ci si trovi di finanzi ad una incompletezza, restando, viceversa, preclusa quando si risolva in una sostituzione o modificazione essenziale della decisione che incida sulla “ratio decidendi” , comunque tali da alterare il contenuto della decisione già adottata (cfr. Sez. 3. n. 24979 del 24/06/2020; Sez. 5, n. 11064 del 7/11/2017, n. 11064; Sez. U, n. 8 del 18/05/1994, Rv. 298543; Sez. 3, n. 3936 del 5/12/2013, Rv. 258924; Sez. 1, n. 42897 del 25/09/2013, Gomma, Rv. 257158; Sez. 6, n. 18326 del 25/02/2003, COGNOME, Rv. 225898).
2. Deve essere dichiarato inammissibile il ricorso proposto nell’interesse di NOMECOGNOME
Posto che il dispositivo della sentenza di primo grado è stato letto il 9 marzo 2021 e che il Tribunale ha indicato il termine di giorni novanta per il deposito della motivazione; posto, altresì, che la motivazione della sentenza è stata depositata il 7 giugno 2021, il termine per il deposito dell’atto di appello scadeva, come rilevato dal difensore, il 22 luglio 2021 mentre il gravame è stato depositato il 23 luglio 2021.
Su tale termine non incide la notifica, avvenuta in data 9 giugno 2021 dell’estratto contumaciale notificato all’imputato, libero assente, per il tramite del suo difensore ex art. 157 comma 8 bis cod proc. pen. l’estratto della sentenza contumaciale. E non incide in quanto tale notifica non andava fatta poiché si legge nella premessa che l’imputato, alla udienza del 2 luglio 2012, era “presente”.
E’ noto che i eart. 15-bis della legge 28/04/2014, n. 67, nel regolare i rapporti temporali tra la disciplina dell’assenza e l’abrogata disciplina della contumacia, al primo comma sancisce che «le disposizioni di cui al presente capo si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, a condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della sentenza di primo grado». Il secondo comma di tale disposizione aggiunge, inoltre, che «In deroga a quanto previsto dal comma 1, le disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge quando l’imputato è stato dichiarato contumace e non è stato emesso il decreto di irreperibilità». Dall’esame degli atti risulta, tuttavia, che l’imputato non è mai stato dichiarato contumace nel presente processo, pertanto, non gli era dovuta la notifica dell’estratto contumaciale e il termine per l’impugnazione decorreva dalla data del deposito della motivazione e non piuttosto dalla notifica dell’estratto, lo si ripete, non dovuta.
Né la difesa ha interesse a rilevare che la sentenza, nella intestazione, mancava della indicazione del nominativo di una coimputata.
Manifestamente infondato è il ricorso proposto nell’interesse dell’imputato COGNOME
3.1. Con il primo motivo la difesa propone, con argomenti in fatto non consentiti in sede di legittimità, per di più generici, una lettura alternativa dell piattaforma probatoria sulla scorta della quale, con motivazione logica e coerente, è pervenuta ad affermare la responsabilità dell’imputato.
Gli argomenti spesi dalla difesa circa la disponibilità dell’utenza telefonica n. 3803429146 in capo al COGNOME non si confrontano con la motivazione posta dalla Corte territoriale a sostegno di tale conclusione. In proposito i giudici di merito hanno evidenziato i contatti telefonici tra NOME COGNOME e proprio il COGNOME che le comunica che sta andando a firmare (l’uomo era sottoposto all’obbligo di firma) e che si diceva preoccupato perché “il suo socio” non gli rispondeva. Seguiva altra telefonata sempre da tale utenza nel corso della quale NOME informava NOME dell’avvenuto arresto del suo socio e chiedendole di portargli una persona che potesse fargli da garante, e una persona a casa del quale “andare ad abitare” facendo chiaro riferimento ad una richiesta di “arresti domiciliari” da avanzare nell’interesse del “socio”, dedicato un intero paragrafo alla riferibilità delle utenze intercettate non senza rilevare che in occasione dell’arresto operato dai carabinieri.
Non si confronta poi la difesa con il rinvenimento di una foto del COGNOME sull’autovettura di NOME COGNOME, che costui avrebbe dovuto usare per “accreditarsi” nei confronti di NOME COGNOME che conosceva COGNOME argomento questo usato dalla Corte territoriale nella valutazione degli elementi posti a fondamento del giudizio di responsabilità,
Non si confronta poi in alcun modo la difesa con il rinvenimento, in occasione della perquisizione eseguita sul Takoubri di una ampolla rettale della quale costui aveva cercato di disfarsi, contenente 26 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina.
Da qui la manifesta infondatezza del motivo.
3.2. Del pari inammissibile il motivo afferente il mancato riconoscimento della fattispecie di cui al quinto comma dell’art. 73 DPR 309/90, come introdotto dal D.L. 146/2013 convertito con legge n. 10 del 19 febbraio 2014 che non risulta affetto da nullità né da vizi logici, men che meno da erronea applicazione della legge.
La Corte territoriale, sul solco della richiamata sentenza delle Sezioni Unite n. 35737 del 2a5/6/2010, ha escluso la sussunzione della condotta nella fattispecie di cui al quinto comma valorizzando la diversità della sostanza rinvenuta nella disponibilità del COGNOME in uno alla allarmante capacità di azione del soggetto per i contatti intrattenuti con uno stabile canale di approvvigionamento esterno al capoluogo umbro e la facilità con la quale ha individuato un corriere, non potendosi muovere a causa della misura dell’obbligo di dimora cui era sottoposto per fatti della stessa natura.
3.3. Del pari inammissibile il terzo motivo con il quale si denunciano, in violazione di legge e con vizi di motivazione il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e il trattamento sanzionatorio irrogato.
Si tratta di argomenti non consentiti in sede di legittimità in quanto mirano ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione, sorretta da ampia motivazione, non è stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (vedi Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Con motivazione affatto illogica o carente la Corte ha posto l’accento sulla personalità del COGNOME il quale, benchè sottoposto a misura cautelare nell’ambito di un procedimento penale per detenzione e cessione di sostanze stupefacenti per la quale aveva patteggiato la pena di anni due di reclusione, ha perseverato nel suo agire criminale mostrando determinazione e pervicacia.
Inoltre, nel caso in esame è stata irrogata una pena pari al minimo edittale (sia in relazione al reato base, che agli aumenti ex art. 81 cpv. cod. pen.) e il giudice non era tenuto ad un’argomentazione specifica e dettagliata, potendo egli ottemperare all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma 3, cod. proc. pen. adoperando, come fatto dalla Corte territoriale, espressioni che richiamassero l’equità e la congruità della pena stessa (Sez. 3, n. 38251 del 15/06/2016, COGNOME, Rv. 267949-01; Sez. 1, n. 16691 del 22/01/2009, COGNOME, Rv. 243168-01; Sez. 3, n. 33773 del 29/05/2007, COGNOME, Rv. 237402-01; Sez. 2, n. 43596 del 07/10/2003, Iunco, Rv. 227685-01).
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilità (cfr. C. Cost. n. 186/2000).
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 ciascuno in favore della Cassa delle
ammende.
Deciso il 9 luglio 2024
Il COGNOME e e estensore
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NOME COGNOME
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