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Appello tardivo: annullamento e prescrizione del reato

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna a causa di un appello tardivo presentato dal Pubblico Ministero. L’errore procedurale, consistito nel deposito dell’atto un giorno dopo la scadenza del termine di 45 giorni, ha reso l’impugnazione inammissibile. Di conseguenza, per due imputati è intervenuta la prescrizione del reato, mentre per il terzo, con recidiva, la pena è stata rideterminata dalla stessa Cassazione basandosi sulla decisione di primo grado, più favorevole.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Tardivo: Quando un Giorno di Ritardo Annulla la Sentenza

Nel processo penale, il rispetto dei termini è un principio cardine che garantisce certezza e regolarità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza le conseguenze fatali di un appello tardivo, dimostrando come un singolo giorno di ritardo possa determinare l’annullamento di una condanna e persino l’estinzione del reato per prescrizione. Analizziamo questo caso per comprendere la rigidità delle norme procedurali e le loro implicazioni pratiche.

Il Contesto Processuale: dalla Condanna all’Appello

Tre individui venivano condannati in primo grado. Successivamente, la Corte d’Appello, su impugnazione del Procuratore generale, riformava parzialmente la decisione, escludendo le attenuanti generiche e rideterminando la pena per uno dei reati contestati. Gli imputati, a loro volta, proponevano ricorso in Cassazione, sollevando un’eccezione puramente procedurale: l’appello del Pubblico Ministero era stato depositato fuori tempo massimo.

L’Appello Tardivo del PM: un Errore Decisivo

Il fulcro della questione risiedeva nel calcolo dei termini. La sentenza di primo grado era stata comunicata al Procuratore generale il 3 maggio 2018. Secondo l’articolo 585 del codice di procedura penale, il termine per impugnare era di 45 giorni. Tale termine scadeva il 17 giugno 2018, che, essendo una domenica, veniva prorogato al giorno successivo, lunedì 18 giugno.

Tuttavia, l’atto di appello del PM risultava depositato presso la cancelleria del Tribunale solo il 19 giugno 2018. Questo ritardo di un solo giorno ha reso l’impugnazione irrimediabilmente tardiva e, di conseguenza, inammissibile.

La Decisione della Cassazione e le Sue Motivazioni

La Suprema Corte ha accolto il ricorso degli imputati, dichiarando l’inammissibilità dell’appello del Procuratore generale. La decisione si fonda su principi procedurali consolidati.

Le Motivazioni della Suprema Corte

I giudici hanno ribadito che l’impugnazione deve essere presentata nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento. Il deposito tardivo, anche di un solo giorno, determina l’inammissibilità, un vizio che può essere rilevato in ogni stato e grado del procedimento. La Corte ha specificato che il tempestivo deposito dell’atto presso la segreteria della Procura generale non è sufficiente, poiché non rientra tra le modalità di spedizione previste dalla legge (art. 583 c.p.p.), che rappresentano un’eccezione alla regola generale.

L’inammissibilità dell’appello del PM ha avuto un effetto a cascata: ha reso invalida la sentenza della Corte d’Appello, come se non fosse mai stata emessa. Questo ha riportato la situazione giuridica a quella successiva alla sentenza di primo grado.

Le Conclusioni: Prescrizione e Rideterminazione della Pena

Le conseguenze di questo annullamento sono state diverse per gli imputati, a seconda della loro posizione individuale rispetto alla prescrizione:

1. Estinzione per Prescrizione: Per due degli imputati, l’annullamento della sentenza d’appello e il tempo trascorso hanno fatto maturare il termine di prescrizione del reato. La Cassazione ha quindi annullato la sentenza senza rinvio, dichiarando il reato estinto.

2. Rideterminazione della Pena: Per il terzo imputato, al quale era stata contestata la recidiva infraquinquennale, il termine di prescrizione era più lungo e non ancora maturato. In questo caso, la Corte di Cassazione, anziché disporre un nuovo giudizio d’appello, ha agito ai sensi dell’art. 620 c.p.p., annullando la sentenza e rideterminando direttamente la pena. Si è basata sulla sentenza di primo grado (non impugnata dall’imputato), che aveva concesso le attenuanti generiche, applicando una pena finale di nove mesi e dieci giorni di reclusione. Questa decisione ha evitato ulteriori lungaggini processuali, definendo la vicenda in modo più favorevole per l’imputato rispetto alla sentenza d’appello annullata.

Qual è la conseguenza principale di un appello presentato fuori termine?
Un appello presentato oltre i termini stabiliti dalla legge è dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non può esaminare il merito dell’impugnazione, e la sentenza impugnata, se non altrimenti appellata, diventa definitiva.

Perché lo stesso appello tardivo ha portato a risultati diversi per gli imputati?
L’annullamento della sentenza d’appello ha ripristinato la situazione precedente. Per due imputati, il tempo trascorso ha fatto maturare la prescrizione del reato, estinguendolo. Per il terzo, una recidiva contestata allungava i termini di prescrizione, che non erano ancora decorsi, rendendo necessaria una rideterminazione della pena.

La Corte di Cassazione può modificare direttamente una pena?
Sì, in casi specifici come questo, l’articolo 620, comma 1, lettera l) del codice di procedura penale consente alla Corte di Cassazione di annullare la sentenza senza rinviarla a un altro giudice e di rideterminare direttamente la pena, quando non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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