Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 14824 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 14824 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato in Marocco il 03/06/1995 COGNOME NOMECOGNOME nato in Marocco il 11/11/1987
avverso la sentenza del 19/09/2024 della Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso, riportandosi alla memoria in atti;
udito per gli imputati l’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del motivo inerente l’applicazione della circostanza aggravante e l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19/09/2024, la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del 29/01/2024 del Tribunale di Monza emessa nei confronti degli attuali ricorrenti, confermata l’affermazione di responsabilità per i contestati reati di cui agli artt. 81,110, 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990, esclusa la recidiva contestata a NOME e concesso allo stesso le circostanze attenuanti generiche con valutazione di equivalenza sulla residua circostanza aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990, riduceva la pena inflitta agli imputati in anni nove e mesi otto di reclusione ed euro 60.000 di multa per NOME e in anni sette di reclusione ed euro 40.000 di multa per NOME
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo dei difensori di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati.
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Con il ricorso a firma dell’avv. NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono tre motivi di ricorso.
Con il primo motivo ed il secondo motivo deducono violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d. P.R. n. 309/1990.
Argomentano che, vertendosi in tema di “droga parlata”, la valutazione del compendio probatorio deve essere particolarmente rigorosa e che in merito la Corte di appello aveva espresso una motivazione carente; inoltre, emergeva dalle risultanze istruttorie- e tale circostanza non era stata considerata dai Giudici di merito – che il solo ed effettivo detentore dei quantitativi di sostanza stupefacente importati era il COGNOME (coimputato giudicato separatamente), il quale consegnava agli imputati la sostanza stupefacente già suddivisa in piccole porzioni, corrispondenti solitamente a 100-200 grammi; era pure emerso che gli imputati non conoscevano il luogo di custodia dello stupefacente e logica conseguenza era che gli stessi erano completamente esclusi dalla signoria sulla res e non potevano rispondere della relativa detenzione, neppure a titolo concorsuale;
Con il terzo motivo deducono vizio di motivazione in relazione alla determinazione della misura della pena inflitta e degli aumenti inflitti in continuazione, alla luce dei criteri di cui all’art. 133 cod.pen.
Lamentano che la Corte di appello, pur riducendo la pena irrogata dal primo giudice, aveva determinato una pena base discostandosi notevolmente dal minimo edittale, senza esprime una motivazione rafforzata; in particolare i Giudici di appello non avevano tenuto conto del ruolo del tutto ancillare e meramente
esecutivo dei ricorrenti rispetto all’importatore della sostanza stupefacente e, soprattutto, che il COGNOME, nella vicenda di cui all’imputazione, aveva sempre svolto il mero ruolo di autista.
NOME COGNOME con ricorso a firma dell’avv. NOME COGNOME propone due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso deduce vizio di motivazione in ordine alla sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990.
Argomenta che la Corte di appello aveva ritenuto la sussistenza della circostanza aggravante con motivazione contraddittoria, sulla base di intercettazioni telefoniche e di dichiarazioni di imputati ex art. 210 cod.proc.pen., che comproverebbero la co-gestione della sostanza stupefacente -tra il trio COGNOME, giudicato separatamente, e COGNOME e COGNOME di 12 Kg lordi di cocaina alla settimana per 9 settimane per un totale di 108 Kg complessivi; le risultanze istruttorie, invece, non consentivano di ritenere provata la predetta circostanza e che tutti i chili di cocaina venissero effettivamente consegnati al Taouaf.
Con il secondo motivo deduce carenza di motivazione in ordine alla quantificazione della pena base.
Argomenta che la motivazione era contraddittoria in ordine alla entità della pena base per disparità di trattamento tra i due coimputati, in quanto non era condivisibile che i coimputati svolgessero un ruolo omogeneo; COGNOME infatti, aveva svolto mansioni di mero autista, aveva ammesso gli addebiti e tenuto un ottimo comportamento processuale, aveva intrapreso un percorso di cura presso il SERT e versato una somma considerevole ad un ente benefico a sostegno di persone svantaggiate, a differenza del coimputato che si era reso irreperibile una volta ottenuta la scarcerazione.
Chiedono, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
3. La difesa dei ricorrenti ha chiesto la trattazione orale del ricorso. Il Pg ha depositato memoria ex art. 611 cod.proc.pen. La difesa dei ricorrenti ha depositato memoria ex art. 611 cod.proc.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo ed il secondo motivo del ricorso congiunto di NOME COGNOME e NOME COGNOME a firma dell’avv. NOME COGNOME ed il primo motivo del ricorso di NOME COGNOME a firma dell’avv. NOME COGNOME tutti afferenti alla configurabilità della circostanza aggravante di cui all’ad 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990, sono inammissibili.
Come evincibile dalla sentenza impugnata, entrambi i ricorrenti avevano rinunciato a tutti i motivi di impugnazione diversi dal trattamento sanzionatorio (cfr pp 11 e 12 della sentenza impugnata).
Va ricordato che costituisce principio consolidato quello secondo cui la rinuncia a tutti i motivi di appello ad esclusione soltanto di quello riguardante la misura della pena deve ritenersi comprensiva anche di quei motivi attraverso i quali l’appellante aveva richiesto il riconoscimento di circostanze attenuanti e quelli concernenti la recidiva.
Si è infatti, osservato che il principio tantum devolutum quantum appellatum, pur non precludendo in modo assoluto al giudice dell’impugnazione di esaminare anche i punti non espressamente indicati nei motivi, impone tuttavia, perché l’esame possa eccezionalmente estendersi anche a detti punti, che questi siano connessi con vincolo di carattere essenziale a quelli specificamente impugnati.
Tale connessione non ricorre tra la determinazione della misura della pena e la decisione sull’esistenza di una qualsiasi circostanza aggravante o attenuante (Sez.4, n. 46150 del 15/10/2021, Rv. 282413 – 01; Sez.4, n. 827 del 21/11/2017, dep.11/01/2018, Rv.271750 – 01; Sez.4, n. 53340 del 24/11/2016, Rv.268696 01).
Ne è così stata tratta la conseguenza che la rinuncia a tutti i motivi di appello ad esclusione soltanto di quello riguardante la misura della pena deve ritenersi comprensiva anche di quei motivi attraverso i quali l’appellante aveva richiesto il riconoscimento di circostanze attenuanti e quelli concernenti la recidiva (Sez.2, n. 47698 del 18/09/2019, Rv.278006 – 01; Sez.4, n.53340 del 24/11/2016, Rv.268696; Sez.3, n.50750 del 15/06/2016, Rv.268385).
Ne consegue l’affermazione che la rinuncia parziale ai motivi d’appello determina il passaggio in giudicato della sentenza gravata limitatamente ai capi oggetto di rinuncia, di talché è inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si propongono censure attinenti ai motivi d’appello rinunciati e non possono essere rilevate d’ufficio le questioni relative ai medesimi motivi (Sez.4, n.53565 del 27/09/2017, Rv.271258; Sez.4, n.9857 del 12/02/2015, Rv.262448).
I motivi proposti, pertanto, essendo relativi alla configurabilità della circostanza aggravante di cui all’ad 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990, sono inammissibili, perché attinenti a motivi di appello rinunciati.
Il terzo motivo del ricorso congiunto di NOME COGNOME e NOME COGNOME a firma dell’avv. NOME COGNOME ed il secondo motivo del ricorso di COGNOME a firma dell’avv. NOME COGNOME sono manifestamente infondati.
Va ricordato che costituisce principio consolidato che la motivazione in ordine alla determinazione della pena base (ed alla diminuzione o agli aumenti operati
per le eventuali circostanze aggravanti o attenuanti) è necessaria solo quando la pena inflitta sia di gran lunga superiore alla misura media edittale.
Fuori di questo caso anche l’uso di espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congrua riduzione”, “congruo aumento” o il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere dell’imputato sono sufficienti a far ritenere che il giudice abbia tenuto presente, sia pure globalmente, i criteri dettati dall’art. 133 c.p. per il corretto esercizio del potere discrezionale conferitogli dalla norma in ordine al “quantum” della pena (Sez.2,n.36245 del 26/06/2009 Rv. 245596; Sez.4, n.21294 deI20/03/2013, Rv.256197).
Inoltre, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite, in quanto il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Rv.282269 – 01; Sez. U, n. 7930/94, Rv 201549-01).
La sentenza impugnata ha fatto corretto uso dei criteri di cui all’art. 133 cod.pen., ritenuti sufficienti dalla giurisprudenza di legittimità, per la congru motivazione in termini di determinazione della pena.
La Corte territoriale riguardo alla determinazione della pena base ha richiamato la gravità delle condotte desunta dal quantitativo di sostanza stupefacente trafficata, dalle modalità esecutive delle condotte indicative della disponibilità di una consolidata rete di spaccio e dall’intensità del dolo desunta dalla reiterazione nel tempo degli illeciti.
Va ricordato che, ai fini del trattamento sanzionatorio, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod.pen., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare la determinazione della pena; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Ciò vale, a fortiori, anche per il giudice d’appello, il quale, pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante, non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi, favorevoli o sfavorevoli, dedotti dal parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, deve indicare quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stret contestazione (Sez.2, n.19907 del 19/02/2009, Rv.244880; Sez.4, 4 luglio 2006, n. 32290).
Inoltre, la Corte territoriale ha congruamente e logicamente argomentato anche in ordine all’entità degli aumenti operati sulla pena base ai sensi dell’art. 81 cpv cod.pen., richiamando la diversa tipologia della sostanza stupefacente oggetto delle singole condotte in continuazione.
La Corte territoriale, poi, ha rimarcato che i ricorrenti avevano avuto un ruolo sostanzialmente omogeneo nella consumazione degli illeciti ed ha, pertanto, rideterminato il trattamento sanzionatorio dello Dahumani, anche tenendo conto dello stato di incensuratezza del predetto, sia con riferimento alla determinazione della pena base che agli aumenti di pena per la continuazione; ha, inoltre, giustificato, con argomentazioni congrue e logiche, il diverso giudizio di bilanciamento tra le attenuanti generiche già concesse ad entrambi gli imputati dal primo giudice e la circostanza aggravante di cui all’art. 80, comma 2, d.P.R. n. 309/1990 e, quindi, l’irrogazione di una pena superiore al COGNOME, rispetto al coimputato COGNOME in ragione del diverso comportamento processuale dei due coimputati, rimarcando che il COGNOME partecip@to al processo, reso epArat. Mi t. g ,alilnot confessione e posto in essere significativeVmentre il COGNOME dopo la pronuncia della sentenza di primo grado era evaso dagli arresti domiciliari era rimasto latitante.
La motivazione a supporto del diverso trattamento sanzionatorio è del tutto congrua e ragionevole.
Va ricordato che, in tema di ricorso per cassazione, non può essere considerato come indice del vizio di motivazione il diverso trattamento sanzionatorio riservato nel medesimo procedimento ai coimputati, anche se correi, salvo che il giudizio di merito sul diverso trattamento del caso, che si prospetta come identico, sia sostenuto da asserzioni irragionevoli o paradossali (Sez.3, n. 27115 del 19/02/2015, Rv.264020 – 01) , ipotesi che qui non ricorre.
Aie La motivazione relativa al trattamento sanzionato e, in definitiva, congrua e logica nonchè in linea con i principi di diritto suesposti e si sottrae, pertanto, a sindacato di legittimità.
Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.
Essendo i ricorsi inammissibili e, in base al disposto dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de
ammende.
Così deciso il 25/03/2025