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Appello PM inammissibile: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato l’appello del PM inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, annullando una sentenza d’appello che aveva illegittimamente trasformato un’assoluzione in una declaratoria di prescrizione. La Corte ha stabilito che, maturata la prescrizione e non potendosi applicare retroattivamente la confisca, il PM perde l’interesse a impugnare. È stato inoltre ribadito il divieto di ribaltare una sentenza assolutoria senza rinnovare l’istruttoria.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello PM Inammissibile: Cassazione Annulla Sentenza che Trasforma Assoluzione in Prescrizione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9306/2024, ha affrontato un caso cruciale in materia processuale, stabilendo principi chiari sull’appello PM inammissibile per carenza d’interesse e sul divieto di modificare una sentenza di assoluzione in una di prescrizione senza rinnovare il dibattimento. Questa pronuncia ribadisce l’importanza delle garanzie processuali a tutela dell’imputato.

I Fatti Processuali: Dal Primo Grado all’Appello

Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Pesaro, che aveva condannato due imputati per alcuni reati tributari e ne aveva assolti altri da diverse imputazioni, tra cui l’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di frodi fiscali. Il Pubblico Ministero (PM) aveva impugnato le assoluzioni davanti alla Corte di appello di Ancona.

La Corte territoriale, tuttavia, non è entrata nel merito dell’appello. Rilevando che nel frattempo era maturata la prescrizione per i reati oggetto di impugnazione, ha dichiarato di non doversi procedere, sostituendo di fatto la precedente pronuncia di assoluzione con una declaratoria di estinzione del reato. Contro questa decisione, gli imputati, che in primo grado erano stati assolti, hanno presentato ricorso in Cassazione.

La Carenza d’Interesse e l’Appello PM Inammissibile

Il punto centrale della decisione della Suprema Corte riguarda la valutazione dell’interesse del PM a impugnare. La Cassazione ha stabilito che l’appello del PM era divenuto inammissibile per sopravvenuta carenza d’interesse.

Il PM, infatti, aveva appellato la sentenza di assoluzione con l’obiettivo di ottenere, oltre alla condanna, anche la confisca dei beni. Tuttavia, una volta maturata la prescrizione, questo obiettivo non era più raggiungibile. La normativa che consente la confisca anche in caso di prescrizione (art. 578-bis c.p.p.) non è retroattiva e non può applicarsi a fatti commessi prima del 6 aprile 2018, come nel caso di specie. Di conseguenza, venendo meno la possibilità di ottenere la confisca, il PM ha perso l’interesse concreto e attuale a proseguire con l’impugnazione, rendendo il suo appello inammissibile.

Il Divieto di Ribaltamento della Sentenza Assolutoria

Oltre alla questione dell’interesse, la Cassazione ha censurato duramente l’operato della Corte d’appello per un’altra grave violazione processuale. La Corte territoriale ha trasformato una sentenza di assoluzione, più favorevole per l’imputato, in una di prescrizione, senza procedere alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.

Questo operato costituisce un inammissibile ribaltamento della sentenza assolutoria, in violazione dell’art. 603, comma 3-bis, del codice di procedura penale. Tale norma impone al giudice d’appello che intenda riformare una sentenza di assoluzione di procedere a una nuova valutazione delle prove, riascoltando ad esempio i testimoni. La Corte d’appello, invece, si è limitata a una motivazione sintetica e riferita genericamente all’atto di appello del PM, senza condurre alcuna nuova attività istruttoria.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Cassazione si fondano su due pilastri fondamentali del diritto processuale penale. In primo luogo, l’interesse ad agire e a impugnare deve essere concreto e attuale per tutta la durata del processo. Se, per eventi sopravvenuti come la prescrizione, la parte impugnante non può più ottenere alcun risultato utile, l’impugnazione perde la sua ragione d’essere e deve essere dichiarata inammissibile. In secondo luogo, viene riaffermato il principio secondo cui una sentenza di assoluzione non può essere modificata in senso peggiorativo per l’imputato senza un riesame approfondito delle prove, a garanzia del diritto di difesa e del principio del contraddittorio.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile l’appello del Pubblico Ministero e ha annullato senza rinvio la sentenza della Corte di appello. L’effetto pratico di questa decisione è il ripristino della sentenza di primo grado, con le relative assoluzioni. La pronuncia rappresenta un importante monito sull’obbligo di rispettare scrupolosamente le regole processuali, sottolineando che l’azione penale non può proseguire quando viene meno l’interesse concreto a una pronuncia nel merito e che le garanzie difensive non possono essere aggirate, nemmeno per sostituire un’assoluzione con una declaratoria di prescrizione.

Quando l’appello del Pubblico Ministero diventa inammissibile per carenza d’interesse?
L’appello del PM diventa inammissibile quando, per una causa sopravvenuta come la prescrizione del reato, non può più ottenere un risultato pratico dalla sua impugnazione. Nel caso specifico, non potendo più essere disposta la confisca a causa della non retroattività della norma applicabile (art. 578-bis c.p.p.), il PM ha perso l’interesse a proseguire il giudizio.

Una Corte d’Appello può cambiare una sentenza di assoluzione in una di prescrizione senza un nuovo processo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che si tratta di un ‘inammissibile ribaltamento della sentenza assolutoria’. Per modificare una sentenza di assoluzione in una pronuncia meno favorevole, come quella di prescrizione, la Corte d’Appello è obbligata a rinnovare l’istruttoria dibattimentale, cioè a riesaminare le prove, come previsto dall’art. 603, comma 3-bis, del codice di procedura penale.

La confisca può essere disposta se il reato è prescritto e i fatti sono antecedenti al 2018?
No. Secondo la sentenza, l’art. 578-bis del codice di procedura penale, che consente la confisca in alcuni casi di prescrizione, è stato introdotto con il d.lgs. n. 21 del 1° marzo 2018. Questa norma non ha efficacia retroattiva, quindi non può essere applicata a fatti commessi prima del 6 aprile 2018.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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