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Appello PM e estorsione: la modifica del titolo reato

La Corte di Cassazione stabilisce che la riqualificazione di un reato da tentato a consumato costituisce una ‘modifica del titolo del reato’. Di conseguenza, l’appello del PM contro una sentenza di condanna emessa in un giudizio abbreviato è ammissibile. Nel caso specifico di estorsione, il reato è consumato con la consegna del denaro, anche se minima e sotto sorveglianza della polizia. La Corte ha però annullato con rinvio la decisione sul diniego delle attenuanti generiche, da rivalutare alla luce del danno esiguo.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello PM e Estorsione: Quando il Tentativo Diventa Reato Autonomo

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3092 del 2024, affronta una questione cruciale di procedura penale: l’appello del PM contro una sentenza di condanna emessa a seguito di giudizio abbreviato. La decisione chiarisce se la riqualificazione del reato da tentato a consumato costituisca una “modifica del titolo del reato”, legittimando così l’impugnazione dell’accusa. Questo principio, applicato a un caso di estorsione, offre importanti spunti sulla natura giuridica del delitto tentato e sui limiti del potere di impugnazione.

I Fatti di Causa

Quattro individui venivano accusati di estorsione ai danni di un imprenditore. In primo grado, a seguito di giudizio abbreviato, il G.u.p. li condannava per estorsione tentata, ritenendo che il reato non si fosse perfezionato. La vittima, infatti, aveva collaborato con le forze dell’ordine, organizzando una consegna controllata del denaro richiesto. Durante lo scambio, veniva consegnata una sola banconota autentica da cinquanta euro, mentre le altre erano false, permettendo l’immediato arresto dei responsabili.

Il Pubblico Ministero proponeva appello, sostenendo che il reato dovesse essere qualificato come estorsione consumata. La Corte di Appello accoglieva l’impugnazione, riformava la sentenza di primo grado e condannava gli imputati per il reato consumato. Avverso tale decisione, gli imputati ricorrevano in Cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui quella, fondamentale, sull’ammissibilità dell’appello del PM.

L’Appello del PM e la Modifica del Titolo del Reato

Il fulcro del ricorso verteva sull’interpretazione dell’art. 443, comma 3, c.p.p., che limita la possibilità per il Pubblico Ministero di appellare le sentenze di condanna in rito abbreviato alla sola ipotesi in cui venga modificato il “titolo del reato”. I difensori sostenevano che il passaggio da estorsione tentata a consumata non costituisse una modifica del nomen iuris, trattandosi dello stesso reato, ma solo in un diverso stadio di progressione.

La Suprema Corte ha respinto questa tesi, affermando un principio di diritto dirimente. Sebbene il delitto tentato e quello consumato condividano lo stesso nomen iuris, il primo costituisce una figura autonoma di reato. L’art. 56 c.p. (delitto tentato) si combina con la singola norma incriminatrice (in questo caso l’art. 629 c.p., estorsione) per creare una fattispecie distinta, con una propria oggettività giuridica, una propria struttura e una pena autonoma. Pertanto, la riqualificazione operata dal primo giudice da estorsione (originariamente contestata come consumata) a estorsione tentata ha effettivamente integrato una “modifica del titolo del reato”, rendendo pienamente ammissibile l’appello del PM.

Estorsione Consumata: Quando si Perfeziona il Reato?

La Corte ha inoltre confermato la correttezza della qualificazione giuridica data dalla Corte d’Appello. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il delitto di estorsione si considera consumato nel momento in cui avviene la consegna della cosa estorta dall’offeso all’autore del reato. È irrilevante che la consegna avvenga sotto la sorveglianza della polizia e che il bene venga immediatamente recuperato con l’arresto del reo. La coartazione della vittima e la conseguente deminutio patrimoniale, seppur temporanea e minima (in questo caso 50 euro), sono sufficienti a integrare la consumazione del delitto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Cassazione ha rigettato quasi tutti i motivi di ricorso. Ha ritenuto infondate le censure relative all’ammissibilità dell’appello del PM, ribadendo l’autonomia del delitto tentato rispetto a quello consumato. Ha parimenti respinto le doglianze sulla qualificazione del fatto come estorsione consumata e quelle relative all’applicazione della recidiva per due degli imputati.

Tuttavia, la Corte ha accolto il motivo relativo al diniego delle attenuanti generiche. La Corte di Appello aveva negato tale beneficio sulla base di considerazioni ritenute incongrue, come la mancata collaborazione processuale degli imputati. La Suprema Corte ha invece evidenziato che i giudici di merito non avevano adeguatamente valutato un elemento decisivo: l’entità del danno patrimoniale arrecato alla persona offesa. Il danno, limitato a soli cinquanta euro, rappresentava un fattore di evidente minor gravità del reato che doveva essere ponderato ai fini della concessione delle attenuanti. La protesta di innocenza o la mancata confessione non possono, da sole, costituire motivo per negare le attenuanti.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza ha annullato la decisione della Corte di Appello, ma limitatamente al punto del riconoscimento delle attenuanti generiche, con rinvio ad altra sezione per un nuovo giudizio. Per effetto estensivo, tale decisione ha beneficiato tutti e quattro i ricorrenti. Le affermazioni di responsabilità e la qualificazione del fatto come estorsione consumata sono invece divenute definitive.

La pronuncia è di particolare rilievo per due ragioni. In primo luogo, consolida un’interpretazione estensiva della nozione di “modifica del titolo del reato”, ampliando i casi in cui è consentito l’appello del PM nel giudizio abbreviato. In secondo luogo, ribadisce l’importanza di una valutazione concreta e non aprioristica di tutti gli elementi rilevanti per la concessione delle attenuanti generiche, tra cui spicca l’effettiva gravità del danno causato alla vittima.

Il Pubblico Ministero può appellare una sentenza di condanna se il giudice ha solo cambiato la qualifica da estorsione consumata a tentata?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il delitto tentato è una figura autonoma di reato rispetto a quello consumato. Pertanto, la riqualificazione da consumato a tentato costituisce una ‘modifica del titolo del reato’ ai sensi dell’art. 443, comma 3, c.p.p., che legittima l’appello del Pubblico Ministero.

Un’estorsione è considerata ‘consumata’ anche se la vittima consegna il denaro in accordo con la polizia e l’arresto è immediato?
Sì. Il reato di estorsione si consuma nel momento in cui avviene la consegna del bene all’estorsore, con conseguente danno per la vittima. È irrilevante che la consegna sia controllata dalle forze dell’ordine e che il bene venga immediatamente recuperato, poiché la costrizione e la diminuzione patrimoniale si sono già verificate.

Un danno economico minimo (in questo caso 50 euro) può giustificare la concessione delle attenuanti generiche?
Sì, deve essere attentamente valutato. La Corte ha stabilito che un danno patrimoniale di entità minima è una circostanza che incide sulla gravità del reato e deve essere considerata dal giudice nel decidere se concedere o meno le attenuanti generiche. Negarle senza una motivazione adeguata su questo punto costituisce un vizio della sentenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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