LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Appello pene sostitutive: la Cassazione cambia rotta

La Corte di Cassazione, cambiando il proprio orientamento a seguito della Riforma Cartabia, ha stabilito che in materia di appello pene sostitutive, non è più appellabile la sentenza di condanna che infligge la pena dell’ammenda in sostituzione di quella dell’arresto. La decisione si fonda su una lettura sistematica della nuova normativa, finalizzata a deflazionare il contenzioso e a rendere coerente il sistema delle impugnazioni, ritenendo superato il precedente principio basato sulla potenziale revoca della sanzione. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello pene sostitutive: la Cassazione cambia rotta dopo la Riforma Cartabia

Con una recente e significativa pronuncia, la Corte di Cassazione ha stabilito un nuovo principio in materia di appello pene sostitutive. A seguito delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia, i giudici supremi hanno dichiarato inappellabile la sentenza di condanna che sostituisce la pena detentiva dell’arresto con quella pecuniaria dell’ammenda. Questa decisione segna un netto cambio di rotta rispetto al passato, con importanti conseguenze pratiche sul sistema delle impugnazioni penali.

I fatti di causa

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza di condanna. All’imputato era stata inflitta una pena detentiva, successivamente sostituita dal giudice con una pena pecuniaria (ammenda). La difesa aveva proposto appello, ma la Corte territoriale lo aveva dichiarato inammissibile, ritenendo che, alla luce della nuova formulazione dell’art. 593 del codice di procedura penale, tale tipo di sentenza non fosse più appellabile. La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla corretta interpretazione della normativa post-riforma.

L’evoluzione giurisprudenziale sull’appello pene sostitutive

Per comprendere la portata di questa sentenza, è necessario fare un passo indietro. Per quasi trent’anni, la giurisprudenza ha seguito l’orientamento fissato dalle Sezioni Unite con la sentenza “Bonifazi” del 1995. Secondo tale pronuncia, la sentenza che applicava una sanzione sostitutiva era appellabile perché, in caso di violazione delle prescrizioni, la sanzione poteva essere revocata, ripristinando la pena detentiva originaria. L’appellabilità era quindi legata alla pena principale, più grave, e non a quella sostitutiva, più mite.

La Riforma Cartabia (D.Lgs. n. 150/2022) ha però ridisegnato l’intero sistema sanzionatorio, introducendo le “pene sostitutive” in luogo delle vecchie “sanzioni sostitutive” e modificando profondamente il regime delle impugnazioni. Questo nuovo quadro normativo ha spinto la Cassazione a riconsiderare e, infine, a superare il precedente orientamento.

La coerenza del nuovo sistema processuale

Il fulcro del ragionamento della Corte risiede nella necessità di una lettura sistematica e coerente delle nuove norme. I giudici hanno evidenziato una palese irragionevolezza nel mantenere il vecchio principio. La stessa Riforma Cartabia, infatti, ha reso inappellabili sentenze che applicano pene sostitutive ben più afflittive, come il lavoro di pubblica utilità, previsto per reati puniti con pene detentive fino a tre anni. Sarebbe stato illogico e sproporzionato consentire l’appello per la sostituzione di un arresto con un’ammenda (per reati meno gravi) e negarlo per casi più seri.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha articolato la sua decisione su diversi pilastri argomentativi. In primo luogo, ha sottolineato che l’intento della Riforma Cartabia era quello di implementare l’efficienza del processo penale, anche attraverso una riduzione dell’appellabilità oggettiva delle sentenze. Mantenere appellabili le sentenze in questione sarebbe andato in direzione contraria a questa finalità deflattiva.

In secondo luogo, è stato dato rilievo al dato letterale della legge. L’art. 593, comma 3, del codice di procedura penale, come modificato, non prevede più la possibilità di appello per le sentenze di condanna a pena pecuniaria, anche se sostitutiva di una pena detentiva. La Corte ha ritenuto che la pena pecuniaria, anche quando sostituisce l’arresto, debba essere considerata sempre come tale ai fini dell’impugnazione, acquisendo una valenza generale prima non riconosciuta.

Infine, la Corte ha ribadito che il doppio grado di giurisdizione di merito non è un principio assistito da una copertura costituzionale assoluta e che la scelta del legislatore di limitare l’appello è coerente anche con le fonti sovranazionali (Patto internazionale sui diritti civili e politici e CEDU), che garantiscono il diritto a un riesame da parte di una giurisdizione superiore, ma non necessariamente un secondo giudizio di pieno merito.

Nel caso specifico, la Cassazione ha anche ritenuto manifestamente infondati gli altri motivi di ricorso, relativi alla dosimetria della pena e al diniego delle attenuanti generiche, confermando la correttezza della valutazione del giudice di merito basata sulla negativa personalità dell’imputato.

Conclusioni

La sentenza in esame stabilisce un nuovo e importante principio di diritto: la sentenza di condanna con cui è inflitta la pena dell’ammenda, anche se in sostituzione di quella dell’arresto, non è appellabile. Questa decisione, allineando l’interpretazione giurisprudenziale alla volontà del legislatore della Riforma Cartabia, ha un impatto diretto sulla strategia processuale. Per le condanne a pene pecuniarie sostitutive, l’unico rimedio esperibile resta il ricorso per cassazione, limitato ai soli vizi di legittimità. Si tratta di una svolta che contribuisce a definire i contorni del nuovo processo penale, privilegiando l’efficienza e la coerenza sistematica del regime delle impugnazioni.

È possibile appellare una sentenza che sostituisce la pena dell’arresto con quella dell’ammenda dopo la Riforma Cartabia?
No. Secondo la nuova interpretazione della Corte di Cassazione, a seguito della Riforma Cartabia, la sentenza di condanna che infligge la pena dell’ammenda, anche se in sostituzione di quella dell’arresto, è inappellabile. L’unico rimedio è il ricorso per cassazione.

Perché la Cassazione ha cambiato il suo precedente orientamento?
La Cassazione ha cambiato orientamento per adeguarsi al nuovo quadro normativo introdotto dalla Riforma Cartabia. Ha ritenuto che il precedente principio fosse in contrasto con la finalità deflattiva della riforma e creasse un’irragionevolezza sistematica, dato che altre pene sostitutive per reati più gravi sono state rese inappellabili dal legislatore.

Il diritto ad un doppio grado di giudizio di merito è sempre garantito?
No. La Corte ha ribadito che il doppio grado di giurisdizione di merito (cioè la possibilità di un appello che riesamini completamente i fatti) non è un diritto costituzionalmente garantito in modo assoluto. Il legislatore può limitarne l’accesso per determinate tipologie di sentenze, in coerenza con i principi costituzionali e sovranazionali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati