Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 17277 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 17277 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
sanzione sostitutiva. Osserva, inoltre, il Supremo consesso, che il legislatore, con il vigente codice di procedura penale (a differenza che con la legge n. 689/1981) ha usato, con corretta proprietà, il termine ‘pena” solo con riferimento alle pene (principali) previste (tassativamente) dagli artt., 17 e 18 cod. pen., indicando, invece, con il termine “sanzioni sostitutive’ quelle applicate in luogo della pena detentiva (Sez. U, Bonifazi del 1995, in motivazione).
Tale orientamento, tuttavia, non può essere ribadito all’indomani degli interventi normativi di cui alla c.d. Riforma Cartabia, configgendo con una lettura necessariamente sistematica della norma in commento che tenga conto del sistema delle pene sostitutive e del regime di appellabilità delle sentenze di condanna predisposti dal legislatore con la recente riforma processuale.
Questa stessa Corte di legittimità, infatti, Ł successivamente ritornata sulla questione, articolando alcune, condivisibili considerazioni e giungendo alla opposta conclusione, per la quale Ł inappellabile la sentenza di condanna con la quale Ł inflitta la pena dell’ammenda, anche se in sostituzione, in tutto o in parte, di quella dell’arresto, per effetto del disposto dell’art. 593, co. 3, cod. proc. pen., come novellato dall’art. 34, co. 1, lett. a), d.lgs. 22 ottobre 2022, n. 150, e della contestuale introduzione delle pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui agli artt. 20-bis cod.
pen. e 53 e ss. legge 24 novembre 1981, n. 689 (Sez. 3, n. 20573 del 13/03/2024, COGNOME, Rv. 286360 – 01, in un caso nel quale era stata invocata la riqualificazione del ricorso in appello).
Si conviene, peraltro, sulla necessità, ben evidenziata nel precedente testØ richiamato, che l’indirizzo nomofilattico risalente, sopra richiamato, sia oggi calibrato alla luce delle recenti modifiche normative introdotte dal citato d. lgs. n. 150/2022 che ha modificato profondamente sia il «sistema» delle impugnazioni (introducendo, tra l’altro, l’istituto della improcedibilità), che quello sanzionatorio (introducendo, a regime, le «pene sostitutive» in sostituzione delle vecchie «sanzioni sostitutive»), senza che si delinei la necessità di sollecitare una pronuncia del massimo organo della nomofilachia, stante il mutato quadro normativo.
¨ la stessa legge (nel testo attuale della norma di cui all’art. 593, co. 3, cod. proc. pen., come interpolato dalla piø recente novella) a prevedere, infatti, la inappellabilità delle sentenze che applicano una pena – il lavoro di pubblica utilità – che «originariamente» non può essere edittalmente prevista, proprio in quanto «sostitutiva» di pena principale, perdendo così forza uno degli argomenti a sostegno dell’opposto orientamento, laddove, quanto a quello della ‘revocabilità’ della sanzione sostitutiva, con pericolo di ripristino della pena originaria, va considerato che anche il lavoro sostitutivo (così come la pena pecuniaria nel caso previsto dall’art. 71 l. n 689/1981) può essere revocato ai sensi dell’articolo 66 stessa legge, in caso di inosservanza delle prescrizioni.
Va, poi, considerato, che l’art. 57, co. 3, legge n. 689/1981 ribadisce il testo del previgente secondo comma, che, nel prevedere, anche all’indomani della riforma, con l’introduzione dell’art. 20 bis, cod. pen., che la pena pecuniaria si considera sempre come tale (cioŁ come pena) anche se sostitutiva della pena detentiva, finisce oggi con l’acquisire una valenza generale, prima non riconoscibile, completando il descritto sistema sanzionatorio (anche sul punto, vedi Sez. 3, n. 20573/2024 cit.).
La lettura della norma operata dal risalente orientamento espresso da Sez. U. Bonifazi del 1995, deve dunque essere rivisitata alla luce della piø recente riforma, dovendosi cogliere lo spirito di essa, con un rinvio anche alla relazione illustrativa al d. lgs. n. 150/2022 quanto alle modifiche introdotte in tema di appello: esse, invero, sono intese a «implementarne l’efficienza attraverso una riduzione dell’appellabilità oggettiva delle sentenze edei casi di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale», riconoscendo «notevoli potenzialità deflattive della pena pecuniaria sostitutiva, sia sul piano processuale … sia sul piano penitenziario» (in motivazione, Sez. 3, n. 20573/224, cit.). Tale interpretazione, peraltro, deve ritenersi anche costituzionalmente coerente, atteso che il doppio grado di giurisdizione di merito non Ł, di per sØ, assistito da copertura costituzionale (da ultimo, Corte cost. n. 34/2020 e n. 58/2020; come ribadito anche dalla giurisprudenza di legittimità, vedi Sez. 1, n. 5418 del 06/04/1994, COGNOME, Rv. 197814 – 01); oltrechØ coerente con le fonti sovranazionali (il riferimento Ł alla previsione del diritto a far riesaminare la decisione da una giurisdizione superiore, o di seconda istanza, contenuta nell’art. 14, § 5, del Patto internazionale sui diritti civili e politici, nonchØ nell’art. 2 del Protocollo n. 7 CEDU; cfr. Corte EDU, 20 ottobre 2015, COGNOME COGNOME c. Italia, § 50).
Del resto, diversamente opinando, non può non rilevarsi la irragionevolezza di una previsione dell’appellabilità della sentenza di condanna alla pena sostitutiva dell’ammenda, in astratto irrogabile per contravvenzioni punite con la pena dell’arresto sino a un anno e, al contempo, dell’inappellabilità di quella di condanna alla pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, in astratto irrogabile per delitti e contravvenzioni puniti con la pena della reclusione o dell’arresto non superiori a tre anni e, dunque, per fattispecie di reato ben piø gravi.
Alla luce delle svolte considerazioni, non si rinvengono dunque giustificazioni in un diverso regime impugnatorio per il caso di pena pecuniaria sostitutiva, rispetto all’ipotesi di cui al precedente da ultimo richiamato, essendo venute meno, a seguito dell’impianto della Riforma Cartabia, le
argomentazioni alle quali fa rinvio l’orientamento in questa sede disatteso.
4. Ciò posto, deve concludersi per la correttezza della conclusione della Corte territoriale quanto all’impugnazione proponibile. NØ si ritiene di rinvenire alcuna indicazione, riferibile allo specifico caso all’esame, dalla decisione inerente alla questione rimessa alle Sezioni Unite di questa Corte di cassazione, decisa all’udienza del 30/01/2025 («Se, dopo le modifiche dell’art. 593 cod. proc. pen. ad opera dell’art. 34, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150, la sentenza di proscioglimento pronunciata dal giudice di pace per un reato punito con pena alternativa sia, agli effetti civili, appellabile dalla parte civile che non ha chiesto la citazione a giudizio dell’imputato ovvero solo ricorribile per cassazione») che pure aveva giustificato il rinvio delle precedenti udienze. Infatti, il Supremo organo della nomofilachia, decidendo su detta questione, invero diversa rispetto a quella in questa sede esaminata, ha affermato che la sentenza di proscioglimento Ł appellabile dalla parte civile che non ha chiesto la citazione a giudizio dell’imputato, senza dare alcuna indicazione utile per la soluzione del caso esaminato in questa sede.
5. Quanto all’impugnazione, entrambi i motivi sono manifestamente infondati.
Nella specie, le contestazioni difensive circa la dosimetria della pena e il diniego delle generiche sono aspecifiche, avuto riguardo alla pena edittale prevista per il reato (arresto fino a un anno e ammenda da euro 2.257 a euro 9.032): rispetto ad essa, infatti, non si rileva alcuna arbitrarietà nel mero richiamo agli indici di cui all’art. 133, cod. pen., essendosi sul punto già chiarito che Ł l’irrogazione di una pena base pari o superiore al medio edittale a richiedere una specifica motivazione in ordine ai criteri soggettivi ed oggettivi elencati dall’art. 133 cod. pen., valutati ed apprezzati tenendo conto della funzione rieducativa, retributiva e preventiva della pena (Sez. 5, n. 35100 del 27/06/2019, Torre, Rv. 276932 – 01; Sez. 3, n. 10095 del 10/01/2013, Monterosso, Rv. 255153 – 01), mentre, con riferimento specifico alla individuazione del medio edittale, si Ł già chiarito che esso va calcolato non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288 – 01).
Parimenti, quanto alle generiche, la motivazione censurata Ł congrua, soprattutto ove si consideri la ratio della disposizione di cui all’art. 62 bis, cod. pen., quella cioŁ di adeguare la pena al caso concreto: Ł in ragione di ciò che al giudice di merito non Ł richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, rientrando il riconoscimento delle circostanze generiche nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (Sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737 – 01; Sez. 4, n. 23679 del 23/04/2013, Viale, Rv. 256201 – 01; Sez. 2, n. 9299 del 07/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275640 – 01). Ciò che, nella specie, Ł stato fatto rinviando alla negativa personalità dell’imputato.
Infine, non vi Ł alcuna incongruenza nella valutazione del medesimo elemento (negativa personalità dell’imputato) a fondamento dei distinti giudizi sulla congruità della pena e sulla prognosi sfavorevole in ordine al pericolo di reiterazione di condotte criminose, stante la diversità di essi: il riconoscimento delle generiche risponde alla logica di un’adeguata commisurazione della pena, l a d d ove la concessione della sospensione condizionale della pena si basa su un giudizio prognostico strutturalmente diverso (Sez. 4, n. 27107 del 15/09/2020, Tedesco, Rv. 280047 – 02; n. 39475 del 16/02/2016, COGNOME, Rv. 267773 – 01). Sul punto, va ribadito che il giudice può tenere conto di uno stesso elemento che abbia attitudine a influire su diversi aspetti della valutazione, ben potendo un dato polivalente essere utilizzato piø volte sotto differenti profili per
distinti fini senza che ciò comporti lesione del principio del ne bis in idem (Sez. 2, n. 24995 del 14/05/2015, Rechichi, Rv. 264378 – 01; Sez. 3, n. 17054 del 13/12/2018, dep. 2019, M. Rv. 275904 – 03, in cui la Corte ha ritenuto immune da vizi la motivazione della Corte d’appello che ha fatto riferimento ai medesimi elementi indicativi della gravità del fatto per determinare la pena in misura superiore al minimo e per negare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche).
Alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi cause di esonero rispetto alla inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/05/2025.
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME