Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 28205 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 28205 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 14/05/1983
avverso la sentenza del 25/02/2025 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette/septe le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza emessa dal Tribunale dello stesso capoluogo, con cui il predetto era stato ritenuto responsabile del delitto di. cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, commesso il 28/5/2024, e condannato alla pena ritenuta di giustizia.
L’imputato impugna il provvedimento innanzi alla Corte di Cassazione, articolando le seguenti doglianze, prospettate in un motivo unico di ricorso.
I) Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 581 e 591 cod. proc. pen.
La pronuncia resa dalla Corte di merito sarebbe erronea ed affetta da nullità insanabile.
L’atto di appello proposto dal ricorrente si fondava su due motivi di impugnazione. Con il primo la difesa aveva invocato una pronuncia assolutoria dell’imputato per insussistenza del fatto, lamentando una carenza motivazionale in ordine all’accertamento della penale responsabilità dell’imputato, evidenziando come negli atti presenti nel fascicolo del Pubblico ministero non fossero emersi elementi idonei a supportare l’ipotesi della destinazione dello stupefacente alla cessione a terzi. Con il secondo motivo era stata richiesta, previa esclusione della recidiva contestata, l’applicazione delle attenuanti generiche nella massima estensione ed il contenimento della pena nel minimo edittale.
La Corte di merito si è limitata ad osservare come l’appello fosse privo dei requisiti minimi richiesti dal combinato disposto degli artt. 581, comma 1, lett. d) e comma 1-bis cod. proc. pen.; 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
I giudici hanno ritenuto aspecifiche le doglianze difensive, rilevando l’assenza di censure suscettibili di esprimere un confronto critico con le argomentazioni poste a fondamento della sentenza del Tribunale.
L’assunto sarebbe erroneo: l’atto di appello indicava in modo sufficientemente specifico le ragioni idonee a confutare le valutazioni espresse dal primo giudice, indicando i punti della decisione oggetto di critica argomentata.
I profili della responsabilità, della ricorrenza della recidiva e della mancata concessione delle attenuanti generiche erano sostenuti da ragioni correlate ai contenuti della decisione impugnata.
Quanto al primo profilo di doglianza, la difesa evidenziava come in sede di convalida, l’imputato, il quale aveva ammesso la detenzione della sostanza, avesse precisato di essere “assuntore di sostanza stupefacente e di precostituirsi
scorte di cocaina e hashish”. Si censuravano le argomentazioni che avevano indotto il Tribunale a ritenere la predetta detenzione “illecita”, in quanto da considerarsi prive di ragionevole forza persuasiva e manifestamente illogiche.
Al riguardo si citava l’orientamento espresso in sede di legittimità, in base al quale, in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione alla cessione o al consumo personale dello stupefacente dovesse essere effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto.
Quanto, invece, alla invocata esclusione della recidiva, si deduceva come la giurisprudenza di legittimità, dal 2010 in poi, fosse ferma nello stabilire che non” possa essere applicata per il solo fatto che l’imputato abbia riportato precedenti condanne, come è invece avvenuto nella sentenza del Tribunale, che si è limitata a menzionare i precedenti risultanti dal Casellario Certificato giudiziale a carico dell’imputato.
Rispetto alla mancata concessione delle attenuanti generiche e all’irrogazione di una pena superiore al minimo edittale, si censurava il ragionamento seguito dal Tribunale, che si era limitato ad affermare che “non erano emersi elementi positivi cui ancorare il riconoscimento del beneficio e neppure soccorrendo l’incensuratezza”.
Contrariamente a quanto dedotto nella pronuncia d’inammissibilità, l’appellante chiedeva di valorizzare il buon comportamento processuale tenuto dall’imputato, il quale aveva ammesso la riferibilità a sé della detenzione della sostanza stupefacente, e le modalità della condotta.
Non vi è dubbio, alla luce di quanto appena illustrato, che l’atto di gravame si sia confrontato con la sentenza appellata, sviluppando, in maniera sufficiente, rilievi di pertinenza critica rispetto al decisum di primo grado, presentando essi i connotati della specificità intrinseca ed estrinseca.
Il P.G. presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso, fondato, deve essere accolto.
Come affermato da questa Corte, nella sua più autorevole composizione, l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultino esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento de decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico
dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016 – dep. 22/02/2017, COGNOME, Rv. 268822). I principi di diritto elaborati dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento al requisito della specificità dei motivi di appello, risultano oggi recepiti nel comma 1-bis, dell’art. 581 cod. proc. pen. – inserito nella norma dall’art.33, comma 1, lett.d), del d.lgs. 31 ottobre 2022, n.150 – ai sensi del quale: «l’appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione».
La recente previsione positivizza la nozione di “genericità estrinseca” contenuta nella citata sentenza COGNOME, dove si delinea una precisa distinzione tra la “genericità intrinseca”, attinente a motivi di gravame fondati su considerazioni assolutamente indeterminate ed astratte, non pertinenti al caso concreto, e la “genericità estrinseca”, riguardante la mancanza di correlazione tra le doglianze formulate e le ragioni di fatto o di diritto poste a base della sentenza impugnata.
I criteri ermeneutici a cui attenersi nella valutazione dell’ammissibilità dell’appello, sotto il profilo della specificità dei motivi, impongono di verificare che questi si esplichino attraverso una critica argomentata rivolta ai punti della decisione che si intendono sottoporre al controllo del giudice di appello, così da consentire al giudice dell’impugnazione di individuare l’area della cognizione a lui devoluta e di esercitare i propri poteri di sindacato.
Deve tuttavia precisarsi che, essendo quello di appello un giudizio di merito, non è inibita alla difesa la possibilità di sottoporre al vaglio del giudice di appello gli stessi argomenti, in punto di ricostruzione dei fatti e di valutazione della prova, già rappresentati in primo grado, non rilevando che su di essi il primo decidente si sia già pronunciato, sempre che le censure mosse al riguardo contengano una confutazione delle ragioni espresse dal primo giudice.
Giova anche sottolineare che il rispetto del requisito della specificità dei motivi “non implica che le censure svolte debbano diffondersi in analitiche e particolareggiate disquisizioni sulle ragioni dell’invocata riforma, non potendo l’essenzialità del motivo ricadere sul requisito della sua specificità che postula invece l’identificabilità, con accettabile precisione, dei punti cui si riferiscono le doglianze e le ragioni essenziali per le quali viene contestato il ragionamento seguito dal primo giudice” (così in motivazione Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841)
Non da ultimo, occorre evidenziare come il sindacato sull’ammissibilità dell’appello, condotto ai sensi degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen., non possa riguardare – a differenza di quanto avviene per il ricorso per cassazione, stante il disposto della norma dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. – la valutazione della manifesta infondatezza dei motivi di appello. Detto profilo, infatti, non è menzionato da tali disposizioni quale causa d’inammissibilità dell’impugnazione, per cui il giudice di secondo grado non può dichiarare l’inammissibilità dell’appello, ex art. 591 cod. proc. pen., in presenza di motivi caratterizzati da specificità intrinseca ed estrinseca, ancorché questi ultimi appaiano palesemente infondati.
Sono quindi censurabili, in sede di legittimità, quelle pronunce che dichiarino inammissibile l’appello, sostenendo l’assenza del requisito della specificità in motivi che, in realtà, risultano infondati, perché inidonei a confutare l’apparato motivazionale su cui riposa la sentenza di condanna .
2. Ebbene, alla luce di quanto argomentato dalla Corte di merito e, tenuto conto delle censure sviluppate nell’atto di appello, non può ritenersi che i motivi siano affetti dal vizio di genericità. Invero, più che espressione di una valutazione di inammissibilità per mancanza di specificità, quanto argomentato dai Giudici territoriali è riconducibile ad un giudizio di manifesta infondatezza dei motivi. Dalle argomentazioni sviluppate in sentenza traspare, infatti, una valutazione di intrinseca inidoneità delle ragioni dedotte dalla difesa a fondare la conclusione che si intende perseguire con l’impugnazione in relazione al contenuto del provvedimento appellato.
Ciò risulta particolarmente evidente con riferimento al profilo della mancata concessione delle attenuanti generiche. Relativamente a tale aspetto, il primo giudice aveva negato il riconoscimento del beneficio, evidenziando l’assenza di positivi elementi di valutazione, non potendo soccorrere a tal fine neppure la
incensuratezza dell’imputato. La difesa aveva sollecitato nell’atto di appello una rivisitazione di detto giudizio, alla luce di argomenti pertinenti (buon
comportamento processuale del suo assistito e modalità della condotta).
La Corte di merito sostiene che tali argomenti siano non solo
“intrinsecamente” aspecifici, ma anche privi di confronto con le ragioni poste a base del provvedimento impugnato, soffermandosi a spiegare come, in sede di
udienza di convalida dell’arresto, l’imputato, il quale risultava inottemperante all’obbligo di presentazione alla P.G., avesse asserito che la sostanza rinvenuta
nella sua disponibilità fosse destinata al suo uso personale.
Ebbene, l’esame del motivo di appello riguardante l’invocata concessione delle attenuanti generiche, oltre a non potersi definire “intrinsecamente
generico” nell’accezione indicata sopra, richiama l’attenzione della Corte territoriale su aspetti non considerati dal Tribunale (buon comportamento
processuale e modalità della condotta).
Gli stessi giudici di appello offrono risposta al rilievo difensivo, entrando nel merito della sua fondatezza e trascurando di considerare che non è consentito
nel sindacato di ammissibilità l’apprezzamento sul fondamento dell’impug nazione.
Da quanto precede deriva l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, con trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Milano per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Milano per l’ulteriore corso.
Così deciso il 2 luglio 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente