Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11412 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11412 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato in Tunisia DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/9/2023 della Corte di appello di Bologna; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 15/9/2023, la Corte di appello di Bologna dichiarava inammissibile il gravame proposto da NOME avverso la sentenza emessa dal locale Tribunale il 28/3/2023, che aveva condannato lo stesso alla pena di un anno, un mese, 10 giorni di reclusione e 1333,00 euro di multa in ordine al delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Propone ricorso per cassazione lo NOME, deducendo – con unico motivo l’erronea applicazione della legge penale. La sentenza avrebbe dichiarato inammissibile l’atto di appello per difetto di specificità, con riguardo alla sanzione
inflitta, senza considerare che, per contro, il gravame avrebbe contestato sia i criteri adottati per individuarne la misura, sia l’applicazione di una pena base in termini superiori al minimo edittale in ragione di precedenti penali che, contestualmente, sarebbero stati però valorizzati per riconoscere la contestata recidiva. Il motivo di appello, pertanto, non sarebbe stato privo di specificità, avendo sottoposto alla Corte la questione della doppia valutazione del medesimo elemento a fini diversi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta manifestamente infondato.
L’art. 581, comma 1-bis, cod. proc. pen., introdotto dal d. Igs. 10 ottobre 2022, n. 150, stabilisce che l’appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espress provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione.
4.1. Ebbene, la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile il gravame proprio in ragione di questa norma, evidenziando che la doglianza sul trattamento sanzionatorio – l’unica menzionata nel ricorso – non si confrontava con le considerazioni contenute nella sentenza.
Questo argomento risulta corretto e non meritevole di censura.
L’atto di appello in esame, infatti, dopo aver sostenuto che la sentenza di primo grado non poteva essere contestata quanto al riconoscimento della recidiva e alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, aveva affermato che “non sussiste però alcuna condivisibile ragione per commisurare la pena base in termini superiori al minimo edittale”: ciò in ragione della “modestissima offensività” del fatto e delle “condizioni di indigenza, povertà e sradicamento”. Ancora, il gravame aveva lamentato che la sentenza non conteneva “alcuna convincente motivazione” con riguardo alla doppia valutazione dei precedenti penali, ritenuta nella stessa impugnazione “corretta” quanto alla recidiva, ma non suscettibile di “anche valere in senso negativo a determinare la consistenza della pena base”.
Tanto premesso, e come ben affermato dalla Corte di appello, questo motivo di gravame non si confrontava affatto con gli argomenti spesi dal Tribunale, che aveva ampiamente sviluppato le ragioni del complessivo trattamento sanzionatorio, compresa la misura della pena base. In particolare, era stato sottolineato che l’imputato, al momento dell’arresto (in possesso di eroina per 32,6 dosi medie singole), era sottoposto alla misura cautelare del divieto di dimora, e
presentava ben 7 precedenti specifici nel casellario giudiziale, relativi a fatti commessi tra il 2011 ed il 2020; proprio in forza di ciò, dunque, il Tribunale aveva rilevato il “visibile aumento di pericolosità” del soggetto, che si era mostrato insensibile alle pregresse vicende giudiziarie, che aveva spacciato nonostante la misura cautelare in corso e che aveva commesso questo reato in pieno giorno. Un soggetto che, pertanto, risultava dedito a delitti in materia di stupefacenti da ben 12 anni.
Nessuna di queste considerazioni – si ribadisce – aveva però costituito oggetto di gravame, il cui contenuto si era arrestato ad una censura teorica in ordine alla possibile doppia valutazione di un medesimo elemento di fatto (i precedenti penali), senza alcun esame, dunque, degli specifici argomenti utilizzati dal Tribunale, tali da individuare – come appena richiamato – un imputato particolarmente pericoloso e meritevole di una pena base (un anno di reclusione) superiore al minimo edittale (sei mesi di reclusione), per quanto comunque ben inferiore alla media sanzionatoria.
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 29 febbraio 2024
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liere estensore