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Appello penale: quando basta il richiamo al domicilio

La Corte di Cassazione annulla una sentenza di condanna per appropriazione indebita, dichiarando il reato estinto per prescrizione. Il caso chiarisce un importante punto procedurale: un appello penale è ammissibile se l’atto d’impugnazione contiene un riferimento specifico al domicilio già eletto nel primo grado di giudizio, senza necessità di allegare fisicamente l’atto di elezione. La Corte d’Appello aveva erroneamente dichiarato l’impugnazione inammissibile, decisione ora annullata.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Appello Penale: È Sufficiente il Richiamo al Domicilio Eletto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 2492/2025) offre un chiarimento fondamentale sulle nuove regole di ammissibilità dell’appello penale, introdotte dalla Riforma Cartabia. La pronuncia stabilisce che, per soddisfare il requisito della dichiarazione o elezione di domicilio, è sufficiente il richiamo espresso nell’atto di impugnazione al domicilio già eletto nel corso del primo grado, senza la necessità di allegare nuovamente l’atto. Questo principio, che tutela il diritto di difesa, ha portato all’annullamento di una declaratoria di inammissibilità e, di conseguenza, all’estinzione del reato per prescrizione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da una condanna emessa dal Tribunale di Sassari per il reato di appropriazione indebita (art. 646 c.p.). L’imputata, tramite il proprio difensore, aveva proposto appello avverso tale decisione. Tuttavia, la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, aveva dichiarato l’impugnazione inammissibile.

Il motivo della declaratoria di inammissibilità risiedeva nella presunta violazione dell’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale. Tale norma, di recente introduzione, impone che l’atto di impugnazione contenga, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato ai fini delle notificazioni. La Corte territoriale aveva interpretato la norma in senso rigoroso, ritenendo non soddisfatto il requisito.

La questione sull’ammissibilità dell’appello penale

La difesa ha presentato ricorso per cassazione, lamentando l’erronea applicazione dell’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. Nel ricorso si evidenziava come l’imputata avesse già eletto domicilio presso lo studio del proprio legale durante il giudizio di primo grado. Tale elezione di domicilio era stata, inoltre, espressamente e chiaramente indicata nell’atto di appello, tant’è che la notifica del decreto di citazione per il giudizio di secondo grado era stata regolarmente effettuata proprio presso quel domicilio.

Secondo la ricorrente, la pretesa di un nuovo deposito o di un’allegazione materiale dell’originario atto di elezione di domicilio costituiva un’interpretazione formalistica e irragionevole, tale da comprimere ingiustificatamente il diritto di difesa garantito dalla Costituzione. La norma, se interpretata in tal modo, creerebbe un onere sproporzionato per la difesa, senza alcuna reale esigenza processuale.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendo pienamente le argomentazioni della difesa. I Giudici Supremi hanno dato seguito a un recente e autorevole principio di diritto stabilito dalle Sezioni Unite, secondo cui l’onere previsto dall’art. 581, comma 1-ter, c.p.p. deve essere interpretato in modo ragionevole e non formalistico.

La Corte ha chiarito che è sufficiente che l’atto di impugnazione contenga “il richiamo espresso e specifico ad una precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, tale da consentire l’immediata e inequivoca individuazione del luogo in cui eseguire la notificazione”.

Nel caso di specie, l’atto di appello indicava in modo inequivocabile il domicilio eletto presso lo studio del difensore. Questo semplice richiamo è stato ritenuto idoneo a soddisfare la finalità della norma, che è quella di garantire la certezza delle notificazioni nel giudizio di impugnazione. Pertanto, la declaratoria di inammissibilità da parte della Corte di Appello è stata giudicata erronea.

Le conclusioni

Una volta accertata la fondatezza del ricorso e, di conseguenza, l’ammissibilità dell’appello, la Corte di Cassazione ha proceduto a esaminare un’ulteriore questione, sollevata dal Procuratore Generale: la prescrizione del reato. Tenuto conto della data di commissione del fatto (febbraio 2017) e di un breve periodo di sospensione, il termine massimo di prescrizione era maturato nell’ottobre 2024, ovvero prima della data dell’udienza in Cassazione.

Di conseguenza, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, dichiarando il reato estinto per intervenuta prescrizione. La decisione rappresenta un importante baluardo contro interpretazioni eccessivamente formalistiche delle norme processuali, ribadendo che i requisiti di ammissibilità devono essere letti alla luce dei principi costituzionali del giusto processo e del diritto di difesa.

È necessario allegare fisicamente l’atto di elezione di domicilio all’appello penale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, è sufficiente che l’atto di impugnazione contenga un richiamo espresso e specifico alla precedente dichiarazione o elezione di domicilio e alla sua collocazione nel fascicolo processuale, in modo da permetterne un’immediata e inequivoca individuazione.

Cosa succede se un appello viene erroneamente dichiarato inammissibile e nel frattempo matura la prescrizione del reato?
Se la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e riconosce l’ammissibilità dell’appello, deve prendere atto della maturata prescrizione. In tal caso, annulla la sentenza impugnata senza rinvio, dichiarando il reato estinto.

Qual era il motivo per cui la Corte d’Appello aveva dichiarato l’appello inammissibile?
La Corte d’Appello aveva ritenuto l’appello inammissibile per una presunta violazione dell’art. 581, comma 1-ter, del codice di procedura penale, non considerando sufficiente il semplice richiamo, contenuto nell’atto di appello, all’elezione di domicilio già effettuata nel corso del primo grado di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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