Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25623 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25623 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato in Tunisia il 16/10/1994
avverso l’ordinanza in data 04/02/2025 della Corte di appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME preso atto che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di rituale richiesta di trattazione orale secondo quanto disposto dagli artt. 610 commi 1 e 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen.; lette le conclusioni scritte depositate in data 03/04/2025 dal Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata con trasmissione degli atti alla Corte di Appello di Bologna per l’ulteriore corso ;
preso atto che il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME non ha depositato conclusioni scritte.
RITENUTO IN FATTO
Con l ‘ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Bologna dichiarava inammissibile, per difetto di specificità dei motivi proposti, l’appello depositato in
data 20/12/2024 nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza emessa in data 26/09/2024 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Rimini che lo aveva condannato , all’esito di rito abbreviato, alla pena di anni due mesi tre di reclusione ed euro 600,00 di multa per i reati di rapina e lesioni aggravate dal nesso teleologico.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, tramite il difensore di fiducia, articolando un unico motivo di ricorso con il quale si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 581, lett. c), 591 e 592 del codice di rito.
Rileva il ricorrente che l’atto di appello – dichiarato inammissibile per asserito difetto di specificità dei motivi -non conteneva doglianze generiche ma, al contrario, deduzioni esplicitamente enunciate ed argomentate rispetto alle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della sentenza di primo grado.
In particolare, con il primo motivo di gravame era stata invocata, anche con richiamo a pronunce di legittimità, la riqualificazione giuridica del fatto contestato al capo A) di imputazione nel delitto di furto con strappo, contestando precisamente la ricostruzione della vicenda operata dal primo giudice ed evidenziando che la condotta violenta era stata esercitata sulla cosa sottratta e non sulla persona.
Con il secondo motivo, era stato censurato il giudizio di responsabilità per l’ulteriore delitto di lesioni personali in punto di elemento soggettivo e la ritenuta sussistenza dell’aggravante del nesso teleologico argomentando sul fatto che la caduta a terra della vittima era stata una ripercussione indiretta e non voluta della condotta di strappo della res .
La stessa Corte di appello, con l’ordinanza impugnata, si è addentrata nella valutazione di ciascuno dei motivi di appello proposti, in tal modo rendendo palese la non genericità delle deduzioni proposte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo di ricorso proposto è inammissibile per manifesta infondatezza.
Questa Corte di legittimità, a Sezioni Unite, ha da tempo affermato il principio secondo cui l’appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere, a carico
dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato (Sez. Un., n. 8825 del 27/10/2016 dep. il 2017, COGNOME, Rv. 268822). In altri termini, la specificità che deve caratterizzare i motivi di appello, seppur valutata alla luce del principio del ” favor impugnationis “, impone di contrapporre alle ragioni poste a fondamento della decisione impugnata argomentazioni che attengano agli specifici passaggi della motivazione della sentenza, ovvero concreti elementi fattuali pertinenti a quelli considerati dal primo giudice, e non può quindi limitarsi a confutare semplicemente il ‘ decisum ‘ del primo giudice con considerazioni generiche ed astratte.
Tale principio è stato recepito dall’art. 581 cod. proc. pen., come novellato dall’art. 1, co. 55, della legge 23 giugno 2017 n. 103 , il quale prevede che l’atto di gravame deve, a pena di inammissibilità, indicare, con enunciazione specifica, i capi ed i punti della decisione che intende impugnare (oltre che i suoi estremi identificativi), le richieste avanzate al giudice dell’appello, ed i motivi in fatto e diritto che sostengono tali richieste.
L’art. 33, comma 1, lett. d) del D.L.vo 10 ottobre 2022 n. 150 che ha introdotto l’art. 581 comma 1 bis cod. proc. pen. ha ulteriormente delineato il concetto di ‘specificità’ che deve connotare l’atto di appello prevedendone l’inammissibilità quando, per ogni richiesta, non s iano enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione.
Tanto premesso, nel caso di specie, l’atto di appello proposto dal difensore dell’odierno ricorrente non presentava i crismi della ammissibilità nei termini normativamente richiesti, difettando i tratti della specificità sia intrinseca (intesa come non genericità delle doglianze) che estrinseca (da intendersi nel senso di una confutazione degli argomenti spesi nella sentenza impugnata).
La puntuale motivazione della sentenza di primo grado aveva precisamente ricostruito, in aderenza alle risultanze processuali, la condotta materiale serbata dall’imputato, qualificandola in termini di rapina propria poiché la violenza era stata deliberatamente esercitata non solo sulla cosa sottratta, ma anche sulla vittima che era stata spintonata e, per effetto di ciò, era caduta a terra con conseguenti lesioni personali certificate in contusioni multiple e cervicalgia.
Con il primo di gravame, relativo alla qualificazione giuridica del fatto di cui al capo A), la difesa appellante si limitava a richiamare astratti principi in punto di elemento differenziale tra la fattispecie di furto con strappo e di rapina propria sostenendo che, nel caso di specie, la condotta violenta aveva attinto
esclusivamente solo la res oggetto di impossessamento, senza tuttavia muovere alcuna censura alla ricostruzione fattuale operata dal giudice di primo grado che, sulla scorta delle dichiarazioni rese dalla persona offesa (confermate dalle immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza e dal referto medico in atti), aveva evidenziato come quest’ultima, nel tentativo di resistere allo strappo della collana che indossava, era stata direttamente attinta da un’azione violenta (una gomitata sulla spalla destra ed una spinta) che l ‘aveva fatta cadere a terra.
Analogo difetto di specificità è da ravvisarsi nel secondo motivo di gravame laddove l’appellante – ancora una volta senza in alcun modo confutare la materialità della complessiva condotta dell’imputato , come ricostruita nella sentenza appellata -censurava il giudizio di responsabilità in ordine al reato di lesioni personali volontarie aggravate dal nesso teleologico sostenendo apoditticamente che la caduta a terra della vittima era stata semplicemente la ripercussione indiretta e non voluta della condotta di strappo della collana, sorretta dal solo fine predatorio.
Parimenti aspecifico, infine, era anche il terzo motivo di appello relativo alla dosimetria della pena che non prospettava ragioni idonee a confutare e sovvertire la valutazione del primo Giudice, correttamente condotta sulla scorta degli indici previsti dall’art. 133 cod. pen. e non contrapponeva, quindi, alcun preciso argomento ai passaggi del costrutto motivazionale della decisione appellata che aveva determinato la sanzione base e l’aumento operato a titolo di continuazione irrogata valutando l’entità del fatto e la proclività a delinquere, desumibile da precedenti di polizia, soppesati, tuttavia, con la parziale condotta risarcitoria.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il giorno 21/05/2025