Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27149 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27149 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME (CODICE_FISCALE nato a Torino il 16/10/1981
avverso la sentenza del 14/02/2025 della Corte di appello di Torino
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 14 febbraio 2025 la Corte d’appello di Torino dichiarava inammissibile l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza del 6 ottobre 2023 con la quale il Tribunale di Torino aveva condannato l’imputato alla pena di un anno di reclusione e 182 euro di multa per i reati di tentata rapina impropria e lesione personale.
Riteneva la Corte territoriale che l’impugnazione fosse inammissibile, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., per inosservanza dell’art. 581, comma 1-bis, dello stesso codice, avuto riguardo al profilo della specificità estrinseca, in quanto i due motivi di appello non si erano confrontati con le ampie ed esaustive argomentazioni della sentenza di primo grado.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore di fiducia, lamentando la carenza e illogicità della motivazione con riferimento alla ritenuta inammissibilità dell’appello proposto.
La Corte territoriale non ha considerato che nell’atto di gravame la difesa aveva censurato la valutazione del primo Giudice sulla finalità della condotta violenta dell’imputato citando anche la querela, nella quale si dava atto che l’imputato era stato fermato “non ai fini della contestazione del furto di prodotti, ma, esclusivamente, per identificarlo per il danneggiamento”. Tale considerazione, se accolta, avrebbe escluso la responsabilità dell’imputato per il reato di rapina impropria.
Si è proceduto alla trattazione scritta del procedimento in cassazione, in mancanza di alcuna tempestiva richiesta di discussione proposta ex art. 611 cod. proc. pen.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, indicate in epigrafe.
Il ricorso è inammissibile perché proposto con un motivo manifestamente infondato.
L’ordinanza impugnata ha richiamato il principio affermato dalla Sezioni Unite nella sentenza COGNOME (n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Rv. 268822 01), secondo il quale l’appello, al pari del ricorso per cassazione, «è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fat o di diritto poste a fondamento della sentenza impugnata», principio poi recepito
dal legislatore che, con il decreto legislativo 10 ottobre 2002, n. 150, ha introdotto il comma 1-bis all’interno dell’articolo 581 del codice di rit prevedendo la inammissibilità dell’appello «per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espres provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione».
Nel contempo la sentenza COGNOME ha rimarcato che «il sindacato sull’ammissibilità dell’appello, condotto ai sensi degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen., non può ricomprendere – a differenza di quanto avviene per il ricorso per cassazione (art. 606, comma 3, cod. proc. pen.) o per l’appello civile – la valutazione della manifesta infondatezza dei motivi di appello. La manifesta infondatezza non è infatti espressamente menzionata da tali disposizioni quale causa di inammissibilità dell’impugnazione. Dunque, il giudice d’appello non potrà fare ricorso alla speciale procedura prevista dall’art. 591, comma 2, cod. proc. pen., in presenza dì motivi che siano manifestamente infondati e però caratterizzati da specificità intrinseca ed estrinseca» (in senso conforme vds., ad es., Sez. 4, n. 36533 del 15/09/2021, Oddo, Rv. 281978 – 01, nonché Sez. 5, n. 11942 del 25/02/2020, COGNOME, Rv. 278859 – 01).
Nel caso di specie la sentenza impugnata risulta conforme ai suddetti principi, avendo puntualmente evidenziato le ragioni per le quali l’atto di appello difettava di specificità estrinseca, con motivazione né carente né illogica.
Il ricorso ha richiamato unicamente il breve passo dell’appello nel quale si faceva riferimento alla querela per sostenere la configurabilità del solo reato di danneggiamento, seguito al più dal reato di cui all’art. 337 cod. pen., obliterando però che nello stesso gravame questa tesi alternativa era stata avanzata sulla base di due presupposti (la desistenza dell’imputato e, in ogni caso, l’assenza del requisito della immediatezza cronologica fra tentato furto e violenza) la cui sussistenza la sentenza di primo grado aveva radicalmente escluso con ampia motivazione (pag. 5), riportata nella sentenza impugnata.
Il primo Giudice aveva osservato che COGNOME aveva sottratto uno zaino da uno scaffale del supermercato, strappando confezione ed etichetta, e vi aveva riposto beni alimentari e capi d’abbigliamento prelevati da altre mensole prima di essere fermato dagli addetti antitaccheggio, uno dei quali gli disse che avrebbe chiamato la polizia giudiziaria. Fu a quel punto che l’imputato, immediatamente dopo, li spintonò e cercò di fuggire per procurarsi l’impunità, non desistendo volontariamente dall’azione. Con queste argomentazioni – come evidenziato
dalla Corte d’appello – l’appello non si è confrontato, non potendosi ritenere specifico il motivo solo perché, obliterate la ricostruzione del fatto e le
considerazioni in diritto del Tribunale, in esso vi era un riferimento a una frase della querela, ritenuto evidentemente irrilevante dal primo Giudice.
7. All’inammissibilità dell’impugnazione proposta segue, ai sensi dell’art. 616
cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 06/06/2025.