Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23211 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23211 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA avverso la sentenza emessa in data 25.09.2023 dalla Corte di appello di Roma,
Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del AVV_NOTAIO; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; lette le memorie dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza sopra indicata, la Corte di appello di Roma confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Roma in data 25.10.2017, con cui COGNOME NOME veniva ritenuto responsabile dei reati di resistenza a pubblico ufficiale ex art. 337 cod. pen. e di lesioni personali ex art. 582-585
cod.pen. e condannato alla pena di mesi otto di reclusione, oltre spese processuali.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il COGNOME, con atto sottoscritto dal suo difensore, affidato a tre distinti motivi.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in relazione all’art. 23 bis del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, per avere la Corte distrettuale definito il giudizio nonostante la cancelleria avesse omesso di inviare le conclusioni scritte del procuratore generale.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione dell’art. 606 comma I lett. c) per avere la Corte di appello omesso di valutare i motivi aggiunti.
2.3. Con il terzo motivo, ha dedotto la violazione di legge in relazione agli artt. 337 e 582 cp e il vizio di motivazione, in tutte le sue declinazioni, per avere la Corte distrettuale sussunto la fattispecie nel paradigma normativo dei reati in contestazione.
Il procedimento è stato trattato nell’odierna udienza in camera di consiglio con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, i cui effetti sono stati prorogati da successive modifiche legislative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Ritiene la Corte che il ricorso non superi il vaglio di ammissibilità.
Il primo motivo di ricorso- con cui il difensore ha dedotto l’error in procedendo in relazione all’art. 23 bis del decreto legge del 28 ottobre 2020, 137- è manifestamente infondato.
L’art. 23-bis, nel testo coordinato con le modifiche della legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176, recante le disposizioni per la decisione dei giudizi penali di appello nel periodo di emergenza epidemiologica da COVID19, prevede che il pubblico ministero formuli le sue conclusioni e che esse siano trasmesse alla cancelleria della Corte di appello per via telematica e/o secondo altre modalità specificamente previste; che la cancelleria, sempre per via telematica, invii l’atto immediatamente ai difensori delle altre parti; che i difensori, entro il quinto giorno antecedente l’udienza, possano presentare le conclusioni con atto scritto, da trasmettere alla cancelleria della Corte di appello per via telematica.
Il precetto normativo impone, dunque, alla cancelleria di comunicare immediatamente e per via telematica ai difensori delle parti private la requisitoria scritta del pubblico ministero.
Tale essendo il quadro normativo di riferimento, è orientamento costante nella giurisprudenza di legittimità che la mancata trasmissione delle conclusioni del procuratore generale distrettuale da parte della cancelleria comporti una indebita compressione del diritto di difesa che si traduce a sua volta nella nullità della sentenza ex art. 185 cod. proc. pen. (ex multis , Sez.5 n. 20885 del 28/04/2021, Rv. 281152; Sez. 2, n. 43889 del 03/11/2021, Abramo, non mass.).
Tale lettura normativa va ribadita con la precisazione che si tratta di una nullità generale “a regime intermedio”, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc.pen., relativa alla assistenza dell’imputato piuttosto che al suo intervento nel processo, dal momento che il diritto di difesa non può compiutamente dispiegarsi in assenza di piena consapevolezza delle argomentazioni di parte avversa (Sez. 6 n 10216 del 3.3.2022 Rv. 283048 – 02).
Come tutte le nullità diverse da quelle assolute deve essere eccepita dalla parte interessata ex art. 182, comma 2, cod. proc.pen. “nella prima occasione utile fornita dal procedimento”, da individuarsi o nel deposito e nell’invio di conclusioni scritte da parte della difesa o, in mancanza, dalla proposizione del ricorso per cassazione.
2.1. Così delineata la regula iuris da applicare al caso, la ricostruzione procedurale prospettata dalla difesa nell’atto di impugnazione non risulta confermata dall’accesso diretto agli atti da parte del Collegio, in tal caso consentito per il tipo di vizio denunziato (ex plurimis, Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, COGNOME, Rv. 255304: «in tema di impugnazioni, allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un ”error in procedendo” ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione, può accedere all’esame diretto degli atti processuali»).
Invero, nel fascicolo trasmesso dalla Corte di appello non sono state rinvenute le conclusioni scritte del procuratore generale distrettuale. Nemmeno vi è traccia di invio mediante pec alla cancelleria del giudice a quo né è stata ritrovata la ricevuta di accettazione del documento informatico.
L’omessa trasmissione delle conclusioni- di cui si duole la difesa- non è, dunque, imputabile al giudice a quo, quanto piuttosto alla mancata formulazione di requisitoria scritta da parte del procuratore generale.
L’eccezione di nullità- nei termini formulati – è smentita per tabulas.
2.2. Per completezza, occorre in ogni caso precisare come la mancanza di contraddittorio cartolare – conseguente all’inerzia della parte pubblica, ometta di formulare e/o trasmettere la requisitoria scritta – rientri pur sem nella categoria delle nullità, non catalogabile tuttavia come “assoluta” ex art. 1 cod. proc. pen. ma in quelle “a regime intermedio”. Si tratta, infatti, d disfunzioni del processo che riguardano non l’iniziativa del pubblico minister nell’esercizio dell’azione penale quanto piuttosto la partecipazione dello stesso procedimento e che non pregiudicano il diritto di difesa delle parti privat Invero, la mancanza di argomenti contrari espressi dalla parte pubblica – ch decide di non formulare conclusioni scritte – non impedisce alla difesa d esporre al giudice le proprie argomentazioni in fatto e in diritto, tanto più neppure esiste un obbligo in capo al pubblico ministero di prendere posizione su tutte le questioni dedotte dalla difesa (ex multis, Sez.6, n 26459 25.05.2021, COGNOME, RV 282175-01: «in tema di disciplina emergenziale per la pandemia da Covid-19, la mancata formulazione da parte del pubblico ministero delle conclusioni nel giudizio di appello, previste dall’art. 23-bis, comma 2, 28 ottobre 2020 n. 137, integra un’ipotesi di nullità generale a regi intermedio, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. b), e non la nullità previst lettera c) del medesimo articolo, poiché non pregiudica il diritto della difesa formulare le proprie conclusioni»).
In una tale evenienza, dunque, la parte privata non è legittimata, pe carenza di interesse, a far valere la nullità di ordine generale a reg intermedio conseguente alla violazione di disposizioni che attengono solo alla partecipazione della parte pubblica, regolarmente awisata (Sez. 6, n. 50176 del 18/07/2017, M., Rv. 271544).
Il secondo motivo – con cui la difesa ha prospettato l’error in procedendo per omessa valutazione dei motivi nuovi presentati in data 27.6.2023 – è parimenti inammissibile per manifesta infondatezza
3.1. Nel premettere che la omessa valutazione dei motivi aggiunti è inquadrabile nel vizio di motivazione ex art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen piuttosto che nell’en -or in procedendo, in ogni caso, correttamente la Corte distrettuale non ha esaminato i motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen.
Al proposito occorre ricordare, come secondo le Sezioni Unite della Corte di cassazione (Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, Bono, Rv. 210259), i motivi nuovi a sostegno della impugnazione devono avere ad oggetto, a pena di inammissibilità, i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’origina atto di impugnazione, a norma dell’art. 581, comma primo, lett. a), cod. proc.
pen. I motivi nuovi ed ulteriori devono, infatti, rappresentare mero sviluppo migliore esposizione, anche per ragioni eventualmente non evidenziate, ma pur sempre ricollegabili ai capi e ai punti già dedotti, di guisa che non è consenti l’ampliamento del petitum, mediante l’introduzione nel processo di censure che non state tempestivamente formalizzate entro i termini per l’impugnazione (ex multis Sez. 2, n 53630 del 17/11/2016).
3.2. Tale essendo i principi di diritto cui fare riferimento, venendo al fattispecie dedotta, non può dubitarsi che le questioni relative all’an de responsabilità, che sono state introdotte solo con i motivi nuovi ex art. 585 co proc. pen., e quelle relative alla dosimetria della pena, introdotte con l’att appello principale, investono “punti” distinti della decisione, second l’insegnamento delle Sez. Un. di questa Corte di cassazione ( S.U., n. 3423 del 29/10/2020 Gialluisi Rv. 280261 – 01: «……i punti della decisione, ai quali fa espresso riferimento l’art. 597, comma 1, cod. proc. pen., coincidono con le parti della sentenza relative alle statuizioni indispensabili per il giudizio su ciascun reato e dunque, in primo luogo, all’accertamento della responsabilità ed alla determinazione della pena, che rappresentano, appunto, due distinti punti della sentenza »).
Pertanto, a tenore dell’art. 597, comma 1, cod. proc. pen., la Corte distrettuale non è evidentemente incorsa in alcuna violazione di legge e vizio d motivazione, essendole precluso lo scrutinio del thema relativo all’an della responsabilità, perchè completamente estraneo al devolutum principale.
Il terzo motivo è inammissibile perché proposto fuori dai casi ex lege consentiti ex art. 591, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
La mancanza di una rituale e tempestiva impugnazione dei punti della sentenza relativi all’an della responsabilità – perché devoluti alla cognizione giudice del gravame per la prima volta solo con i motivi nuovi- ha determinato sulle dedotte questioni la formazione del giudicato parziale interno. Onde, salvo le questioni rilevabili d’ufficio, è inammissibile il ricorso con cui sono s denunciati vizi di legge e di motivazione in relazione a censure non ritualmente introdotte nel giudizio di appello.
Alla inammissibilità del ricorso consegue – ai sensi dell’art. 616 co proc. pen. – la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (vedi Corte Costit., sent. n 186 del 13 giugno 2000), che si stima equo fissare in tremila euro.
5
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 maggio 2024
Il AVV_NOTAIO estensore
IPredidente