Appello Patteggiamento: I Limiti e i Motivi di Inammissibilità secondo la Cassazione
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle vie più comuni per la definizione dei procedimenti penali. Tuttavia, una volta raggiunto l’accordo e ottenuta la sentenza dal giudice, le possibilità di impugnazione sono estremamente limitate. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 29775/2024) ci offre un chiaro esempio pratico dei confini invalicabili dell’appello patteggiamento, ribadendo quando un ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile.
Il Caso in Esame: Dal Patteggiamento al Ricorso
Il caso analizzato riguarda un imputato che aveva definito la sua posizione processuale attraverso un patteggiamento. In particolare, a seguito di un accordo con la Procura, il Tribunale di Napoli gli aveva applicato una pena di 8 mesi di reclusione per il reato di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e un’altra imputazione.
Nonostante l’accordo raggiunto, l’imputato decideva di presentare ricorso per cassazione avverso tale sentenza. Le sue doglianze si concentravano su una presunta violazione di legge e un vizio di motivazione relativo alla determinazione della pena. In sostanza, contestava la congruità della sanzione che lui stesso aveva concordato.
L’Appello Patteggiamento e i Limiti Imposti dalla Legge
La questione centrale ruota attorno ai limiti specifici previsti dall’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che la sentenza di patteggiamento può essere impugnata con ricorso per cassazione solo per motivi molto specifici, tra cui:
* Mancata espressione del consenso da parte dell’imputato.
* Corruzione del giudice o di un’altra parte.
* Erronea qualificazione giuridica del fatto.
* Illegalità della pena applicata.
È fondamentale comprendere che una generica contestazione sulla quantità della pena concordata non rientra in questi casi. Il patteggiamento è, per sua natura, un accordo: l’imputato accetta una determinata pena in cambio di uno sconto e della rapida definizione del processo. Contestare successivamente l’esito di questo accordo è contrario alla logica stessa dell’istituto.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con una decisione presa de plano (cioè senza udienza, data la palese infondatezza del ricorso), ha dichiarato l’impugnazione inammissibile. Le motivazioni della Corte sono state nette e si basano su due pilastri fondamentali.
In primo luogo, il ricorso è stato ritenuto generico. Le censure mosse dall’imputato non specificavano in modo chiaro e puntuale quale violazione di legge fosse stata commessa nella determinazione della pena, limitandosi a una critica generale non consentita in sede di legittimità.
In secondo luogo, e in modo ancora più decisivo, il ricorso è stato proposto per motivi al di fuori dei casi tassativamente previsti dal citato art. 448, comma 2-bis, c.p.p. La Corte ha sottolineato che criticare l’entità della pena patteggiata non rientra tra le ragioni ammesse per impugnare questo tipo di sentenza. L’accordo sulla pena, una volta ratificato dal giudice, diventa vincolante e non può essere rimesso in discussione se non per i gravi vizi elencati dalla norma.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Decisione
L’ordinanza si conclude con una duplice condanna per il ricorrente. Oltre a vedere respinta la sua impugnazione, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria non è solo una conseguenza formale, ma serve a scoraggiare la presentazione di ricorsi palesemente infondati che appesantiscono inutilmente il sistema giudiziario.
La decisione riafferma un principio cruciale: il patteggiamento è un patto processuale serio. Una volta concluso, le vie d’uscita sono strettissime e ben definite. L’appello patteggiamento non è uno strumento per rinegoziare i termini dell’accordo, ma un rimedio eccezionale per correggere errori giuridici gravi e specifici. Chi tenta di forzare questi limiti si espone non solo a un rigetto, ma anche a conseguenze economiche significative.
È sempre possibile fare appello contro una sentenza di patteggiamento?
No, il ricorso per cassazione contro una sentenza di patteggiamento è possibile solo per i motivi specificamente e tassativamente indicati dalla legge, come previsto dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era generico e basato su motivi non consentiti dalla legge per l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. In particolare, il ricorrente contestava l’entità della pena, un aspetto che era stato concordato tra le parti e che non rientra tra i motivi di ricorso ammessi.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, come sanzione per aver presentato un ricorso infondato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29775 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29775 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/08/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
N. NUMERO_DOCUMENTO NOME
OSSERVA
Ritenuto che l’imputato ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata che, a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., in relazione al reato di cui all’art. 337 cod. altro, gli ha applicato su richiesta la pena di mesi 8 di reclusione;
che il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in materia di pena;
che il ricorso, «de plano» ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., va dichiarato inammissibile perché generico e proposto al di fuori dei casi previsti dall’art comma 2-bis, cod. proc. pen.;
che segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma equitativamente determinata in euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 28/06/2024.