Appello Patteggiamento: i Limiti Imposti dalla Cassazione
L’istituto del patteggiamento rappresenta una scelta strategica fondamentale nel processo penale, ma quali sono le conseguenze in termini di impugnazione? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i rigidi confini dell’appello patteggiamento, dichiarando inammissibile un ricorso che non rientrava nei casi specificamente previsti dalla legge. Analizziamo questa decisione per comprendere meglio i limiti e le implicazioni di tale scelta processuale.
Il Caso: Dal Patteggiamento al Ricorso per Cassazione
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal Tribunale di Napoli Nord per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. L’imputato, dopo aver raggiunto un accordo con la pubblica accusa sulla pena da applicare, ha deciso di impugnare la sentenza dinanzi alla Corte di Cassazione. Il motivo del ricorso si basava sulla tesi difensiva del mancato proscioglimento ai sensi dell’articolo 129 del codice di procedura penale, sostenendo che sussistessero le condizioni per una sua completa assoluzione.
Appello Patteggiamento: La Decisione della Corte Suprema
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si fonda su una precisa norma procedurale che regola l’impugnazione delle sentenze di patteggiamento. I giudici hanno stabilito che il motivo addotto dal ricorrente non era tra quelli che la legge consente di utilizzare per contestare un accordo di pena.
Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria prevista proprio per i casi di ricorso inammissibile.
Le Motivazioni: L’Art. 448, comma 2-bis, c.p.p.
Il fulcro della decisione risiede nell’interpretazione e applicazione dell’articolo 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma elenca tassativamente i motivi per cui è possibile ricorrere in Cassazione contro una sentenza di patteggiamento. Essi includono, ad esempio, vizi relativi all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto o all’illegalità della pena.
La Corte ha rilevato che la richiesta di proscioglimento nel merito, basata sull’articolo 129 c.p.p., non rientra in questo elenco chiuso. La legge, infatti, presume che, accettando il patteggiamento, l’imputato rinunci a contestare l’accusa nel merito per ottenere il beneficio di una pena ridotta. Consentire un appello patteggiamento per motivi non previsti svuoterebbe di significato l’istituto stesso, trasformandolo in una mera tappa processuale anziché in una sua definizione. Pertanto, il motivo del ricorso è stato giudicato ‘non consentito dalla legge’ e, di conseguenza, inammissibile.
Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la scelta del patteggiamento è una decisione con conseguenze significative e in gran parte irreversibili. L’imputato che opta per questo rito alternativo deve essere pienamente consapevole che le sue possibilità di impugnazione sono drasticamente ridotte rispetto a un processo ordinario. La decisione della Cassazione serve come monito: il patteggiamento chiude la partita sulla valutazione del merito della colpevolezza. I ricorsi presentati al di fuori dei binari strettamente delineati dall’art. 448, comma 2-bis, c.p.p. sono destinati all’inammissibilità, con l’ulteriore aggravio di sanzioni pecuniarie che ne scoraggiano la proposizione.
Per quale motivo il ricorso contro la sentenza di patteggiamento è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato, ovvero la richiesta di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 del codice di procedura penale, non è tra quelli consentiti dalla legge per impugnare una sentenza di patteggiamento, secondo quanto stabilito dall’art. 448, comma 2-bis, del codice di procedura penale.
Qual era il reato per cui l’imputato aveva patteggiato?
Il reato per cui l’imputato aveva concordato la pena tramite patteggiamento era quello di resistenza a pubblico ufficiale.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32991 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32991 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 09/04/2003
avverso la sentenza del 12/02/2025 del TRIBUNALE di NAPOLI NORD
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
R.G. n. 8755/2025
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Visti gli atti, la sentenza impugnata emessa ai sensi dell’art. 444 e ss. cod. proc. pen. reato di resistenza a pubblico ufficiale;
Esaminato il motivo di ricorso, relativo al mancato proscioglimento ai sensi dell’art. 129 proc. pen;
Ritenuto il motivo inammissibile perché, ai sensi dell’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pe non consentito dalla legge;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore dell Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 6 giugno 2025.