Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 15395 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15395 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 02/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CATANIA il 02/11/1990
avverso la sentenza del 18/12/2024 del GIP TRIBUNALE di CATANIA
dato av iso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, il GIP del Tribunale di Catania ha applicato, ex art. cod.proc.pen., a NOME COGNOME la pena di anni due e mesi dieci di reclusione ed euro 12000 di multa, in relazione ai reati di detenzione a fine di cessione di varie sostanze stupefacent resistenza a pubblico ufficiale, commessi in Catania, il 26 luglio 2024.
Avverso tale sentenza, l’imputato NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, deducendo la violazione dell’art 129 cod.proc.pen., i quanto il fatto avrebbe dovuto essere inquadrato nell’ipotesi prevista dall’art. 73, comma d.P.R. n. 309/1990.
Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto avverso sentenza applicativa di pena s richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 448, comma 2 bis, cod. proc. pen.
Infatti, per i ricorsi presentati dal 3 agosto 2017 (cfr. art., comma 51, I. n. 103/2017), e l’imputato possono proporre ricorso per cassazione contro la sentenza impugnata solo per motivi attinenti all’espressione della volontà dell’imputato, al difetto di correlazion richiesta e la sentenza, all’erronea qualificazione giuridica del fatto e all’illegalità dell della misura di sicurezza.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio che l’obbligo della motivazione dell sentenza non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti d nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa la ricorrenza di u ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi cir possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in contrario, una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunz proscioglimento ex art. 129 (Sez. Un. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. Un. 27 dicembre 1995, NOME).
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita rinun avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato.
Nel caso di specie il giudice dà conto delle univoche risultanze investigative, che la pen correttamente determinata e che non vi sono le condizioni per una diversa e più favorevole pronuncia.
Va quindi dichiarata, senza formalità, l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art comma 5 bis, cod.proc.pen.
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n.186/2000), alla condanna di
parte ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 4.000 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 2 aprile 2025.